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Messaggi del 08/09/2005

Messaggio N° 1623 08-09-2005 - 11:41

Novità per la cura della malaria

La malaria affligge 500 milioni di persone nel mondo, con 2,7 milioni di morti l'anno. Èuna malattia parassitaria causata dal plasmodio, un parassita unicellulare. Esistono quattro specie di plasmodi : falciparum, vivax, ovale e malariae, ma quello più pericoloso e che causa il maggior numero di decessi è il Plasmodium falciparum . La trasmissione del parassita, che avviene attraverso le zanzare del genere Anopheles, dipende dal clima caldo-umido e dall'altimetria e spesso raggiunge i picchi più alti nella stagione delle piogge.


Quando una zanzara Anopheles portatrice del parassita della malaria punge una persona, il parassita entra nel suo sangue, si moltiplica e può causare la malattia o anche la morte. Quando un'altra zanzara punge questa persona, il parassita passa dall'uomo all'insetto, e il ciclo continua. I sintomi della malattia comprendono febbre, brividi, dolori alle articolazioni, cefalea, episodi ripetuti di vomito, convulsioni e coma.


Due importanti novità si affacciano nel mondo per la cura di questa malattia.


Da uno studio pubblicato sulla rivista Science e condotto da ricercatori dell'Imperial College di Londra e dell'Università di Edimburgo, emerge che un comune fungo sarebbe in grado di uccidere le zanzare infette apparentemente "divorandole" dall'interno. Il fungo che agisce per contatto e uccide le zanzare infette entro 14 giorni, cioè nel periodo di tempo che all'incirca intercorre tra il momento dell'infezione e quello in cui la malaria diventa trasmissibile attraverso la puntura dell'insetto, è la Beauveria bassiana.


Il fungo ha mostrato un'efficacia del 90% e si pensa che non presti il fianco allo sviluppo di resistenze, come accade per la gran parte dei trattamenti anti-malarici, difatti nei test di laboratorio la trasmissibilità della malaria è risultata ridotta dell'98%.


Un secondo studio apparso su Science e condotto da ricercatori dell'Ifakara Health Research and Development Centre in Tanzania, dal Swiss Tropical Institute di Basilea e dalla Wageningen University dei Paesi bassi, ha altresì dimostrato che le zanzare impregnate dal fungo nelle case, si infettano e poi muoiono.
Tuttavia altri esperti sottolineano la difficoltà di convincere la popolazione a rischio a usare in futuro spray a base di spore del fungo, poichè non garantirebbero una protezione alle singole persone. Tuttavia le misure proposte sarebbero un vantaggio per l'intera comunità in quanto limiterebbe il numero di zanzare infette, negli ambienti che utilizzino lo spray.


Ricordiamo che con il passare degli anni le zanzare sono diventate immuni agli insetticidi oggi in uso. L'origine della resistenza è da ricercare in mutazioni genetiche che hanno modificato la struttura o la funzione delle proteine bersaglio degli insetticidi e che quindi hanno reso le zanzare più forti e resistenti.


Secondo il Dipartimento di scienze farmaceutiche dell'Universita' di Firenze invece il futuro della cura della malaria è nelle componenti di una pianta che cresce soprattutto in Cina, l'artemisia annua, detta anche assenzio romano. Attualmente, usando le terapie di combinazione con i derivati dell'artemisinina, ACT (Artemisin combination therapies), un attacco di malaria può essere debellato in soli 3 giorni. Ma a Firenze hanno scoperto che utilizzando estratti della pianta meno puri di quelli impiegati oggi per ricavarne l'artemisinina, se ne velocizza di 10 volte l'effetto, diminuendo i costi. Il nuovo cocktail efficace contro la malaria sarà costituito dall'artemisinina, sostanza naturale estratta dall'Artemisia annua (pianta molto comune in Cina, ma coltivata anche in Sudamerica, in Sudafrica e in Puglia) ed efficace al 95% contro il Plasmodium falciparum trasmesso dalla zanzara responsabile della malaria, 'mixata' ai flavonoidi (polifenoli antiossidanti presenti in frutta, verdura e nella stessa Artemisia annua).


