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La ricetta Telethon per l'editing genetico

Post n°2062 pubblicato il 04 Aprile 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

27 marzo 2019

La ricetta Telethon per l'editing genetico

Saranno le immunodeficienze il banco di prova

prescelto dai ricercatori dell'Istituto San Raffaele

Telethon per la Terapia Genica per effettuare la

loro prima sperimentazione clinica con le nuove

biotecnologie di precisione

geneticaimmunologia

I dati sono rassicuranti. Le tecniche sono mature.

E l'istituto San Raffaele Telethon per la Terapia

Genica (SR-Tiget) è quasi pronto per il debutto.

"Non abbiamo ancora una data.

Ma nel breve periodo il nostro istituto conta di

avviare la prima sperimentazione clinica con

l'editing del DNA".

Ce lo rivela Raffaella Di Micco, group leader

all'SR-Tiget e coautrice di uno studio uscito

recentemente su "Cell Stem Cell" in collaborazione

con il team di Luigi Naldini.

"Il nostro modello cellulare sono le staminali del sangue.

Con il protocollo che abbiamo ottimizzato non

riscontriamo instabilità genomica né mutazioni indesiderate.

Il cocktail che abbiamo messo a punto dovrebbe

già garantire un beneficio terapeutico nel campo delle

malattie rare. Perciò il prossimo passo sarà vedere la

risposta nell'uomo", ci ha detto la ricercatrice

commentando con noi gli ultimi dati.

Il banco di prova saranno le immunodeficienze su cui l'SR-

Tiget non ha rivali al mondo, essendo già riuscito

nell'impresa di portare in commercio la prima terapia genica

classica: il trattamento Strimvelis, sviluppato nell'era

pre-CRISPR per i pazienti affetti da ADA-SCID.

Nel frattempo altri gruppi hanno incontrato difficoltà

a replicare quel successo di terapia genica "tradizionale"

su un altro tipo di immunodeficienza severa combinata,

trasmissibile con il cromosoma X e detta SCID-X1.

Rispetto all'approccio precedente, l'editing ha il grosso

vantaggio di garantire un'espressione più controllata

del gene terapeutico.

La migliore precisione dovrebbe consentire di correggere

il difetto genetico con maggiore efficacia e sicurezza",

sostiene Di Micco. In cima alla lista delle malattie candidate,

dunque, c'è la SCID-X1, in compagnia di un'altra

immunodeficienza: la sindrome da iper-IgM.

"Comunque il lavoro che abbiamo pubblicato è una

dimostrazione di fattibilità, lo stesso approccio può

trovare altre applicazioni".

Di Micco, classe 1980, si è laureata in biotecnologie mediche

a Napoli, per poi specializzarsi tra Milano e New York,

e da tre anni è stata chiamata all'istituto diretto dal

pioniere della terapia genica Naldini, con la missione di

studiare come le cellule rispondono al danno del DNA e

contribuire allo sviluppo di nuove terapie avanzate.

Lavorando insieme, hanno dimostrato di poter inserire

in modo affidabile una sequenza correttiva nelle cellule

staminali ematopoietiche.

La  ricetta di San Raffaele e Telethon prevede l'utilizzo

di una scarica elettrica per far entrare nelle cellule tre

ingredienti terapeutici: la piattaforma per l'editing genomico

(costituita dall'enzima che taglia il DNA, opportunamente

programmato per trovare il giusto bersaglio), un vettore

virale detto AAV6 che trasporta la sequenza da introdurre

in corrispondenza del taglio e, a parte, un terzo elemento opzionale.

Si tratta di un trascritto con le istruzioni per sintetizzare

una molecola che destabilizza la proteina p53, nota anche

come "il guardiano del genoma".

In questo modo Di Micco e colleghi hanno aggirato un 

ostacolo emerso lo scorso anno in popolazioni cellulari diverse

e descritto da due gruppi indipendenti su "Nature Medicine".

Quando l'editing produce la rottura del DNA, le cellule attivano

un kit di pronto intervento che vede come protagonista il p53

e può avviare le cellule editate alla distruzione.

Per fortuna i ricercatori dell'SR-Tiget hanno appurato che, almeno

per le staminali ematopoietiche, il problema è limitato e risolvibile.

La ricetta Telethon per l'editing genetico

"Anche nel nostro modello basta un singolo taglio per far scattare

l'allarme, ma la risposta si risolve nel giro di poche ore quando

la lesione viene riparata e alla fine le cellule conservano la piena

funzionalità", assicura la ricercatrice.

Se oltre a tagliare il DNA si fornisce una sequenza correttiva,

utilizzando un vettore virale, la reazione difensiva è più forte,

ma l'SR-Tiget ha dimostrato di poterla controllare inibendo il p53.

Nel giro di un giorno o due l'arresto proliferativo si sblocca e,

trapiantando le cellule editate nel topo, si osserva che un

maggior numero di cellule corrette si localizza nel midollo,

per la ricostituzione del sistema ematopoietico.

"Il sistema CRISPR è più facile da programmare rispetto

alla tecnica di editing genomico precedente, ma nel nostro

modello funziona bene anche la piattaforma zinc finger, che

ha il vantaggio di essere stata studiata più a lungo", spiega Di Micco.

Da quando CRISPR è arrivata sulla scena ha conquistato

tutti i riflettori per la sua versatilità, mentre il metodo delle

"dita di zinco" è rimasto nell'ombra pur non essendo obsoleto.

"Con questo lavoro abbiamo dimostrato che i risultati delle

due tecnologie sono paragonabili, ciò che conta è la specificità

dell'enzima che effettua il taglio, indipendentemente da quale

piattaforma viene utilizzata", sostiene la ricercatrice.

Scegliere l'una o l'altra sarà una decisione strategica, da

prendere insieme agli sponsor dei trial clinici futuri, valutando

anche gli aspetti di natura brevettuale.

Intanto ci sono altre sperimentazioni di editing in cellule

staminali ematopoietiche che stanno già reclutando i primi

pazienti in diversi paesi del mondo: il database 

clinicaltrials.gov ne conta già tre con zinc finger e due

basate su CRISPR.
(L'originale di questo articolo è stato pubblicato 

nel blog CRISPerMANIA il 27 marzo 2019. 

Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

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