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E' una lunga storia di Gunter Grass

Post n°2037 pubblicato il 18 Marzo 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Internet

È una lunga storia

"Adesso capirai, bambina mia, perché il tuo nonno

 desidera soltanto andarsene, qui tutto ha di nuovo

l'odore brandeburghese misto di pino e di caserma.

 Per farla breve: voglio semplicemente 'volatilizzarmi',

come dicono i berlinesi, ma non appena mi riuscirà

 di riemergere in letizia da qualche parte, e il più

 lontano possibile dallo scambio di colpi tedesco

-tedesco, ti invierò numerosi e significativi segnali

lampeggianti..."


Protagonista è un vecchio: nato nel 1919, vissuto lungo

 tutto il secolo, testimone di una Germania tragica nelle

 sue diverse vicende storiche.

 Ma il tempo può anche essere vinto: se il protagonista

de Il tamburo di latta tentava di fermarlo e il suo rifiuto

 di crescere, di farsi adulto, era il rifiuto di una

contemporaneità condannata, questo vecchio,

nell'identificazione con un romanziere vissuto

esattamente un secolo prima, Theodor Fontane,

 rappresenta il rifiuto della storia tout court.

 La Germania gioca e ha giocato un ruolo centrale

 nell'Europa di questo secolo, nella sua odiosa grandezza

 e nel suo travaglio di Paese sconfitto e dilaniato: oggi,

 riunificata, forse offre un'immagine più sbiadita, una

stanchezza culturale che non ha la forza di ricostruire la

propria fisionomia.

 E così solo in una progressiva identificazione con un

intellettuale del passato, con l'attaccamento alla citazione

e alla cultura dei libri, scostandosi almeno un po' dalla

 cronaca, si può pensare ad una rinascita, ad una nuova

 forma di giovinezza.

Sarà la giovane nipote francese a dare un po' di freschezza

 a questa "lunga storia" della malinconia e del rifugio,

 dell'abbandono e della vecchiaia.
Anche questo romanzo, come per altro tutte le opere

 di Grass, può essere definito una "superba macchina

narrativa", una "cattedrale gotica" (come Renato Barilli

  lo ha recentemente definito), la cui complessa architettura 

 ha come necessario supporto tanti elementi decorativi,

 apparentemente accessori, in realtà sostanziali alla vita

 dell'intera costruzione.

 Così trovano giustificazione e

senso quell'innumerevole quantità di rimandi e citazioni

che forse rendono il testo apparentemente troppo letterario,

 vera finzione, ma proprio in questo testimonianza di una

stanchezza del presente, una malinconia, una sfiducia

 nelle "magnifiche arti e progressive" che Günter Grass

 in più di un'occasione ha testimoniato direttamente.
Lo scherzoso nomignolo Fonty, giocosamente attribuito

 al vecchio fattorino Theo Wuttke, a causa del suo amore

 sconfinato e alla sua progressiva identificazione con il

romanziere Theodor Fontane, sottolinea la malinconia

di fine secolo che pervade il romanzo, l'americanizzazione

 del nome pu˜ essere il simbolo della perdita d'identità di

una nazione che, riunificandosi, è riuscita a cancellare

 tanta parte di sé.

 Ma anche Fonty, come tutti i grandi personaggi

 letterari, ha la sua "Ombra Perenne", Hoftaller,

 eternamente disponibile ad adeguarsi con entusiasmo

 a nuovi regimi e a nuovi padroni: due facce, due aspetti

 di questa stanca umanità di fine millennio che ne ha forse

 viste troppe, troppo ha sofferto per sapersi inventare,

altrimenti che nella rievocazione o nella fuga, un futuro                         

 che abbia un senso.
Solo l'architettura complessa del romanzo, solo il narrare

 dà ordine a un mondo fatto di piccole questioni quotidiane

e di grandi tragedie collettive che si intrecciano in modo

 inestricabile e ci farebbero smarrire se lo scrittore non ci

 indicasse un superiore ordine intellettuale a cui fare

 riferimento.

 

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