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Messaggi di Febbraio 2009

Messaggio N° 2634 28-02-2009 - 17:08

Simenon senza Maigret: Le campane di Bicêtre

Grande Simenon una conferma come al solito, in realtà non avrei altre parole che queste perché il romanzo è talmente bello che ogni parola in più è sprecata.
René Maugras, direttore del maggiore quotidiano parigino, in una serata con i suoi amici - tutte persone "arrivate" - ha un inctus nelle toilettes del ristorante dove si ritrovano ogni primo martedì del mese per cenare insieme. Si riprende in ospedale e siaccorge di non poter muovere tutta la parte destra del corpo. Da persona importante, stimata, conosciuta in "tout Paris", temuta, invidiata, passa ad un nuovo status: quello di malato. Maugras inizia a comprendere che la malattia non ha ceti sociali, non ha cariche importanti da rispettare, non ha file da fare, quando arriva arriva e rende inesorabilmente tutti uguali.
Compreso nel suo male, incapace di qualsiasi azione anche la più elementare, a Maugras non resta che fare i conti con la sua vita, il suo passato e il suo presente soprattutto: la sua mente inizia a studiare i comportamenti delle due infermiere che gli sono state assegnate, Blanche e Joséfa;compie un'analisi spietata della sua infanzia in provincia, del padre alcolizzato e dei suoi amici da taverna; passa in rassegna il primo matrimonio con Marcelle e analizza quello attuale con Lina; scopre tante piccole ipocrisie nei gesti degli amici e conoscenti che lo passano a trovare.
L'unico appiglio alla realtà che lo circonda sono le campane di Bicêtre e lo scoccare delle ore.
Un assaggio:
"Tu sei forte! Non hai bisogno di nessuno...".
E' questa l'impressione che dà? Beh, è falsa. Oppure la sua è forza solo se confrontata con la debolezza degli altri. E sono i deboli a dovere essere invidiati, perché si appoggiano sui forti.
I forti nessuno li aiuta, né li incoraggia, né li commisera. Se cadono, gli altri non hanno pietà, e anzi, con un certo compiacimento, vedono nel loro crollo il segno di una sorta di giustizia immanente.


Qualche giorno fa ho letto la recensione che ha scritto Corrado Augias di questo romanzo e credo che lui meglio di me abbia colto l'aspetto più sorprendente di questo libro, quindi lo riporto e non me lo attribuisco: riesce ad incatenare al racconto nonostante parli di un uomo solo, fermo in un letto.
Impeccabile.

Georges Simenon, Le campane di Bicêtre, Adelphi

Monica

Messaggio N° 2633 20-02-2009 - 17:54

l'affascinante viaggio nei simboli - il serpente

 

Da sempre, l'uomo si è sentito circondato da elementi sovrasensibili dai quali ha spesso percepito sprigionarsi delle forze incontrollabili; tutto l'universo è un simbolo, un segno di cose invisibili.

La vita odierna ha perso ogni scintilla di ritualità, però i simboli, gli archetipi, sono silenti dentro di noi….e qualcosa emerge quando, senza sapere perché, siamo attratti da un oggetto e per quanto non abbia alcun valore diviene per noi preziosissimo.

Quante donne indossano anelli o altri ornamenti a forma di serpente? È la loro natura più profonda ed ancestrale ad esserne attratta, anche se spesso non ne sono consapevoli…ma nulla è casuale, e se una donna indossa un anello a forma di serpente o lo sogna è perché la sua pulsione trasformativa preme in lei.

I simboli sono chiavi di accesso.

La forza metamorfica degli archetipi ricompongono in noi una cornice più grande dove inserire il quadro della nostra vita, della nostra storia, in armonia con le altre storie con cui veniamo a contatto.

Il serpente con movenze sinuose emerge dalle profondità terrestri, sorgendo dagli oscuri anfratti nascosti e protetti.

Animale ctonico e misterioso, depositario di un immenso potere primordiale, custode di energia pulsante, evoca la spirale, la linea e il cerchio e per questo rappresenta il ciclo di vita-morte-rinascita, il perpetuo ritorno, la rigenerazione.