Nel mondo le terapie per la cura della malaria non sono sempre aggiornate, l'OMS stima che fino a 2 milioni di bambini muoiono di malaria ogni anno e che in Africa ne muore uno ogni 30 secondi. Solo 9 dei 33 Paesi africani che hanno deciso di adottare misure drastiche e cambiamento terapeutico contro la malattia, hanno effettivamente accesso alle ACT e solo da poco hanno iniziato a usare questi trattamenti più efficaci contro la malaria.


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Articolo pubblicato da: eliam

Messaggio N° 1622 08-09-2005 - 11:24

Mai più Hirosima e Nagasaki

In questi giorni di un’estate che ormai volge al termine, in varie parti del mondo si sono svolte le tristi commemorazioni legate ai 60 anni trascorsi dalle terribili giornate del 6 e del 9 agosto 1945, quando gli americani gettarono senza pietà le prime bombe atomiche della storia a spese delle città di Hiroshima e Nagasaki, che vennero rase totalmente al suolo. Soltanto nei primi mesi successivi alla deflagrazione nucleare i morti furono oltre 200 mila. Secondo stime attendibili, fino ad oggi le vittime accertate sarebbero almeno 350 mila.


Quelle dell’agosto del 1945 sono state le uniche volte (per fortuna) in cui le armi nucleari sono state impiegate in un conflitto bellico contro popolazioni civili ed inermi, sterminando intere generazioni e annichilendo intere città.


È bene ricordare che la responsabilità e la paternità storica di tali massacri (veri e propri crimini contro l’umanità, come qualcuno li ha giustamente definiti) vanno ascritte agli Stati Uniti d’America, che non hanno esitato un attimo ad usare armi di distruzione totale per vincere la guerra. In modo particolare, occorre riflettere sulla seconda bomba atomica, sganciata su Nagasaki.


Secondo molti storici si è trattato di un atto criminale assolutamente inutile ed evitabile, eppure è stato ugualmente compiuto per due ragioni fondamentali. La prima, di natura scientifica, era che la bomba lanciata su Nagasaki, essendo composta di plutonio, e non di uranio arricchito come quella gettata su Hiroshima, aveva bisogno di essere sperimentata (naturalmente, tale ragionamento è totalmente cinico e spregiudicato). Il secondo motivo era di ordine strategico-politico, nella misura in cui la seconda bomba era davvero inutile per vincere la guerra contro il Giappone, un Paese ormai stremato, affranto e prostrato, completamente alla mercè dei vincitori, per cui apparve subito evidente un diverso scopo della seconda esplosione nucleare, ossia un atto in funzione palesemente antisovietica. In tal senso, le bombe su Hiroshima e Nagasaki, pur essendo le ultime della seconda guerra mondiale, furono considerate come le prime della “guerra fredda”. Insomma, si trattava di un chiaro segnale teso a far capire ai sovietici e al mondo intero chi erano i nuovi padroni della storia.


Negli anni successivi al 1945, ossia nel secondo dopoguerra, le armi atomiche furono adottate da tutte le principali potenze mondiali: l’Unione Sovietica l’ottenne nel 1949 (grazie soprattutto alla decisione di alcuni scienziati che avevano concorso alla realizzazione della bomba nucleare per il governo nordamericano, al fine di ristabilire un giusto e provvidenziale equilibrio tra le parti avverse), la Gran Bretagna nel 1952, la Francia nel 1960, la Cina nel 1964.


In questo periodo, segnato da una prima proliferazione degli armamenti atomici, si determinò un clima che venne definito di “GUERRA FREDDA”, nel quale i due blocchi politico-militari contrapposti (la NATO, tuttora esistente e che fa capo agli U.S.A., e il Patto di Varsavia, che ruotava intorno all’Unione Sovietica) erano coscienti di annientarsi vicendevolmente con il solo impiego delle armi atomiche. Questa era la teoria della “distruzione mutua assicurata”, alla base del cosiddetto “EQUILIBRIO DEL TERRORE”, ossia della strategia della deterrenza nucleare che, in qualche occasione, riuscì a scongiurare il rischio di un conflitto termonucleare totale.


