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Messaggi del 23/11/2006

Messaggio N° 2020 23-11-2006 - 09:19

LA PENA DI MORTE



Costituzione Italiana Art. 2.

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili

dell'uomo.........

Abolita de jure (per legge) o de facto (per prassi) da più della metà dei paesi nel mondo, la pena capitale è una violazione dei diritti umani fondamentali, ringraziando i Padri fondatori della nostra Carta Costituzionale, che hanno volontariamente e di fatto non voluto nel nostro Stato democratico,questo barbarico e inutile omicidio compiuto dagli stati, in cui ancora vige, e che non ha alcun valore reattivo al crimine, nemmeno come deterrente.

Nel 1948 gli stati membri delle Nazioni Unite firmarono ed adottarono un documento chiamato Carta dei diritti dell'Uomo, in essa, erano e sono contenute delle leggi fondamentali che hanno il compito di salvaguardare i diritti dell'essere umano.

Alla base di quest’ordinamento ha avuto il massimo rilievo la considerazione di determinati valori quali la vita, l’onore, la dignità, lo sviluppo sociale, l’elevazione dell'essere umano da semplice animale ad essere pensante.

Considerato che, i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell'uomo.

Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;

Articolo 3

Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 5

Nessun individuo potrà essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli, inumani o degradanti.

Articolo 30

Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di qualsiasi Stato gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione dei diritti e delle libertà in essa enunciati.

Rimane ben impressa nella mente della gente la conturbante e deprimente scoperta che l'uomo può compiere delitti di un’efferatezza indicibile, colpendo in maniera crudele i suoi simili, disattendendo in piena convinzione sia l'età che il sesso o la condizione fisica o sociale della sua vittima.

Quale forma di giustizia o di vendetta è più valida se non quella di applicare la pena di morte per i delitti a sfondo sessuale e nella fattispecie la pedofilia, chi non abbasserebbe l'interruttore su di un uomo che barbaramente ha usato per i suoi giochi sessuali e poi ucciso un bambino di sei anni??? Chi trasportato dall'emozione del momento non abbasserebbe l'interruttore ??

Oggi in Irak si sta verificando l'ennesima farsa politica, si sta consolidando la campagna politica di Bush, caso strano in concomitanza con le votazioni di medio termine e con sondaggi in piena caduta libera arriva la sentenza di primo grado contro il feroce dittatore, il temibile, il famigerato quello delle armi di massa, Saddam, condanna a morte tramite impiccagione.

Avete mai pensato per un attimo ad una cella calda d'estate e fredda in inverno di 20 mq in cui vivono almeno tre persone su letto a castello e con un lavabo e una tazza igienica a vista, in una stanza in cui ogni segreto è inesistente ogni identità è d’appartenenza comune, pensate ci sia pena peggiore come quella di passarci la vita???

Ogni giorno è uguale al precedente e al successivo, ogni giorno passi la tua vita nella piena consapevolezza che non vedrai altro cielo che quello del soffitto e che l'unica aria libera rimane solo quella della mezz'ora, una sola volta al giorno.

La morte in questi casi diventa una liberazione.

Un essere umano degno di tale nome, meritevole del rango cui appartiene, quello d’essere pensante, quello d’essere sociale, che ha come scopo il vivere ed il rigenerarsi culturalmente non può concepire la pena di morte come atto di giustizia, avvilisce il suo status vivendi e lo rende pari alla sua vittima.

Negli stati, non degni di tale nome, in cui questo tipo di repressione è attuata non hanno ricevuto nessun beneficio e alcun contributo costruttivo agli sforzi della società nella lotta contro il crimine violento ed è priva d’ogni effetto deterrente, se non quello di avere governi che di democrazia nemmeno conoscono la parola, figuriamoci se conoscono i diritti umani.

La pena di morte viola, il diritto alla vita, è irrevocabile e può essere inflitta ad innocenti.

Un vincolo all'osservanza delle leggi sarebbe inutile ed inefficace se non fosse possibile garantire che le leggi stesse siano garanti dei diritti fondamentali. Pertanto gli elementi formali dello stato di diritto sono sviluppati ed estesi dagli elementi materiali dello stesso, in particolare attraverso l'adozione di norme che tutelano i diritti fondamentali.

Come parlare di libertà, d’evoluzione sociale, d’educazione e di democrazia, nel momento in cui per difendere le nostre leggi siamo costretti a violare i diritti fondamentali???immagine

Dopo ogni esecuzione capitale il medico legale della prigione in cui è compiuta questa insulsa e inumana azione, costata il decesso della persona colpita da tale ordinanza, redige un verbale su cui deve motivare la causa della morte, la norma in merito prevede che sia riportata la dicitura "OMICIDO".

Ci aggiorniamo gente ... ci aggiorniamo!!!



scritto da: il.corsaro.nero

Messaggio N° 2019 23-11-2006 - 09:14

IL SOLDATO AMERICANO



Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano… canta Venditti, ma la realtà è spesso diversa e l’amore sfuggito di mano non lo riprendiamo più, similmente immaginead un palloncino volato in cielo. Però, nella realtà, talvolta, c’è spazio per un lieto fine o comunque un avvenimento che ci lascia sperare.

