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La Chanson de Roland

Post n°1902 pubblicato il 12 Febbraio 2019 da blogtecaolivelli

Wikipedia

La Chanson de Roland 

 scritta nella seconda metà dell'XI secolo,

appartiene al ciclo carolingio

 ed è considerata tra le opere più significative

della letteratura medievale francese.

Come ogni testo di natura epica, essa trae

spunto da un evento

 storico, labattaglia di Roncisvalle, avvenuta il 15 agosto 778,

 quando la retroguardia diCarlo Magno,

comandata dal paladino

 Rolando prefetto della Marca diBretagna e

dagli altri paladini, di

 ritorno da una spedizione in Spagna fu attaccata e distrutta dai

 baschi - nella riscrittura epica trasformati in saraceni.

Testo

La Chanson de Roland è scritta in 4002 décasyllabes, equivalente

 francese degli endecasillabi italiani, raggruppati in 291 lasse

 assonanzate da un certoTuroldo. Essa ci è tramandata da nove

 manoscritti, dei quali il più importante, conservato a Oxford, è in

 lingua anglo-normanna, una delle molte varianti regionali della lingua d'oïl 

(o francese antico) la lingua volgare neolatina della Francia del nord.

Il notevole numero di manoscritti rimastoci è testimonianza della grande

 fortuna del testo; inoltre, il fatto che il testimone più autorevole e antico,

 quello di Oxford, sia un codice non pregiato o prezioso (tale da farci

 pensare che fosse un sorta dicanovaccio per le esibizioni di un giullare)

 potrebbe suggerirci che la Chanson de Roland abbia avuto una diffusione

 orale prima di essere rielaborata e stesa in scrittura (fatto testimoniato

 anche dalla Nota Emilianense, un breve testo proveniente dal monastero 

di San Millán de la Cogolla che sembrerebbe attestare la conoscenza

della materia del poema già prima della realizzazione del manoscritto

 di Oxford). Da notare, infine, che la Chanson de Roland narra di una 

battaglia combattuta quasi tre secoli prima e che si caratterizza, come

 quasi tutta l'epica medievale, per la celebrazione della fede e del valore

 militare.

Trama e temi

La Chanson de Roland è raffigurata nella Cattedrale d'Angoulême

I valori che caratterizzano la Chanson de Roland sono: la fedeltà al

proprio signore in questo caso Carlo Magno, la fede cristiana, in

opposizione alla fede islamica (che tra l'altro nel testo risulta essere

 politeista); l'onore, da tutelare a ogni costo e con ogni mezzo; l'eroismo

 in battaglia. Alla celebrazione delle virtù militari nella dimensione del

 martirio cristiano - il cavaliere che muore in battaglia è equiparato al

santo che rinuncia alla propria vita per la fede - corrisponde la quasi

 totale assenza del motivo amoroso. Le uniche due donne presenti sulla

scena sono Alda (promessa sposa di Orlando e sorella di Oliviero) e

 Braminonda, moglie di Marsilio che si convertirà alla fine del poema.

 In quest'ottica le imprese di Carlo Magno e dei suoi paladini contro gli

 Arabi sono celebrate come delle vere e proprie guerre sante; questa

 opposizione ha fatto pensare a porre la datazione della Chanson

 ai tempi della prima crociata bandita da Urbano II. I paladini sono eroi,

 votati all'ideale della fede e dell'onore, coraggiosi, fedeli a Dio e al loro

 signore, abili con la spada, che salvaguardano i più deboli e li

 difendono onorevolmente.

Le vicende hanno inizio con la descrizione della situazione generale

 del conflitto in Spagna, a cui segue un'ambasciata pagana pronta

 ad offrire la pace a Carlo Magno. Si riunisce il consiglio cristiano e

si scontrano due linee: da una parte abbiamo Gano di Maganza, futuro

 traditore, rappresentante di una nobiltà fondiaria che non ha bisogno

 di espandere i propri domini e che anzi preferirebbe il mantenimento

 della pace; dall'altra una nuova classe sociale in ascesa che ha nella

 virtù militare la propria principale espressione e che invece vuole

 fortemente che il conflitto vada avanti, rappresentata dall'eroe per

 eccellenza, il prode Orlando[1]. Contrariamente a quanto si potrebbe

 immaginare, tuttavia, Gano non è presentato come un vile traditore,

 e la sua opposizione a Orlando non è uno scontro tra due mondi

 inconciliabili che vedono la ragione e il torto separati da una linea netta;

c'è piuttosto il riconoscimento di una nobiltà già dalla presentazione

 che indica quanto pur nel conflitto destinato inevitabilmente a risolversi

 a favore dei Franchi ci siano molte sfumature.