E’ simbolo del visibile (quando striscia) e dell’invisibile (quando si mimetizza in mezzo alla natura)… il Serpente ama celarsi nel tepore del profondo ventre della Grande Madre, luogo primigenio in cui tutti i segreti sono conservati con cura, e le antiche energie terrestri scorrono e si concentrano.
Di queste energie il Serpente è figlio e simbolo antichissimo, legato ai movimenti del sottosuolo, ai moti nascosti che danno origine al Mutamento interno, al potere della trasformazione lenta o repentina; profonda e cullante come lo scorrere di un fiume o tremenda e irrompente come un terremoto.

Il suo letargo stagionale e, soprattutto, la sua muta, rappresentano il perenne Ciclo della Grande Madre, che mostra a coloro che la vogliono ascoltare come la Vita si trasformi lentamente in Morte, e la Morte in nuova Vita; ma il Serpente simbolizza particolarmente il passaggio che unisce la Morte alla Rigenerazione, il sonno al risveglio, ovvero il cambio di pelle.

Per questo nel Serpente vi è il potere della Guarigione profonda, intesa sia come annullamento e liberazione da ogni stato oscuro e da ogni malattia spirituale, sia, su un piano più prettamente materiale, come eliminazione dei mali fisici. Il suo veleno, infatti, anticamente era unito a particolari erbe medicinali e usato, in piccolissime dosi sapientemente preparate, per curare.

La Luna, Signora dei cicli, dei ritmi, delle maree e dell’utero femminile, così misteriosamente sensibile alla sua musica di silenzi e armonie, è anche Signora dell’eterno susseguirsi di Nascita e Morte, e come il Serpente cambia il suo aspetto, la sua “pelle”, seguendo l’eternità del Tempo, che nel suo essere immutabile cambia continuamente e dà luce al divenire.

Il Serpente, nascosto nell’oscurità, rappresenta particolarmente l’aspetto della Luna nera e il suo potere di trasformazione, il mutamento che avviene nel passaggio dalla fine di un ciclo all’inizio di quello successivo, illuminato da una nuova luce.

Se lo si guarda mentre si morde la coda, come nell’immagine dell’ Ouroboros mitologico, si scorgerà proprio il simbolo dell’eterno ciclo senza inizio né fine.

Il serpente che si morde la coda è la dialettica materiale della vita e della morte, la morte che esce dalla vita e la vita che esce dalla morte, non come i contrari della logica platonica, ma come una inversione senza fine della materia di morte o della materia di vita.

Come custode del potere terrestre, il Serpente percepisce ogni movimento del suolo e del sottosuolo, prima ancora che i suoi effetti si verifichino e si mostrino sulla superficie della Terra e agli occhi degli uomini.

È quindi considerato l’animale della Profezia ed era proprio la Profezia ciò di cui si occupavano le antiche Sacerdotesse che venivano chiamate Pythie (serpi), o drakaine, e che erano particolarmente affini all’aspetto della primitiva Dea Serpente, raffigurata nei reperti archeologici con testa di serpente, arti serpentini o simboli di spire (emanatici di forza rigenerativa), spirali e linee ondulate, a imitare il movimento del rettile e i segni che questo lascia sulla sabbia al suo passaggio.

L’ultima immagine che ci appare del Serpente è quella della Tentazione.
Lo vediamo mentre tenta la “prima” donna Eva, con una succosa e rossissima mela, anch’essa simbolo della Grande Madre archetipica e della sua immensa fecondità.
La tentazione del Serpente alla Donna è la volontà di lei di riafferrare la Conoscenza che da sempre le era stata accessibile.

La mano di Eva, che tocca la mela rossa e, con un breve e netto gesto, la stacca dall’Albero della Conoscenza, è l'atto della volontà della Donna di mordere la Saggezza e di nutrirsi nuovamente di essa, di riunirsi ai flussi della Natura e alla sua arcaica Consapevolezza.
E non appena il Serpente viene da lei ascoltato ecco che dal grembo femminile riprendono a sgorgare i flussi del sangue sacro, che le era stato tolto. Il sangue sacro che è il Mistero della Donna, il suo potere, il suo sapere, la sua eredità lasciatale dalle sue lontane Antenate, e prima ancora di esse dalla Madre primigenia.

