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« Fontamara, parte 2.Il nome della rosa, film... »

Un bel romanzo di Ignazio Silone

Post n°3304 pubblicato il 07 Novembre 2020 da blogtecaolivelli

Fontamara

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

«In Fontamara non siamo alle prese con le grandi

questioni: siamo in mezzo al fango e al sangue,

all'ingiustizia e all'ignominia del presente... è il più

toccante resoconto della barbarie fascista che

abbia letto finora»

(Graham GreeneThe Spectator, 2 novembre 1934
Fontamara
AutoreIgnazio Silone
1ª ed. originale1933
1ª ed. italiana1945
GenereRomanzo
Sottogeneresociale
Lingua originaleitaliano
Ambientazione

Fontamara (paese immaginario),

 Avezzano,Roma, durante l'estate del 1929

ProtagonistiBerardo Viola
Modifica dati su Wikidata · Manuale

Fontamara è il primo romanzo di Ignazio Silone,

pubblicato dapprima nel 1933 in lingua tedesca in 

Svizzera - dopo esser stato scritto nella Confederazione

elvetica tra il 1929 e il 1931 - al tempo in cui l'autore

era riparato all'estero per sfuggire alle persecuzioni del 

Regime fascista; nel novembre 1933 egli pubblica

un'edizione in lingua italiana a proprie spese, e nel 1934

l'opera fu tradotta in inglese.

Il successo del romanzo, che denunciava l'immoralità e

gli inganni del partito fascista di Mussolini e dei suoi

seguaci, fu straordinario, galvanizzando una parte

dell'opinione pubblica internazionale dell'epoca, che fece

di Fontamara un documento della propaganda antifascista

fuori dall'Italia e un simbolo della resistenza al totalitarismo

(Hitler era appena arrivato al potere in Germania).

Fontamara è un immaginario villaggio di montagna,

nell'Abruzzo marsicano, la cui comunità soffre sotto il

peso del fascismo e di sventure ataviche.

Spaccato sociale di un proletariato oppresso e sfruttato

sono i "cafoni", realisticamente descritti nella loro ingenuità,

e tenuti in ignoranza secolare da una classe dominante

sempre più rapace e parassitaria.

Trama

Il fontanile di Fontamara a Pescinache avrebbe ispirato l'autore

Il Fucino sullo sfondo di Pescina

Dal 1º giugno 1929 nel paese di Fontamara (nella Marsica,

vicino ad Avezzano) non arriva più l'elettricità, la cui fornitura

è stata interrotta perché gli abitanti del paese non pagavano le

bollette.

Sperando di rimediare a questa "fatalità", ogni contadino

analfabeta firma una misteriosa "carta bianca", portata da un

graduca della milizia (il cav. Pelino), la quale si scoprirà essere

in realtà l'autorizzazione a togliere l'acqua per l'irrigazione per

indirizzarla verso i possedimenti dell'Impresario, un imprenditore

legato al regime che ha ottenuto la carica di podestà.

Scoperto l'imbroglio, le donne fontamaresi si recano a casa

dell'Impresario per tentare di convincerlo a ridar loro l'acqua

indispensabile per i loro campi.

L'avvocato Don Circostanza si offre come mediatore di un

accordo che stabilisce che «tre quarti scorrano nel nuovo letto

del fiume, mentre i tre quarti del rimanente nel vecchio,

cosicché ognuno abbia tre quarti»; più avanti, di fronte alla

pretesa dell'Impresario di aver in usufrutto l'acqua per 50 anni,

l'avvocato suggerisce di «ridurre il termine a soli 10 lustri».

Il paese è oggetto di una violenta incursione delle squadracce

fasciste, inviate a Fontamara per segnalazione del cavalier

Pelino, che violenta le donne e scheda ogni singolo abitante,

chiedendogli brutalmente "chi evviva?" (ma nessuno tra i

fontamaresi, praticamente all'oscuro dell'avvento del fascismo,

"azzecca" la risposta giusta). Berardo Viola, l'uomo più forte

e robusto del paese, tenta di trovare maggior fortuna fuori

dal paese.

Il lavoro gli viene negato perché, in quanto fontamarese, è

considerato un rivoluzionario.

Muore intanto Elvira, la sua amata.

Di ritorno a Fontamara, alla stazione di Roma, incontra un

partigiano (l'Avezzanese), già conosciuto in Abruzzo.

I due vengono arrestati per un equivoco e, nel periodo in cui

sono costretti alla convivenza in cella, Berardo sviluppa una

notevole maturazione politica.

Questo suo nuovo impegno morale lo porta ad autoaccusarsi

di essere il "Solito Sconosciuto", ossia un sostenitore attivo

della resistenza.

Torturato, Berardo subisce un'atroce morte, che sarà fatta

passare per suicidio.

I fontamaresi fondano il "Che fare?", un giornale in cui

denunciano i soprusi subiti e l'ingiusta morte del loro compaesano.

Il regime però reprime tutto mandando una squadraccia della

Milizia a Fontamara, che fa strage di abitanti.

Alcuni fontamaresi si salvano e tra loro i tre narratori della

storia.

 
 
 
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