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Messaggio N° 2546
14/04/2008 - 15:36:43

La violenza, a volte, può essere ragione di vita.

Purtroppo l'aggressività è una componente importante del nostro istinto di sopravvivenza, ed è in ognuno di noi. L'aggressività consente di combattere, di reagire a minacce e paure, a difenderci.
Ma non è detto che debba trasformasi per forza in violenza, perchè tramite una cultura ed un'educazione corretta l'aggressività può evolversi in creatività, in forza morale e grinta.
I bambini piccoli provano emozioni intense e senza controllo: educandoli imparano a tenere a freno la propria aggressività, a ritualizzarla ed ad incarnarla in sbocchi costruttivi. Invece, il problema della violenza si pone quando si cresce in ambienti di trascuratezza, quali ad esempio i quartieri malavitosi; oppure quando il bambino abbia genitori criminali, che bevono, si drogano, maltrattano o abusano sessualmente. In effetti, molti giovani imparano nel loro ambiente di vita come organizzare e poi realizzare una rapina, un racket, una violenza di gruppo ed è sempre in quegli ambienti che essi troveranno i loro "compari" e complici. Quando negli anni novanta lavoravo alla Sezione di Arresto per Minori, ho avuto modo di ascoltare molti di loro. Le storie erano similari, tutti provenivano da quartieri difficili, tutti avevano alle spalle storie di degrado ambientale e familiare; tutti poi, apparivano "fieri" di aver fatto una prima rapina e di aver continuato nella "carriera". Alcuni invece raccontavano eccitati di furti compiuti solo per il piacere di fare qualcosa di elettrizzante prendendosi gioco di divieti e regole; addirittura alcuni di loro si vantavano di aver compiuto furti d'auto, ma non per rivenderle, bensì per vivere "frizzanti" avventure, provare l'ebbrezza della corsa veloce per far aumentare il tasso di adrenalina nel sangue. Ma poi, alla fine, questo "gioco" non faceva altro che funzionare come una sorta di droga per dei ragazzi che superavano così, in modo brutale, le loro insicurezze per affermare la loro identità perduta. Ma uno strumento di tal fatta risulta essere, alla fine, solo un meccanismo perverso da cui è difficile uscire. E allora la violenza diventa una ragione di vita, un modo per non sentirsi esclusi dalla società; essere temuti diventa un obiettivo, un merito, un modo per ottenere rispetto.
Ho avuto anche modo di conoscere bimbi nati e cresciuti in carcere. In carcere, i bambini da 0 a 3 anni possono stare con le mamme detenute, ma al compimento del terzo anno di età è obbligatoria la scarcerazione dei minori. Si, avete capito bene, "scarcerazione", perchè la loro è una vera e propria carcerazione: vivono in celle piuttosto grandi, anche se nel carcere possono trascorrere gran parte del loro tempo nella stanza dei giochi o nella zona verde, una sorta di giardino molto curato, fornito di scivoli e giochi vari. Ma nonostante ciò, i bambini sono costretti a trasferimenti da uno Stabilimento all'altro. Ciò li costringe a subire un trauma frequente, che trae origine nel distacco dai volontari che li seguono ed ai quali essi si affezionano. E poi, diciamola tutta, un bambino che vive costretto in una cella proprio nel periodo fondamentale della sua vita, in un carcere dove magari c'è sovraffollamento, paga prezzi altissimi senza aver nessuna colpa se non quella di avere madri deviate. In un Paese che vuol dirsi civile, un bambino non dovrebbe mai varcare la soglia del carcere, ma purtroppo ciò che avviene nella realtà è esattamente quel che vi ho descritto sin qui.
Eugenia, Clo

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Scritto da: carol042004

Inviato da: carol042004 Trackback: 0 - Commenti: 2



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Inviato da lex721 il 24/04/08 @ 17:27 via WEB
ok è brutta l'immagine del bimbo in carcere ma almeno sta con la mamma. è giusto così. ale
(Rispondi)

.. 
 
Inviato da carol042004 il 24/04/08 @ 17:50 via WEB
Si, è bruttissima e sapessi com'è ancora più brutto imporgli di entrare e chudere a doppia mandata la -cella- guardarlo negli occhi e voltarti, perchè DEVI voltarti e far altro...Clo
(Rispondi)



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