Perché proprio l’elemento femminile sceglie di conoscere trasgredendo? Perchè è proprio la donna a misurarsi con il serpente? Perchè in Eva (in aramaico = serpente) il serpente trova risonanza ed eco, in quanto essa è l’unico interlocutore in grado di cogliere la provocazione, la donna ha in sé il bagaglio di conoscenza occultata di cui il serpente è portatore e simbolo, Eva – la madre di tutti i viventi- voleva essere e non solo vivere.

La Dea della Trasformazione - La Dea dei Serpenti    

La Dea come Trasformazione, potere di Morte e Rinascita, di Rigenerazione e Rinnovamento, uno dei più antichi volti della Grande Dea paleolitica, che nel Neolitico assume un'iconografia propria associata con il simbolo del serpente.

La principale funzione della Dea nel suo nuovo aspetto di Serpente era quella di garantire la continuità dell'energia vitale e offrire rigenerazione ad ogni esistenza esaurita.
La Dea Serpente fu la prima divinità, a presentarsi incoronata, così, dal VII millennio a.C., le sue
immagini apparvero frequentemente con una corona, simbolo di potere e saggezza, o con una pettinatura molto sofisticata, caratterizzata da ricci serpentiformi. Il rapporto fra il serpente e il potere generatore della Dea continua nel tempo, si manifesta al suo apice nella cultura cretese, ed è ancora evidente in Atena, Hera e Hathor.

L'Archetipo del serpente

Il serpente è un simbolo polivalente, universalmente presente in tutte le culture.
Egli è l'antenato mitico, il vivificatore, simbolo stesso della guarigione e della cura, è l'animale
originario alle sorgenti della vita e della libido.

E' la forza vitale, simbolo seminale, epitome del culto della vita su questa terra. Non
il corpo del serpente era sacro, ma l'energia emanata da questo animale che
striscia o si raggomitola, energia che trascende i suoi limiti e influenza il mondo
circostante. Questa stessa energia si trova nelle spirali, nelle viti, negli
alberi in crescita, nei falli e nelle stalagmiti, ma si concentra in modo
particolare nel serpente, in cui è, quindi, più potente. Il serpente era qualcosa
di primordiale e misterioso, emerso dagli abissi delle acque dove la vita comincia. Il suo rinnovarsi stagionalmente, col mutare pelle e cadere in letargo, ne ha fatto il simbolo della continuità della vita.

Il serpente è un animale totemico, indica sempre la possibilità di trasformazione, ma indica anche una trasformazione che deve passare attraverso una sorta di “trasgressione”, in molti miti il serpente viene visto come un tentatore, che, a livello psicologico rappresenta bene le forze propulsive della psiche che tentano quelle regressive spingendole a “trasgredire” il limite per avventurarsi oltre quello che c’è in quel momento.

È «l'animale-metamorfosi» per eccellenza, per la sua facoltà di rigenerazione; è il doppione animale della luna, perché scompare e riappare con lo stesso ritmo dell'astro e conterebbe tante spire quanti giorni conta la lunazione.

Questo animale, anticamente, essendo accostato alla simbologia delle acque, aveva una valenza simbolica lunare; il serpente era attributo delle dee antiche dei pantheon, quali Ecate, Ishtar e Artemide, rappresentato come immagine stessa del ciclo lunare che si annoda e si scioglie senza fine, così come è proprio fare del serpente.

Legato, in età classica, al culto di Esculapio, dio della medicina, ancora oggi esistono in Occidente tracce che conducono il serpente a questo culto... lo ritroviamo infatti nel “bastone di Esculapio” simbolo dei medici e nel “caduceo”, simbolo delle scienze farmaceutiche .

Sognare un serpente arrotolato su se stessi simboleggia il circolo della vita o il ciclo vitale. Sognare un serpente che si sveglia rappresenta un desiderio represso troppo a lungo e che ora torna in superficie.

Il messaggio del serpente è un messaggio di rinascita, di cambiamento, di trasformazione, segnala che qualcosa preme, non può più aspettare… quando gli archetipi che si presentano prepotentemente e più volte, vengono ignorati, le tensioni interne aumenteranno sempre di più fino a raggiungere varie forme di disturbi psicosomatici.