Infatti, una delle chiavi della difesa di Gano nel processo finale sarà

proprio sostenere che il suo tradimento non è stato contro l'esercito

 franco, ma contro il figliastro Orlando reo di averlo nominato a capo

 dell'ambasciata inviata a Marsilio. A questa nomina di Gano segue

 il tradimento e la garanzia del traditore di nominare Orlando a capo

 della retroguardia francese[2].

In un primo momento, Orlando si rifiuta di credere che Gano abbia

 tramato con il nemico; accetta di essere a capo della retroguardia

 con il consueto orgoglio militare, nonostante Carlo, in uno dei presagi

 che costellano l'intero poema, abbia un funesto presentimento. I dodici

 pari vengono nominati nella retroguardia, dunque, mentre l'esercito

 franco inizia la ritirata.

Ben presto però la retroguardia si rende conto del tradimento di Gano;

 all'arrivo dell'esercito pagano si assiste ad una splendida discussione

 tra Oliviero, detto il "saggio", e Orlando, rappresentazioni di due

dimensioni ideali dell'eroe che vedevano già in epoca classica una

 polarizzazione (da una parte l'eroe saggio, Ulisse, dall'altra il valoroso

 combattente, Achille) poi divenuta topica.

Oliviero consiglia al compagno di suonare l'olifante (il suo corno) il cui

 suono richiamerebbe il resto dell'esercito. Il prode paladino rifiuta

perché richiamare rinforzi sarebbe causa di eterno disonore. Discussione

 che sarà riproposta dopo il combattimento e la morte dei dodici pari,

 quando resteranno in vita il vescovo Turpino, Orlando e Oliviero: a parti

invertite, Oliviero sosterrà l'inutilità di suonare il corno quando gli eroi sono

 prossimi alla morte, Orlando invece suonerà definitivamente per consentire

 la vittoria ai Franchi. Proprio mentre le truppe guidate al rientro da Carlo

Magno contemplano il paesaggio nella gioia del ritorno, il suono del corno

 risuona tre volte sulle rocce di Roncisvalle; viene scoperto il tradimento di

 Gano, che viene catturato in attesa del processo. Nel frattempo la retroguardia

 francese ridotta a soli tre uomini viene sopraffatta. Orlando, giunto allo

 stremo delle forze, tenta di spezzare la sua spada Durendala.

 Non riuscendoci si accascia sul terreno con le braccia incrociate in

attesa della morte. Proprio alla morte di Orlando, descritta in parallelo

 evangelico a quella di Cristo sulla croce. Il paladino cristiano pone la sua

 spada sotto di lui, impugna l'olifante e dona il suo guanto a Dio, immagine

 del vassallaggio fedele che percorre tutto l'arco del poema.

 Gli angeli scendono su di lui per portarlo nel regno dei cieli.

Proprio nello stesso istante arriva Carlo; l'imperatore sbaraglia gli

avversari che si danno alla fuga o annegano nel fiumeEbro. Il re torna

 ad Aquisgrana dove ha fretta di processare Gano per tradimento,

ma nel frattempo entra in scena l'emiro Baligante, il più potente re

saraceno, che per la prima volta a metà del poema fa la sua apparizione,

trasformando l'imminente e definitivo conflitto con Carlo nella concreta

 realizzazione della prima opposizione Orlando vs Marsilio. Il più

 numeroso esercito pagano si scontra con le forze cristiane in una lotta

selvaggia, sulla cui fine aleggia però un destino voluto da forze

 sovraumane mai messo in discussione (motivo che arriverà fino alla

 Gerusalemme liberata del Tasso). Alla fine del conflitto resta solamente

 da processare il traditore Gano, che si difende dall'accusa con l'appoggio

 dei suoi nobili parenti. Alla difesa teorica corrisponde anche secondo la

prassi dell'epoca un eventuale duello: per smentire l'altra parte in causa

 e dimostrarne il torto. Paladino difensore di Gano è il potente Pinabel,

 che nessuno in un primo momento osa sfidare proprio per la sua abilità

 indiscussa. Quando Carlo sembra ormai costretto a notificare il volere della

 comunità e a rilasciare Gano, lo scudiero Teodorico prende le parti dell'accusa

 e sfida Pinabello nel duello finale che conclude il poema, come era del resto

 il costume epico (si pensi ad Enea e Turno alla fine dell'Eneide o, in séguito,

 allo scontro tra Rodomonte e Ruggiero nell'Orlando furioso).