Tale “equilibrio del terrore”, benché utile deterrente sul piano strategico, tuttavia non impedì un’enorme proliferazione degli arsenali atomici sia ad Ovest che ad Est. Al contrario, le armi nucleari divennero sempre più numerose, ma soprattutto più sofisticate e complesse, quindi più potenti, al punto che confrontate con quelle successive le bombe gettate su Hiroshima e Nagasaki apparivano come “giocattoli”.


Gli arsenali atomici a disposizione dei due blocchi avversari (Est e Ovest: nemici più sulla carta, ma nella realtà complici rispetto alla spartizione economica e ideologica del mondo) erano potenzialmente in grado di disintegrare il nostro pianeta, non una, ma decine di volte!


Nel corso degli anni Ottanta, il dialogo tra Reagan e Gorbaciov condusse alla stipulazione dei trattati START I e START II, che sancivano una graduale riduzione degli armamenti atomici posseduti dalle due superpotenze. In quegli anni, esattamente nel 1985, uscì un film intitolato “War games” (tradotto in italiano “Giochi di guerra”) che racconta la storia di un brillante e geniale ragazzino di Seattle che, giocando col suo computer, riesce ad inserirsi nella rete informatica della difesa nucleare statunitense, provocando (ovviamente, nella finzione cinematografica) il pericolo di un conflitto termonucleare totale, pericolo poi scongiurato. Cito questo film per far comprendere come in quegli anni la percezione della gravità dei rischi di un conflitto atomico che avrebbe potuto causare l’autodistruzione totale del genere umano, era molto maggiore di oggi.


Eppure la situazione odierna è molto più pericolosa di quella che ho appena descritto e che si riferisce al periodo della “guerra fredda”. Attualmente, gli Stati che dichiarano di possedere armi nucleari e dunque fanno ufficialmente parte del cosiddetto “Club dell’atomo” sono esattamente otto: Stati Uniti d’America, Russia, Cina, Regno Unito, Francia, Israele, India e Pakistan.


Invece, gli unici Paesi al mondo che hanno pubblicamente e intenzionalmente rinunciato a programmi di riarmo nucleare sono: il Sudafrica, probabilmente il Brasile, e alcune repubbliche dell’ex-U.R.S.S., ossia Ucraina, Bielorussia e Kazakistan.


Inoltre, la possibilità (non solo teorica) che alcune armi atomiche come le cosiddette “bombe sporche” (che non costano come le armi atomiche vere e proprie e non esigono particolari competenze scientifiche, se non quelle, alquanto diffuse, che servono a costruire una bomba tradizionale) possano cadere nelle mani di gruppi terroristici, può forse offrire una vaga idea dell’elevata pericolosità dell’odierna situazione internazionale, avvolta in quella che è stata convenzionalmente chiamata “la spirale guerra-terrorismo”, ossia una realtà caratterizzata da crescenti tensioni e contraddizioni, da enormi conflittualità, aggravate dalla politica della cosiddetta “guerra preventiva” made in U.S.A. che, di fatto, alimenta e rafforza ulteriormente le spinte e le tendenze oltranziste ed estremiste in ogni angolo della Terra.


L’odierna situazione planetaria è dunque molto più insidiosa del passato, soprattutto dopo il crollo del muro di Berlino avvenuto nel 1989 e dopo il disfacimento dell’Unione Sovietica e del suo “impero”, ma soprattutto dopo l’11 settembre 2001, quando sono state rilanciate la ricerca e la produzione di nuove generazioni di bombe nucleari più piccole e più facili da utilizzare.


Nonostante ciò, la consapevolezza del pericolo rappresentato dagli arsenali atomici da parte dell’opinione pubblica mondiale, si trova ad un livello molto più basso rispetto agli anni della “guerra fredda”. Anni in cui l’equilibrio tra le due superpotenze (U.S.A. e U.R.S.S.) esercitava un potentissimo effetto deterrente. Oggi quell’equilibrio non esiste più (è rimasto solo il “terrore”, scusate la battutaccia). Anzi, la situazione è profondamente squilibrata, caotica ed instabile, e gli U.S.A. non sono in grado di gestirla da soli attraverso un ruolo di gendarmeria planetaria che si sono auto-attribuiti con arroganza e che li ha condotti all’isolamento più totale ed infausto.