Al di là delle lingue, delle etnie, delle culture, il linguaggio dei simboli è un linguaggio trasversale le cui tracce si ritrovano da un luogo all’altro, da un periodo storico all’altro. Il simbolo per definizione è ciò che unisce...sicché quello dello studio dei simboli è un viaggio attraverso i secoli e i continenti ma, soprattutto, quello dentro di sé.

“Il Simbolo è esso stesso una ierofania, perché rivela una realtà sacra o cosmologica che nessun’altra manifestazione è capace di rivelare.” Mircea Eliade

di miladylady

Messaggio N° 2632 15-02-2009 - 17:37

Riscoprire i classici: Nikolaij V. Gogol' (1809 - 1852)

ritratto di Gogol' Le anime morte - N. V. Gogol'

 


 

L'impiegato della dogana Cicikov è impeccabile, incorruttibile e determinato sul lavoro, tutti sanno che dove c'è lui niente passa illegalmente. Un bel giorno decide improvvisamente di fare il colpo grosso: dopo aver rifiutato mazzette dai trafficanti per anni affinché chiudesse un occhio e lasciasse passare qualche merce pregiata attraverso la dogana russa, dice sì e incassa tutti i soldi che gli erano stati promessi durante la sua onorata e onesta carriera. Fugge con un gruzzolo davvero considerevole e inizia a viaggiare per la Russia.
In realtà nulla è avvenuto per caso, Cicikov impiegato modello era solo una farsa. Egli si pregia di una grande pazienza e sa aspettare il momento giusto per far scattare il vero immorale che c'è in lui.
Ma come far fruttare questo denaro? I suoi intrallazzi sono stati nel frattempo scoperti, quindi la sua fama nell'amministrazione pubblica è delle peggiori, non può ricominciare a lavorare (peraltro non ne ha nemmeno voglia) e non può nemmeno starsene con le mani in mano tutto il santo giorno.
Così ha l'Idea: poiché il censimento viene fatto ogni tot anni, lui sa perfettamente che moltissimi proprietari terrieri continuano a pagare le tasse anche per contadini ormai morti. Certo, al prossimo censimento lo stato riconoscerà al proprietario questi decessi e lo rifonderà con gli interessi per ciò che ha pagato ingiustamente... Quindi cosa pensa il "buon" Cicikov? Di presentarsi come una sorta di filantropo nei governatorati più lontani dalle grosse città e di chiedere ai proprietari terrieri di regalargli le loro "anime morte", cioè quei poveri contadini morti di freddo, stenti e fame di cui devono ancora pagare le tasse.
Cicikov conta di rifarsi ovviamente con quegli interessi che l'erario somministerà a tutti coloro che hanno pagato preventivamente, ma certamente questo fatto non viene rivelato agli avidi padroni, i quali dal canto loro pensano solo ad alleggerirsi delle tasse da pagare nel presente. Insomma una truffa ai danni dei truffatori, ecco perché Cicikov moralmente non sente di compiere nulla di male.
Egli peraltro sa comportasi in società, viene accolto ovunque come un gentiluomo, ha maniere squisite e garbate (solo) con le persone che contano e riesce ad accattivarsi le simpatie di tutti. Ma quando inizia a chiedere ai possidenti, fra una cena e l'altra a cui è costantemente invitato, queste benedette "anime morte" la voce gira e a tutti sembra abbastanza bizzarra e macabra la richiesta di questo presunto benefattore, non comprendendo dove sta l'inganno. Cicikov è scaltro ma sottovaluta le gelosie femminili delle gentildonne del governatorato, quando ad una festa nega le attenzioni ad una signora per pura superficialità, il mattino dopo la stessa si reca dalla sua migliore amica a raccontare che le "anime morte" servivano a loschi traffici e si monta il caso. In breve Cicikov è costretto a fuggire da una città che lo aveva accolto come un santo.
La trama non finisce qua ovviamente, anche perché sarebbe così svelato il finale.
Inizia la seconda parte del romanzo che ahimé e ahinoi, l'autore distrusse in buona parte il 20 febbraio 1852, un giorno prima di morire. Il perché non si sa, probabilmente l'autore era troppo malato e depresso per ragionare lucidamente.

