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Messaggio N° 1582
29/06/2005 - 10:38:40

L'anidride carbonica

Con il Protocollo di Kyoto i paesi industrializzati si impegnarono a ridurre entro il 2012 le emissioni dei gas serra, di cui l'anidride carbonica è il 60%, del 5,2% rispetto al 1990. Il negoziato venne stipulato a Kyoto, in Giappone, nel dicembre 1997 durante la Conferenza COP3 della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici.


Sebbene la sottoscrizione iniziale dei paesi fu un atto puramente formale, la ferma determinazione di alcune nazioni promotrici ha portato nel settembre 2004, dopo la ratifica della Russia, al superamento del limite minimo del 55% delle emissioni in atmosfera ed alla piena operatività del Protocollo. Restano, in ogni caso, ancora fuori paesi come Australia e Stati Uniti, rei di non aver ratificato l'accordo per paura di danneggiare il proprio sistema industriale. Le due superpotenze nel 1990 emettevano rispettivamente USA 36,1% del totale e Federazione russa 17,4% mentre l'Australia emetteva il 2,1%, dato minore ad esempio di Italia (3,1%); Giappone (8,5%); Germania (7,4%); Polonia (3,0%) e Regno Unito (4,3%).


Se si analizzano i dati riguardo all'effetto serra, si evince che i gas serra hanno comportato un incremento della temperatura media terrestre. I principali gas che si ritengono responsabili di questo incremento sono: il metano, il vapor acqueo, gli ossidi d'azoto, i clorofluorocarburi e l'anidride carbonica (CO2). Quest'ultima viene prodotta in tutti i fenomeni di combustione utilizzati per le attività umane industriali e principalmente per gli autoveicoli e la produzione di energia elettrica. Basti pensare che a inizio secolo la concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera era di circa 290 ppm corrispondenti allo 0,03% della composizione dell'atmosfera, oggi è circa 370~380 ppm (0,04%) e si pensa che nel 2050 possa raggiungere le 550~630 ppm (0,06%) se non si prenderanno dei provvedimenti.


In questi casi, le strade da seguire per agire positivamente possono essere due: la prima consiste nell'eliminare la causa primaria, cioè l'inquinamento dovuto alle attività moderne dell'uomo mentre la seconda consiste nello sfruttamento delle risorse naturali. Di queste ultime si parla relativamene poco e spesso non vengono messe in relazione all'argomento dell'effetto serra. Mi sto riferendo alla deforestazione ed all'azione positiva che invece deriverebbe dalla maggior cura del patrimonio boschivo-forestale e vegetale. Le piante sono classificate come organismi autotrofi e produttori poichè prelevano alcune sostanze inorganiche dal mondo inanimato e con l'aiuto della luce solare e delle reazioni chimiche che vanno sotto il nome di fotosintesi clorofilliana, producono sostanze organiche in grande quantità come il glucosio, uno zucchero semplice la cui formula chimica è C6H12O6. Grazie alla fotosintesi clorofilliana, l'anidride carbonica viene assorbita e distrutta, mentre il suo prodotto di scarto è l'ossigeno, sostanza preziosa per la nostra atmosfera, costituita da circa il 20% di O2.


La fotosintesi può essere rappresentata da questa equazione generale: 6CO2 + 6H2O + energia -> C6H12O6 + 6O2 (anidride carbonica + acqua + energia solare -> glucosio + ossigeno), anche se la sequenza delle reazioni è molto più complessa e qui si esprime solo il bilancio delle sostanze in entrata ed in uscita. La deforestazione e la perdita di suolo coperto da foreste a causa di incendi, che rubano territorio ombroso a vantaggio di quello coltivato, provoca l'immissione nell'atmosfera di grandi quantità di anidride carbonica derivante dalla combustione e brucia una risorsa naturale che altrimenti funzionarebbe come un polmone verde che consuma anidride carbonica e produce ossigeno, utile allo sviluppo della vita di vertebrati e invertebrati terrestri.Una elevata incidenza delle cause naturali degli incendi si può osservare nella parte settentrionale degli Stati Uniti e in Canada, dovuta all'elevato numero di temporali stagionali non seguito da precipitazioni. Anche da noi si possono sporadicamente osservare questi incendi innescati da fulmini, mentre sono meno frequenti quelli scatenati da lapilli e colate laviche. Nei paesi del Meditarraneo gli incendi boschivi sono dovuti principalmente a cause volontarie ed involontarie, mentre qualli dovuti a cause naturali sono circa il 3% per Grecia, Spagna e Francia, mentre scendono allo 0,3% per Portogallo e Italia. Ma i dati più agghiaccianti rimangono quelli relativi alla foresta amazzonica quando a partire dal 1960, in Brasile, Bolivia, Colombia, America Centrale sono stati bruciati o rasi al suolo decine di milioni di ettari di foresta, oltre un quarto dell'intera estensione delle foreste centroamericane, per far posto a pascoli per bovini.


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Articolo pubblicato da: luc_30

Inviato da: Blog_Magazine Commenti: 0



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