Oggi assistiamo ad un insidioso rilancio della ricerca nucleare per fini militari, che vede una responsabilità ed un coinvolgimento anche del nostro Paese. Basti pensare che all’aeroporto militare di Ghedi (Brescia) e nella base americana di Aviano sono pronte all’uso almeno 90 testate nucleari!


Per far capire l’estrema pericolosità derivante dall’odierno scenario internazionale, voglio ricordare il 2002, quando India e Pakistan (che già nel 1998 avevano condotto alcuni test nucleari) si trovarono sull’orlo di un conflitto per il controllo del Kashmir (una terra al confine tra i due Stati, famosa per un tessuto morbido e leggero di lana omonima, ricavata da una particolare razza di capre che vive in quella regione), una contesa che avrebbe potuto condurre all’uso di armi nucleari. Esistono alcune micro-potenze regionali, quali la stessa Israele, l’India e il Pakistan, che detengono arsenali atomici ed assumono atteggiamenti ostili e belligeranti verso gli Stati confinanti.


Naturalmente sarebbe ipocrita non riconoscere che la più grave minaccia proviene da quelle superpotenze mondiali come gli U.S.A., la Cina e la Russia, che mirano ad una nuova spartizione geopolitica del mondo e che agiscono in modo aggressivo ed espansionistico sul terreno economico-commerciale, entrando spesso in conflitto tra loro.


Si pensi all’accesa competizione commerciale tra U.S.A., Europa e Cina, oppure alla rivalità monetaria (una vera e propria guerra monetaria) tra il dollaro e l’euro.


Certo, dal 1945 ad oggi tutte le guerre finora combattute ed anche quelle tuttora in corso (si pensi allo stato di guerra-guerriglia permanente in Iraq) non hanno mai visto il ricorso ad armi atomiche, bensì solo a quelle convenzionali. Addirittura, in alcuni conflitti etnici sono stati perpetrati veri e propri genocidi utilizzando armi primitive e rozze, ad esempio sono stati commessi spaventosi massacri a colpi di machete, che è un pesante coltello dalla lama lunga e molto affilata.


Finora ho fornito una ricostruzione storica il più possibile fedele e lineare, in materia di armamenti nucleari, provando ad evidenziare un confronto tra passato e presente, tra gli anni della “guerra fredda” e la realtà odierna che, come ho già spiegato, appare assai più pericolosa, benché la coscienza della gente comune sia indubbiamente molto meno diffusa e profonda che in passato.


Pertanto, voglio citare un brano tratto da un articolo di Giorgio Bocca (apparso nella rubrica “L’antitaliano”), nel quale Bocca scrive testualmente:


“Già nel 1945 avremmo dovuto capire che l’apocalisse era ormai entrata nella normalità. Scoppia la prima atomica a Hiroshima e sui giornali dell’Occidente, anche sui nostri, la notizia venne data a una colonna in basso e non destò particolare emozione. Aveva ucciso in un colpo 100 mila persone e ne aveva avvelenate a morte altrettante. Non se ne sapeva molto, è vero, ma in breve si capì che era l’arma della distruzione totale, ma l’Occidente civile in sostanza non fece obiezione: la bomba segnava in pratica la fine della guerra, perché condannarla?”


In altri termini, il fine (la conclusione della seconda guerra mondiale) ha giustificato il mezzo, ovvero il ricorso alla bomba H, un terrificante strumento di distruzione totale.


Oggi, più che nel passato, questa perversa logica “machiavellica” del “fine che giustifica i mezzi” non può e non deve più essere tollerata, ma va respinta con fermezza e abbandonata in modo definitivo, pena l’auto-annientamento dell’umanità e la dissoluzione di quasi ogni forma di vita presente sul nostro pianeta.


Le cause delle guerre, siano esse convenzionali o meno, sono fondamentalmente le stesse: il possesso e il controllo della terra, dell’acqua, del petrolio o di altre preziose materie prime, lo sfruttamento dell’uomo e l’oppressione di un popolo da parte di un altro popolo, ecc. Queste sono le ragioni principali che possono scatenare un conflitto bellico. Il fatto poi che alla guerra condotta con armi convenzionali si sostituisca la guerra “termonucleare”, non cambia nulla alle cause, alla natura e al significato di classe della guerra medesima.


