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Messaggio N° 2094
28/01/2007 - 00:35:42

Il sorriso

Penso ad una curiosa espressione del viso, al sorriso. L’uomo è l’unico essere vivente che lo possiede, l’unico capace di ridere. Certo, c’è anche il sorriso beffardo, sardonico, cinico; ma quanto è bello il sorriso che esprime soddisfazione, gioia (anche se talvolta è velato di malinconia) gratitudine per il trovarsi insieme, significando che in quel momento una parte di me è in te e viceversa. Un sorriso non costa alcunché, richiede la stessa energia di certe smorfie ingessate e seriose tipiche di “poveracci” che, per i titoli esibiti, credono di essere potenti, mentre sono misantropi maniacali. Il sorriso: non quello meccanico dei leader politici, maschera che spesso sa di calcolo e finzione, ma quel sorriso sereno di gratitudine, il sorriso del bambino che ti guarda e poi gioca con te. Il sorriso che trasmette all’altro il messaggio di essere stato notato, di provare simpatia e rispetto, di non temere di doversi nascondere. Com’è bello sorridere ed essere ricambiati!!! Spesso vale più di un’infinita di parole. La maggior parte di noi pensa che per aiutare gli altri non è necessario avere a propria volta bisogno degli altri, e che dunque si deve essere forti. Così crediamo che solo i forti possono aiutare, mentre i deboli possono soltanto essere aiutati. Ma la fragilità, invece, è necessaria, in quanto permette di capire chi si deve o si sta per aiutare. E’ bello poter dire: “Ho paura, ma posso tentare di sedare la paura”. La fragilità è la forza per aiutare: chi sente forte sa solo giudicare e il giudizio non è mai terapeutico.

Scritto da: ilariacz




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Inviato da ilventodell_est il 29/01/07 @ 15:00 via WEB
...e continuo con una poesia di Faber Un sorriso Un sorriso non costa nulla e rende molto. Arricchisce chi lo riceve, senza impoverire chi lo dona. Non dura che un istante ma il suo ricordo è talora eterno. Nessuno è così ricco da poterne fare a meno. Nessuno è così povero da non poterlo dare. Crea felicità in casa; è sostegno negli affari; è segno sensibile dell'amicizia profonda. Un sorriso dà riposo alla stanchezza; nello scoraggiamento rinnova il coraggio; nella tristezza è consolazione; d'ogni pena è naturale rimedio. Ma è bene che non si può comprare, né prestare, né rubare, poichè esso ha valore solo nell'istante in cui si dona. E se poi incontrerete talora chi non vi dona l'atteso sorriso, siate generosi e date il vostro; perchè nessuno ha tanto bisogno di sorriso come chi non sa darlo ad altri. Frederik W. Faber (1814-1863)
(Rispondi)

 
 
Inviato da flozanussi il 29/01/07 @ 17:00 via WEB
Si può essere "Fragili come un maschio"? Si può essere uomini e soffrire, vivere, amare senza per questo negare la propria virilità? Oppure, si può rivendicare il proprio ruolo di guerriero, cacciatore, padre, marito, figlio, in anni dove l'identità di Adamo sembra ridotta in pezzi? Sorridono i maschi dalle copertine dei magazine tutti per loro, con i corpi scolpiti dai muscoli e i volti levigati da un sapiente dosaggio di forza e dolcezza, miscela esplosiva di seduzione a cui poche donne sanno dire no. Ma poi basta aprirli quei magazine, per scoprire ansie e timori che abbracciano in un'unica incertezza sesso, corpo, potere, soldi, salute, la psiche e la moda, l' orgasmo e la dieta, la calvizie e la malinconia. Con un linguaggio intimo, "a tu per tu", formula collaudata di ogni rivista femminile di successo. Un caso per tutti, il fortunatissimo "Men's Health", che arrivato al quinto numero ha stracciato tutti i concorrenti, ed è diventato una sorta di "bandiera" di questo uomo nuovo alla ricerca di se stesso. Ed è sempre al maschio allo specchio, che sono dedicati i saggi di due noti psicoterapeuti che arrivano in libreria in questi giorni. Il primo è Fragile come un maschio di Maria Rita Parsi. Il secondo si intitola Essere uomini di Claudio Risè. Due viaggi, opposti, che indagano il percorso di quei maschi che, scrive la Parsi, "cercano di farsi uomini". E' attraverso ventitrè storie di relazione con madri, mogli, amanti, sorelle, figlie che la Parsi descrive il processo di liberazione di ventitrè uomini che hanno imparato ad amare attraverso l'accettazione della propria fragilità. "Le redini del mondo sono ancora saldamente nella mani di lui. Ma appena fuori dalle stanze del potere - spiega la Parsi - l'identità maschile crolla nel rapporto con l' altro sesso. Con il risultato di avere due tipologie: l'uomo femminilizzato, che le donne nel profondo respingono, oppure l'iper-macho che cerca di dominare, anche con la violenza, il femminile che lo circonda. Immagini opposte di un naufragio". La via di riscatto che la Parsi suggerisce è la rinuncia ad un potere che spesso è fatto di fragilità altrui, per coniugare questi aspetti nella costruzione o ri-costruzione di una virilità consona al nuovo linguaggio dei sessi. Individuando un inedito tipo di categoria simbolica, ossia l'invidia del grembo, quel luogo di origine della vita che dà alle donne un atavico senso di onnipotenza. "Accettare la propria fragilità può diventare finalmente una liberazione, può consentire ai maschi di rinunciare alla sfida, alla perenne misurazione dei corpi...". Un cammino "che passa dalla scoperta del femminile e porta ad individuare, finalmente, un diverso codice di intesa con le donne". Ed è invece curiosamente antitetico, seppure volto allo stesso fine, il percorso che nel suo Essere uomini suggerisce lo psicanalista Claudio Risè. "L'identità del maschio non è in pezzi per colpa delle donne, ma perchè da tre generazioni gli uomini sono cresciuti senza padri. A partire dal dopoguerra il maschio occidentale è stato rapito alla famiglia dall'azienda: ha dovuto lavorare e produrre e il tempo libero dedicato alla cura dei figli si è drasticamente ridotto. Con il risultato che l'educazione è stata completamente affidata alle donne e nei figli è venuta a mancare la trasmissione della cultura al maschile, è caduta l'iniziazione del figlio da parte del padre...". Un "vuoto storico" che si somma poi, naturalmente, al mutamento radicale delle donne. Ma per ritrovare "la virilità in un mondo femminilizzato" Risè sostiene che "gli uomini devono stare tra di loro, vivere la natura, il senso del branco, uscire dalla gabbia di dipendenza dalle donne in cui si sono cacciati". Non per adeguarsi allo stile del macho, ma per riscoprire in sè "l' identità di genere", "la potenza del Fallo", che nei secoli ha fatto dell' uomo un cacciatore, un guerriero, un amante. In virtù di quel maschio selvatico che per Risè da troppo tempo giace addormentato nell'inconscio degli uomini che si guardano allo specchio e non si piacciono più.
(Rispondi)



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