Carlo, in seguito all'apparizione in sogno dell'Arcangelo Gabriele parte per

dare aiuto al re Viviano in Infa dove hanno posto l'assedio i Saraceni.

«Qui finisce la storia che Turoldo mette in poesia», e così si conclude la

 Chanson de Roland, con una nuova apertura che sottolinea il tragico

 destino di chi è garante del potere. Le frequenti lacrime di Carlo, "che

 non può fare a meno di piangere", sottolineano (ancora una volta secondo

 un topos che ha la sua stabilizzazione nella pietas di Enea e che ad esempio

 sarà ripreso nel viaggio dantesco) la fragilità dell'imperatore e il dramma di

 essere al centro di un compito gravoso; l'eroe, in questo caso l'imperatore,

 non è il guerriero senza macchia che non conosce cedimenti, ma il rappresentante

 di un complesso sistema di valori che genera un conflitto tragico: da una parte

 avremo il dovere di assolvere un compito, una vera missione, dall'altra la

sofferenza tutta umana che quell'obbligo comporta.

Rapporto con la storia

L'epopea racconta della campagna della Spagna condotta da Carlo Magno

 e della resistenza eroica della retroguardia. La maggior parte degli storici

 concorda però nel dire che i cavalieri affrontarono, in realtà, non i saraceni

 ma i vasconi (baschi): il cambiamento si spiega per il clima culturale

 dell'epoca in cui fu scritta l'opera, nell'XI secolo, in piena epoca di

 reconquistadell'Europa dagli arabi e di crociate.

È stata anche formulata l'ipotesi (Joseph Bédier) che la Chanson de

Roland sia stata composta sulle strade dipellegrinaggio che portano

 a Santiago di Compostela, passando dal valico di Roncisvalle, e

 recitata dai giullari durante le soste. In ogni caso si possono notare

parallelismi con il Poema del mio Cid, scritto forse prima della Chanson

 de Roland, e influenze della poesia araba di al-Andalus.

Una terza ipotesi è che il califfo di Cordova abbia chiamato Carlo Magno

 in suo soccorso nelle lotte tra principi saraceni, e che, una volta giunto

 l'esercito franco, abbia fatto il doppio gioco chiudendogli la porta

 in faccia. Per questo motivo, i franchi avrebbero espugnato la città

 e fatto prigioniero il califfo traditore. Durante la via del ritorno in Francia,

 i figli del califfo, aiutati da un gruppo di baschi, avrebbero attaccato a

 Roncisvalle il convoglio di Carlo Magno, liberando il padre ed uccidendo

 vari franchi, tra cui il maniscalco del re. Il fatto che questi avvenimenti

 vengano taciuti o sminuiti nei tempi immediatamente successivi viene

 visto come prova d'una disfatta maggiore di quanto i franchi non

 volessero ammettere, e si ritiene che il fiorire della tradizione

successivamente sia il risultato di una pressione dal basso, poiché la

storia di Roncisvalle si era ormai largamente diffusa tra la gente del posto,

 rendendo inutili i giochi di propaganda.

Datazione

Riscontri validi per la datazione del poema ci arrivano da diverse fonti medievali.

 Per esempio nella Gesta regum anglorumdi Guglielmo di Malmesbury si

 legge che le truppe di Guglielmo il Conquistatore intonassero sul campo di

battaglia una canzone di Orlando. Questo ci permette di dire che la canzone fu

 senz'altro composta prima del 1125, data di composizione delle Gesta anglorum.

 La datazione del poema può essere protratta prima del 1100 grazie al

 riscontro di numerose registrazioni anagrafiche di coppie di fratelli chiamati

 Orlando e Oliviero intorno al 1090.

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