Tuttavia, la differenza più evidente e innegabile tra guerre tradizionali e guerra nucleare, sta nel fatto che le armi atomiche sono strumenti di DISTRUZIONE TOTALE: un “dettaglio” che non è certamente trascurabile o sottovalutabile.


Dunque, voglio concludere con un appello che, per quanto possa apparire ingenuo e utopistico, è più che mai utile e necessario alla salvezza dell’intera umanità:


BANDIAMO LE ARMI NUCLEARI,


BANDIAMO TUTTE LE ARMI,


BANDIAMO LA GUERRA DALLA NOSTRA VITA!


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Articolo pubblicato da: robinhood20040

Messaggio N° 1621 08-09-2005 - 11:10

Al concerto dei Sigur Ròs

Digiland vi segnala il Forum
"L'ultimo cd che ho ascoltato..."
per discutere di questo argomento!



La band ha presentato, nella magica cornice della Villa Arconati di Bollate (MI) in 26 luglio 2005, il loro ultimo lavoro di prossima uscita dal titolo "t a k k . . .". I ragazzi non sono cambiati, non si sono montati la testa e non si atteggiano da vips, nonostante siano arrivati gloriosamente al loro quarto album.


Nel 2002, quando a malapena erano conosciuti in Italia, ho assistito al loro concerto al Rolling Stone di Milano. Il locale era mezzo vuoto e all'uscita io e i miei amici siamo addirittura riusciti ad intrattenerci per strada per un'oretta a chiacchierare con la band, sono dei ragazzi semplicissimi e a quanto pare sono rimasti tali nonostante il grande successo che li ha travolti negli ultimi anni.


"La loro musica è come il suono di Dio che piange lacrime d'oro in Paradiso", ha scritto Melody Maker.... "Ascoltare per credere!!!."
"Ágætis Byrjun" è il disco che ha lanciato nel mondo questa band islandese capace di aggiornare il dream-pop e le suggestioni degli shoegazer con un gusto tipicamente nordico.
Il quattro dicembre 1994 Jón Þór Birgisson, Ágúst Ævar Gunnarsson e Georg Hólm danno vita ai Sigur Rós.
Il nome lo prendono in prestito dalla sorellina appena nata di Jónsi, Sigurrós (Rosa della Vittoria) e subito iniziano a lavorare al primo album. Ci vogliono appena sei ore per registrare il primo singolo, Fljúgðu, che viene pubblicato in occasione del cinquantesimo anniversario dell'indipendenza islandese.


Ci vorranno almeno tre anni per la pubblicazione del primo album, ma nel frattempo il risultato è completamente diverso dalle prime registrazioni. Von (speranza) esce nel settembre 1997 grazie all'accordo con l'etichetta Smekkleysa (Bad Taste). È subito un successo per la critica, ma le vendite non decollano. Poco dopo l'uscita di Von si unisce al gruppo il tastierista Kjartan Sveinsson e cominciano i lavori per il secondo album. I primi risultati vengono subito commentati come "un buon inizio", ed è così che si chiamerà il disco: Ágætis Byrjun. I lavori però procedono con inevitabile lentezza e a complicare le cose ci pensa Ágúst che lascia il gruppo per intraprendere la carriera di grafico. Con il nuovo batterista Orri Páll Dýrason si configura la formazione attuale dei Sigur Rós. Nel frattempo esce in Islanda una raccolta di remix delle canzoni di Von che attira molte attenzioni e diventa molto popolare.


Atmosfere eteree e sognanti, unite a sperimentalismi elettronici al crocevia tra minimalismo e dream-pop, chill-out e ambient music. È la formula musicale dei Sigur Ròs. Sonorità limpide e suggestive come le terre d'Islanda da cui provengono. "In molte interviste ci hanno chiesto quali siano le nostre influenze - raccontano - e la nostra risposta è sempre stata: l'Islanda stessa. La sua cultura, i suoi orizzonti, la sua natura, i suoi contrasti interni…"


L'aspetto più sorprendente di questo giovanissimo quartetto di Reykjavik - Jon Thor Birgisson (voce e chitarra), Kjartan Svensson (tastiere), Georg Holm (basso) e Orri Pall Dyrason (batteria) - è la capacità di creare sonorità "emozionanti", capaci di penetrare nei recessi più oscuri della mente. La loro musica è un magma vulcanico di suoni trasversali: dagli Stone Roses aiRadiohead , fino al dark elettronico dei Dead Can Dance e al pop raffinato di Bjork, Proprio la loro più famosa connazionale è stata una delle loro sostenitrici, fin dal 1994, quando ha deciso di inserire un loro brano in una raccolta da lei curata per festeggiare i 50 anni di indipendenza islandese dalla Danimarca.


