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Post n°324 pubblicato il 27 Marzo 2013 da blogtecaolivelli
Leggiamo nella PREFAZIONE "....Nel bosco fatato d cui si parla in questo libro vanno e vengono cavalieri e animali magici e sapienti, l'asino e il cervo bianco, l'uomo selvatico e un teatro vagante, il vento e le api, Dio e Gafna, protopersonaggio e protomaschera, comico legame tra il mondo delle bestie e quello degli uomini. E' qui che si recita una commedia in cui si tratta, tra l'altro, la questione della verità e della falsità delle immagini, e più in generale del senso della realtà. I nove testi che compongono il volume possono essere racconti, lettere, commedie, ma tutti narrano miti in cui spesso le bestie commentano il teatro umano, cioè le finzioni degli uomini, il rituale dei loro comportamenti. Dice infatti il cinghiale maschio: "...Vorrei poterli osservare da vicino. So che ridono, giocano, guardano le immagini, fanno viaggi, si uccidono fra di loro. Nei nostri confronti sono così feroci. Eppure sono animali, anche loro." Quello che Giuliano Scabia reinventa, ormai da molti anni, è dunque un genere illustre, che allunga le sue radici nei bestiari e nella favolistica classica. Scartando ogni intento di ammaestramento edificante, Scabia profonde nei suoi testi una sorta di letizia arcaica, il candore e il fervore di certi pittori primitivi, per i quali nulla è più realistico della stilizzazione che si rtealizza in un simbolo, e rappresentare una cosa significa possederla. Un disvelamento delle realtà, sembrano dirci i personaggi di Scabia, può cominciare soltanto dai colori perentori, dalla sorridente e ironica verità di certi miti e poemi." |
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