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Il nome della rosa, film, parte 3

Post n°3305 pubblicato il 07 Novembre 2020 da blogtecaolivelli

La vittima successiva è Berengario, un monaco

in sovrappeso, anch'esso bibliotecario e di

chiare tendenze omosessuali, che viene ritrovato

annegato nella sua vasca da bagno, anch'egli

con le dita e la lingua nere.

Guglielmo ritrova una nota sullo scrittoio, al quale

si trovava la notte prima Berengario, e vi legge

il numero di un libro, intuendo quindi cosa accadde:

Berengario aveva approfittato della passione

per i libri del giovane Adelmo per consegnargli

un volume, un libro proibito che lui desiderava

leggere da molto tempo, in cambio di rapporti illeciti.

Adelmo acconsentì, ma poi, preso dalla vergogna e

dal senso di colpa, vagò per l'abbazia la notte in

cui si svolse la tempesta e incontrò il traduttore

dal greco, al quale consegnò la nota, dopodiché si

gettò dalle mura dell'abbazia. Venanzio, volendo

vedere il libro che era stato causa della sua morte,

lo recuperò e si mise a leggerlo nella notte ma,

improvvisamente, ebbe un malore e il cadavere

venne ritrovato da Berengario che, per paura di

essere incolpato, trascinò il corpo e lo gettò nella

cisterna, dove fu ritrovato.

Il libro rimase sullo scrittoio del traduttore e

Berengario si mise a leggerlo, ma i malori

cominciarono a manifestarsi anche in lui; dopo

aver riportato il libro al suo posto, per paura di

essere scoperto, fece un bagno con delle foglie

di cedro per alleviare il dolore, ma tutto fu inutile

e morì annegato.

La conclusione, dunque, è che la causa delle

morti sia un libro che uccide o, per meglio dire,

per cui qualcuno è disposto ad uccidere; le dita

e la lingua nere possono essere, dunque, state

causate da un avvelenamento.

L'abate, tuttavia, non dà ascolto alle parole di

Guglielmo e rivela di aver richiamato l'inquisitore

Bernardo Gui a indagare.

Guglielmo ed Adso trovano un passaggio segreto

per la biblioteca, accessibile solo ai bibliotecari

e all'abate, e rimangono quasi imprigionati nel

complesso di stanze, dal quale escono grazie ad

Adso che, per non perdersi nel labirinto, aveva

ingegnosamente legato un filo della sua veste ad

un tavolo della stanza.

Dopo l'arrivo dell'inquisitore Bernardo, la situazione

in abbazia precipita: la ragazza del villaggio viene

ritrovata durante la notte, insieme a Salvatore, nel

fienile, con un galletto nero morto (che la ragazza

aveva preso per fame) e un gatto nero, e i due vengono

arrestati con l'accusa di aver praticato riti satanici in

quanto, per errore, il fienile prende fuoco e Bernardo

ritiene che la fanciulla sia il maligno.

Frate Salvatore viene poi torturato e interrogato e

confessa il suo passato di dolciniano, facendo anche

il nome del cellario Remigio.

Nel mentre, un altro frate, Severino l'erborista,

viene ucciso e la colpa ricade su Remigio, che

viene arrestato e accusato delle morti avvenute

nel monastero.

Durante il processo contro i tre (la ragazza, il

cellario e Salvatore), che culmina con la sentenza

della loro condanna a morte sul rogo, Guglielmo

dà la sua approvazione a eseguire il verdetto emesso

da Bernardo, ma afferma anche che le morti

nell'abbazia non si fermeranno.

L'inquisitore lo accusa di aver tentato di difendere la

ragazza e i due eretici e gli dice che, l'indomani, si

recherà ad Avignone insieme a lui per rispondere di

eresia di fronte al papa.

Adso, disperato per la sorte della fanciulla che ama,

è risentito verso Guglielmo, che sembra interessarsi

più ai libri che alle sorti della giovane.

Il giorno dopo, durante la messa, un altro frate,

fratello Malachia, che è solito accompagnare il

"venerabile Jorge", si sente male e muore, mostrando

anch'egli le dita e la lingua nere.

Bernardo, avendo assistito alla scena, ritiene che

l'assassino sia Guglielmo, basandosi sulla predizione da

lui fatta durante il processo, e ordina alle sue guardie

di catturarlo, ma il monaco riesce a fuggire di soppiatto

insieme ad Adso e i due si recano nella biblioteca.

Intanto la ragazza (considerata una strega), Salvatore

e Remigio vengono messi sulla pira, in attesa di essere

bruciati.

Guglielmo e Adso giungono all'entrata della biblioteca

attraverso una porta camuffata come uno specchio

e vi trovano Jorge, al quale Guglielmo chiede di

poter leggere il secondo libro della Poetica di Aristotele

che tratta della commedia, unica copia esistente

in tutto il mondo.

Jorge acconsente, ma Guglielmo si mette un

guanto, poiché sa che le pagine del libro sono avvelenate.

Il mistero è così chiarito: Jorge era il colpevole di

quelle morti ed è stato lui ad avvelenare le pagine

del libro, in modo che chiunque le leggesse trovasse

una morte certa.

Questi, capendo di essere stato scoperto, si dà alla

fuga, portando con sé il libro e venendo inseguito

dai due monaci.

Guglielmo gli chiede perché abbia fatto tutto questo

e Jorge rivela di aver sempre avuto in odio il libro

di Aristotele, in quanto il riso, in esso trattato, uccide

la paura e senza la paura non può esserci fede in

Dio: se tutti, infatti, apprendessero dal libro che è

possibile ridere di tutto, anche di Dio, il mondo

precipiterebbe nel caos.

Preso, così, da fanatico fervore, Jorge ingoia le pagine

del libro, suicidandosi, ma prima di morire ha il tempo

di aggredire Adso, gettandogli la lampada che portava

e bruciando anche il resto dei libri proibiti nella

biblioteca.

Un grosso incendio inizia a divampare in biblioteca e,

intanto, Remigio e Salvatore vengono bruciati,

mentre la ragazza viene salvata dagli abitanti del

villaggio, che attaccano le guardie di Bernardo,

distratte dall'incendio alla biblioteca.

Mentre Guglielmo tenta disperatamente di salvare

quanti più libri possibile dalle fiamme, Adso, incitato

dal maestro e preoccupato per la ragazza, si precipita

fuori dall'abbazia.

Bernardo, in fuga con la sua carrozza, muore

precipitando in un dirupo e infine Guglielmo riesce ad

uscire incolume dall'incendio.

L'indomani, l'abbazia è completamente bruciata.

Guglielmo e Adso partono così da quel luogo ma, sulla

strada, il ragazzo viene raggiunto dalla fanciulla, che

lo prega di restare.

Adso si accorge che il suo maestro lo osserva da lontano,

perché vuole che sia lui a decidere liberamente chi

seguire e, dopo un toccante addio, i due innamorati si

lasciano per sempre.

Mentre Guglielmo e Adso si allontanano, la voce fuori

campo di quest'ultimo, nel terminare la narrazione,

afferma di non essersi mai pentito di aver fatto quella

scelta.

Il suo maestro, in segno di rispetto, gli regalò i suoi

occhiali e i due si lasciarono.

Adso non seppe mai che fine avesse fatto, ma è

comunque certo che Guglielmo sia morto, probabilmente

a causa dell'epidemia di peste scoppiata qualche

anno più tardi in Europa.

Egli, comunque, non si dimenticò mai del suo unico

amore terreno, del quale tuttavia non seppe mai

il nome.

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