La genialità e la contemporaneità del romanzo stanno nella denuncia che Gogol' compie sulla società russa attraverso Cicikov e tutti gli altri protagonisti: a personaggi moralmente positivi contrappone sempre i vizi di quelli negativi che sono la maggioranza ovviamente. Quello che fa riflettere è che Gogol' voleva criticare il malcostume della classe impiegatizia russa, dei nuovi ricchi e dei nuovi nobili russi, ma in realtà sembra di leggere un racconto sull'Italia di oggi, di ieri e purtroppo di domani se questi sono i presupposti. Insomma, tutto il mondo è paese, questo detto mai fu più vero se non dopo aver letto questo libro.
Cito una frase e credo che tutti noi ci ritroveremo un brano consistente di Italia:
Accuse ricadranno sull'autore anche da parte dei cosiddetti patrioti, quelli che se ne stanno tranquilli nei loro angolini a farsi gli affari loro, accumulano capitali e costruiscono le loro fortune a spese degli altri: non appena succede qualcosa che a loro sembri offensivo per la patria, per esempio, vede la luce un libro che contiene un'amara verità, escono di corsa dagli angoli come ragni che vedono la mosca imprigionata nella ragnatela e subito levano alti lai: "Era proprio il caso di mettere queste cose in piazza, di parlarne a voce alta? Quello che è descritto qui, sono cose nostre... era davvero il caso? Cosa diranno gli stranieri? A chi fa piacere sentire brutte opinioni sul proprio conto? Pensano che non ci ferisca? Pensano che non siamo patrioti?". Devo ammettere che a commenti così ponderati, in particolare quello relativo all'opinione degli stranieri, c'è poco da rispondere.
(...)
...solo per rispondere modestramente alle accuse dei nostri ardenti patrioti, che nel frattempo si occupano tranquilli di filosofia o di accrescere i risparmi a spese della patria teneramente amata, pensando non già a non fare niente di male, ma a che non si dica di loro che fanno qualcosa di male
.
Per concludere: il romanzo è divertentissimo. Gogol' aveva il dono di una scrittura frizzante, ironica, tagliente e un modo grottesco di delineare i personaggi che diventano vere e proprie macchiette nello sforzo che compiono di apparire seri e all'altezza della carica. Più ricoprono ruoli importanti, più Gogol' li ridicolizza con vizi, abitudini malsane, inettitudini.
Un classico della letteratura ottocentesca assolutamente da riscoprire.

 

Monica

Messaggio N° 2631 13-02-2009 - 11:45

l'affascinante viaggio nei simboli - la farfalla

La farfalla è un animale simbolico per eccellenza, lo è sempre stato sin dai tempi più remoti. Le sue armoniose, molteplici e suggestive forme suggeriscono la bellezza. Nell’ “ Enciclopedia dei simboli ” a proposito della farfalla e alla sua naturale metamorfosi c’é scritto: “ La meraviglia per questo fenomeno che si origina e si sviluppa senza interventi esterni, conducendo l’animale dalla condizione di bruco a quella di larva e infine di farfalla, colpisce profondamente gli uomini, che sono così spinti a riflettere sulla propria trasformazione spirituale. Si convincono in tal modo di essere in grado di abbandonare la loro natura corporea e ascendere al cielo della luce eterna ” .

 

Nel simbolo è pertanto racchiuso uno sfondo metafisico che presuppone segrete affinità, quasi una mistica compenetrazione reciproca, tra il mondo visibile e l' invisibile....Il punto d’incontro tra il tempo e l’eternità.

 

La farfalla deve affrontare diverse fasi di crescita: da crisalide  accede ad un livello di maturazione superiore fino all’ultimo stadio che le consente di librarsi in volo. La  metamorfosi della farfalla è fondamentale per comprenderne il simbolismo.

 

La comparsa della farfalla nei sogni suggerisce una evoluzione in qualche ambito della vita del sognatore e l'accesso a nuove esperienze con una consapevolezza diversa, che deriva dall'aver affrontato precedenti fasi, e con una maturità che è culmine di energia, di autonomia, di potenzialità. La farfalla che compare nei sogni è simbolo di una trasformazione che avviene a livello psichico, di un cambiamento che si sta verificando nella vita del sognatore, di un passaggio da una fase all’altra, può essere anche un’esortazione a “vedere” la bellezza e le potenzialità presenti e a lasciarle esprimere.

