*****"La democrazia è cancerogena e gli uffici sono il suo cancro" W. Burroughs "La parola 'democrazia' mi destava una insofferenza fisica, come l'odore stantio dei vecchi cassetti; sentivo nell'aria un odore di muffa, di umida miseria, un odore di cavoli lessi nelle scale della nuova società come in certe vecchie portinerie, un odore di farisei." Leo Longanesi “[An upside down flag is] an international distress signal. It means ‘we’re in a whole lot of trouble, so come save our ass b’cause we don’t have a prayer in hell of saving ourselves.’” - Sgt Hank Deerfield, from In the Valley of Elah. Tag CloudArea personale- Login
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I lavoratori della Innse: non ci muoviamo
Post n°81 pubblicato il 05 Agosto 2009 da franco_rovati
Ancora tensioni nello stabilimento. Fiom: ora tocca agli operai decidere cosa fare, 2 ore di sciopero di solidarietà MILANO - Sono sempre determinati, gli operai della Innse. Nonostante il defilarsi, uno dopo l’altro degli interlocutori della partita. Nonostante tutto. Erano 50 un anno e mezzo fa, all’inizio di questa vicenda. Oggi sono 49. E l’unico che manca non ha mollato per cercare un altro lavoro: si è arreso a un'infarto, a 49 anni, dopo una notte passata a presidiare i reparti. Lunedì sera, davanti alla prefettura, le maestranze della Innse volgevano lo sguardo in alto, verso le stanze dove è proseguito fino a tarda sera l’incontro del viceprefetto, Renato Saccone, con i rappresentanti della Regione e il sindacato. Che poi in questo caso vuol dire la Cgil regionale e il vertice nazionale della Fiom, con il segretario generale Gianni Rinaldini e il segretario Giorgio Cremaschi. Alle 9 di sera, quando è terminata la riunione, i lampioni di corso Monforte hanno illuminato la delusione dei 49: lo smantellamento dei macchinari, sospeso per dare corso alla trattativa, riprenderà già da oggi. Nessuna disponibilità da parte della prefettura a impostare un nuovo tavolo senza novità di sostanza. Resta quindi alta la tensione in via Rubattino 81. La Fiom ha indetto due ore di sciopero in provincia. Intanto nel deserto produttivo della periferia di Milano, tra scheletri di capannoni e fabbriche vuote, i reduci della Innse promettono battaglia. Cremaschi l’aveva già detto fin dalla mattina di lunedì: «Da qui non ci muoviamo. Possono smontare i macchinari ma non li lasceremo certo uscire da qui. Questa non è la fine della Innse ma l’inizio di un dramma». Per la Fiom «se il governo non difende i posti di lavoro sani figuriamoci quelli delle aziende in crisi». Il candidato alla guida del Pd, Pierluigi Bersani, ha telefonato al ministro dell’Interno, Roberto Maroni: «Gli ho detto che quando un problema è così acuto bisogna fermare le macchine e discutere. Avendo fatto il ministro dell'Industria posso dire che ogni volta che si smantella un'attività è un pezzo di noi che se ne va». «Mi auguro che queste vicenda si risolva al più presto e per il meglio» ha detto il segretario del Pd, Dario Franceschini. Paolo Ferrero, segretario del Prc, chiede al ministro Maroni di ritirare subito la forza pubblica a protezione dello smantellamento delle macchine. Nel merito della vicenda, lunedì è stata la giornata dei passi indietro. La Regione - che pure si era molto adoperata nei mesi scorsi - ha dato forfait. In prefettura assenti Comune e Provincia. Il Pirellone lascia il cerino nelle mani della magistratura che «avrebbe potuto anche decidere di sospendere lo sgombero». E dei potenziali acquirenti: «C'è stato chi si era detto in un primo tempo interessato, ma poi si è tirato indietro». Facile leggere tra le righe il nome della Ormis di Bergamo. L’azienda non interviene. Ma già nei mesi scorsi fonti interne lasciavano intendere che la partita fosse ormai difficile da recuperare: «Il nostro interesse era sincero, se ci fosse stata davvero l’intenzione di andare verso un rilancio della Innse a quest’ora la partita sarebbe già chiusa. E le macchine non si sarebbero fermate». Certo è che la trattativa non è mai entrata nel vivo. Mai si è parlato di soldi per l’acquisto della Innse. Dal canto suo Stefano Genta, il proprietario dell’azienda («acquisita sull’orlo del fallimento a 750 mila euro» ricorda la Cgil) deve ad Aedes una consistente somma per l’affitto dell’area. Di qui la causa della stessa Aedes. La vendita dei macchinari alla Mpc di Santorso (Vicenza) e alla Lombardmet di Arluno (Mi). E la sentenza dello scorso maggio che autorizza la loro uscita dall’azienda. Se la vicenda si concluderà con lo smantellamento della Innse, nulla più impedirà la realizzazione del piano di riqualificazione urbana della zona varato negli anni 90. Al posto dei capannoni si parla di università, residenziale, parchi. Dal canto suo il Comune assicura che a fronte di un piano industriale con qualche prospettiva sarebbe stato pronto a cambiare il progetto sull’area. Ma la Cgil insiste: «L’azienda è vittima della speculazione edilizia». Così - dopo un anno mezzo di trattative, presidi, proposte - i 49 tornano soli. A scrivere l’ultimo capitolo della loro storia all’Innse. Fonte: corriere.it
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