Dopo una grande attesa esce nel giugno 1999 Ágætis Byrjun, il capolavoro che ha portato al successo i Sigur Rós. L'acclamazione della critica e del pubblico è unanime ed al grande successo in patria segue quello internazionale. I premi come miglior Album e miglior Gruppo dell'anno in Islanda sono i primi di una lunga serie. Nel regno unito vengono pubblicati due singoli: Svefn-g-englar (sonnambuli, ma englar significa angeli) e Ny Batterí (nuove batterie). Dal grande interesse per questi singoli esce l'album nel 2000. Le major statunitensi fanno a gara per accaparrarsi i diritti, ma la band preferisce la libertà al tornaconto economico e firma un contratto con Pias Recordings.


Il successo di Ágætis Byrjun apre ai Sigur Rós le porte della grande scena musicale: fanno da spalla a Godspeed You Black Emperor! e Radiohead, festival e concerti in tutto il mondo si susseguono dal gennaio 2000 all'ottobre 2001. Con i primi soldi guadagnati costruiscono uno studio di registrazione a Mosfellsbær, nei dintorni di Reykjavík: un'ambiente tranquillo dove poter lavorare serenamente alla prossima opera.


Tra i primi ad accorgersi delle potenzialità della band islandese, anche i Godspeed You Black Emperor! che li hanno voluti come opening act di un loro concerto alla Royal Festival Hall, e i Radiohead, che li hanno ospitati in numerose date del tour di "Kid A". I Sigur Ròs si ripresentano con un disco intitolato semplicemente ( ), con una copertina, un booklet, un package quasi interamente bianco, senza scritte e contenente otto tracce senza titolo. Ascoltando i 72 minuti dell'album si ritrovano la lentezza e la dolcezza tipica delle loro composizioni. Il disco è cantato in "hopelandic", ovvero un linguaggio totalmente inventato dal cantante Jonsi, che permette di mettere la voce al pari di un qualsiasi strumento, rendendo "universali" i testi delle canzoni.


Il seguito di "( )" si chiamerà "Takk..." ('grazie' in islandese) e uscirà il 9 settembre di quest'anno. A quanto pare (da quello che si ho potuto captare dal concerto di ieri sera) le sonorità del nuovo lavoro della band si sono arricchite di una nuova potenza dove insieme alle magnetiche atmosfere sospese e oniriche dei vecchi lavori si fa strada un esplosione di percussioni e di ritmi incalzanti.
l'architettura dei nuovi brani è sorretta dalla potenza della batteria che reinventa il rock, smembrato e ristrutturato, e da vita a qualcosa di straordinariamente nuovo e difficile da codificare e riconoscere nei canoni e nella nozionistica musicale che abbiamo conosciuto fin'ora.
Queste sono solo le mie impressioni, lascio a voi e agli esperti un analisi e un giudizio più dettagliato per quando l'album sarà disponibile.


Ah! Quasi dimenticavo una cosa importantissima... Non perdete d'occhio le cinque ragazze che accompagnano i Sigur Ros con il loro quartetto D'archi, al concerto si sono esibite in un mini concerto di apertura come gruppo spalla della band Islandese.
Le biondissime ragazze hanno suonato una musica elettronica ricercatissima e ricca di sperimentazioni tecnologiche unitamente ai virtuosismi e alla poesia dei loro violini, violoncelli, e viole e a piccole ma geniali trovate come quella di suonare bicchieri d'acqua con le dita.
Il risultato è stato notevole, degno di tutti i loro musicisti connazionali quali i Mùm, gli stessi Sigur Ros ecc... A quanto pare le "Amina String Quartet" (così si chiama la giovanissima band) hanno di recente pubblicato un loro CD ma per ora non so dirvi di più, provate a cercarlo su eBay....


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Articolo pubblicato da: sigurros2


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