 

E’ sostanzialmente un segno di trasformazione e di rinascita.

 

Una credenza popolare greco-romana considerava la farfalla simbolo dell'anima che esce dal corpo. E simbolo dell'anima la si ritrova presso gli aztechi, anche se si trattava dell'anima dei guerrieri caduti in battaglia. La farfalla, per questo popolo, era anche un simbolo del fuoco e del sole, infatti nella Casa delle Aquile o Tempio dei Guerrieri il sole era rappresentato da una farfalla. Nell'antica lingua azteca la farfalla è chiamata papalot, simile al papilio latino. Nei racconti irlandesi del ciclo mitologico, la dea sposa del dio Mider era stata trasformata in una pozza d'acqua dalla prima moglie del dio, gelosa di lei. Dalla pozza uscì un bruco che si trasformò in una magnifica farfalla che gli dei protessero poiché aveva poteri miracolosi. Anche qui, quindi il simbolismo è quello della vera essenza dell’essere liberato dall'involucro della materia.

 

La farfalla è uno dei simboli che paiono più diffusi nelle culture dei popoli antichi. incarnazione del principio di trasformazione, manifestazione della Dea nel suo aspetto di vita emergente. La si ritrova nei vasi, nelle brocche, negli amuleti, nelle statuette. Nel suo libro “Il Linguaggio della Dea” Marija Gimbutas presenta la farfalla che sorge da un bucranio come epifania della Dea Madre in veste di Dea della Rigenerazione, ed anche questa simbologia è ripresa da una pittura parietale di Çatal Hüyük, datata 6 500 a.C..

 

La farfalla non vive per cibarsi e invecchiare, vive solamente per amare e concepire, e per questo è avvolta in un abito mirabile… questo significato della farfalla è stato avvertito in tutti i tempi e da tutti i popoli…

 

È  un emblema sia dell'effimero, sia di ciò che dura in eterno…  È un simbolo dell'anima.

 

Al pari della Fenice, la Farfalla è simbolo di trasformazione. Rappresenta l'anima che, uscita dal corpo, raggiunge un grado superiore di perfezione. In questo caso la crisalide rappresenta il corpo umano che contiene le potenzialità dell'essere e la farfalla che esce è un simbolo di rinascita.

 

La farfalla è il simbolo del processo di trasformazione che porta verso le cose d'ordine superiore. Essa ci insegna a trasformare la nostra vita consapevolmente, a creare nella realtà situazioni del tutto nuove, a realizzare i nostri desideri più profondi. Ogni nuova idea e ogni piccolo passo verso la nostra auto-realizzazione si rispecchia nel processo di sviluppo della farfalla. Nella fase dell'uovo essa rappresenta la nascita di un'idea; nello stadio di larva indica il momento in cui si deve decidere se questa idea va realizzata oppure no; come bozzolo insegna a entrare in noi stessi per legare questa idea al nostro essere interiore. Infine la nascita della farfalla è anche la nascita di una nuova realtà.

 

La farfalla inizia la sua vita strisciando e in seguito, attraverso un processo di trasformazione, impara a volare portando sulle sue ali i colori dell'arcobaleno. Essa ci insegna che ogni metamorfosi, sia pur la peggiore, possiede un suo ordine.

 

La farfalla rappresenta l’equilibrio, la trasformazione o metamorfosi, i progetti di successo, la grazia e la capacità di accettare i cambiamenti; richiama al processo di trasformazione alchemica a cui è sottoposto ciascuno di noi, anche suo malgrado, durante la vita. Ma è anche la rappresentazione della libertà a cui ogni uomo aspira. Una libertà che può essere conquistata solo a patto di sapersi sciogliere dai lacci delle convinzioni fasulle, dei conformismi e dei dogmi di qualunque natura ,imposti dalla società e dalla cultura di ogni tempo.

 

"La farfalla non conta i mesi ma gli attimi... fa che la tua vita danzi sui bordi del Tempo come rugiada sulla punta di una foglia!" Tagore

 

 

 

di: miladylady


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