1945 – Fine della guerra in Italia. Costanza ha solo diciotto anni, è graziosa, piuttosto alta, con belle spalle e soffici capelli neri che le scendono lungo la schiena. E Deales è il classico soldato americano: sorridente, pieno di sé, e bello che sembra appena uscito da un film. In più, come tutti i suoi compagni, incarna le vesti del salvatore, dell’eroe. E tutte le ragazze sono attratte da questi uomini venuti da lontano, belli e coraggiosi. La maggior parte di loro sembrano ragazzoni cresciuti troppo in fretta e appaiono ancora bambini, specie quando mostrano i denti per sorridere.

Costanza ci casca, come parecchie sue amiche, e s’innamora di uno di questi soldati che stazionano nel suo paese. Si chiama Deales e s’incontrano tutte le volte che possono.

Quando le truppe fecero ritorno a casa, Costanza rimase sola e non vide più il suo soldato. All’inizio si scrissero lunghe lettere, piene di passione e di promesse di rivedersi al più presto, e magari sposarsi. Ma dopo un po’ anche le lettere cessarono d’arrivare. E Costanza rimase sola del tutto. Dopo qualche anno sposò un brav’uomo del paese, ma l’amore era un’altra cosa. Nacquero figli e nipoti. E la vita andò avanti.

A distanza di circa sessant’anni, tanto era rimasto nell’aria quell’amore, la nipote di Costanza sposa un soldato americano di stanza a Vicenza (base Nato). Il giorno del matrimonio Costanza conosce i parenti dello sposo, e in particolare la madre. La signora americana, dopo essersi sciolta un pochino, raccontò del padre che aveva combattuto proprio in quei luoghi e s’era perfino innamorato di una ragazza italiana, del posto. Quando Costanza ha domandato il nome del papà e si è sentita rispondere: “Deales” è rimasta di sasso, poi osservando meglio il viso della donna ha rivisto di colpo il ritratto del soldato americano, il suo giovane perduto amore!

scritto da : pigilli

Messaggio N° 2018 23-11-2006 - 09:03

THE LOST CITY

film "The lost city" 

Regia: Andy Garcia

PRESENTATO AL FESTIVAL DI KARLOVY VARY - LUGLIO 2006- DOVE AL REGISTA E' STATO ATTRIBUITO IL GLOBO DI CRISTALLO ALLA CARRIERA.

Interpreti: Andy Garcia, Inés Sastre, Dustin Hoffman, Bill Murray, Tomas Milian, Richard Bradford

Durata: h 2.23
Nazionalità: USA 2005
Genere: 
drammatico

immagine Debutto alla regia dell’attore Andy Garcia, che qui si cimenta anche come compositore oltre che come protagonista, in un omaggio storico alla sua terra natia: CUBA

1958, Havana, Cuba. Durante la dittatura di Batista, Fico Fellove (Andy Garcia), proprietario di un locale notturno, apprezzato e rinomato dal jet-set, appartiene a una famiglia ricca, unita, tradizionale, che si ritrova a tavola per il pranzo della domenica. All’improvviso, due dei suoi fratelli manifestano interessi per la rivoluzione castrista che sta prendendo piede sull’isola, gli equilibri si spezzano, e tra musica, balli, amore e morte, qualcosa inizia radicalmente a cambiare nella vita di Fico e nella sua storia. Scritto dal famoso autore cubano Cabrera Infante, l’atto d’amore di Andy Garcia nei confronti della sua “città perduta”, Cuba, ha il difetto di mettere sul piatto Storia e sentimento, abbandonandosi a una passionalità incontrollata che gli impedisce di dominare i numerosi elementi del film. The Lost City, è un affresco personale di un paese in cambiamento, in cui Garcia si pone come protagonista, osservatore. L’impegno a raccogliere un cast di alto livello (Dustin Hoffman, Bill Murray, Ines Sastre, Tomas Milian), la cura nella fotografia al limite di un artificioso patinato, la musica e i balli sempre presenti a sottolineare l’anima di Cuba, i personaggi della Storia, annunciati ma superficiali, sono la dimostrazione sincera di come questo lungometraggio fosse il vero sogno di Andy Garcia regista (tanto che ha prodotto, diretto, composto le musiche e interpretato il film), tuttavia l’aria che si respira, dall’esterno e dall’interno, è quella dell’ingovernabilità, dell’impossibilità di esprimere con chiarezza i confini fra bene e male, imprigionati nella confusione della sua memoria di bambino.

 Sedici anni passati a rincorrere il sogno di girare questo film sulla sua Cuba, sulla sua storia personale, sulle sue radici.

Garcia ha realizzato il  film della sua vita. Che non significa capolavoro o splendido film , significa cinema personale, doloroso, vissuto in prima persona. Che poi sia un film totalmente (o quasi) sbagliato, è un altro discorso.  Il suo film pullula di Cuba, di sigari, di balli locali, di politica e di disfunzioni della politica. Ma è anche pieno di uomini attaccati con tutte le unghie alla famiglia, di donne che si rifanno una vita credendo nella bontà della rivoluzione e di morti amazzati per ideali fallati. Tutto sincero, tutto giocato a fior di pelle, eppure tutto tragicamente sbilanciato. Senza equilibrio, sena misura, senza criterio. L'effetto è quello cartolina di troppi altri film analoghi, manca lo spessore politico nella messa in scena e un po' di cuore in più (forse). Garcia gira intorno ai personaggi, ci ubriaca con uno stile già troppo compiaciuto e innamorato di sé e gli sfugge di mano ritmo e senso del racconto. E poi mostrare in scena attori che imitano personaggi storici (Che Guevara, Fidel Castro, Batista) fa molto effetto 'Bagaglino'. Il chè, francamente, non mi esalta.

Voto: 5


scritto da: pepitadellapampa


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