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Una terra rara per le memorie quantistiche

Post n°2168 pubblicato il 29 Aprile 2019 da blogtecaolivelli

Fonte: Le Scienze

30 luglio 2018

Una terra rara per le memorie quantistiche  (Cortesia: Unige) 

L'itterbio, un elemento delle cosiddette

terre rare, è l'ideale per realizzare memorie

quantistiche in grado di intrappolare e

sincronizzare ad alta frequenza i fotoni che

garantiscono una crittografia delle

comunicazioni digitali(red)

computer sciencemateriali

Una rete di computer che basano il loro

funzionamento sulla meccanica quantistica,

con una capacità di calcolo inarrivabile per

le macchine attuali basate sull'elettronica.

E anche impossibili da violare senza distruggere

l'informazione stessa.

È uno degli obiettivi della computer science, e

da oggi sembra più vicino, grazie al risultato 

descritto su "Nature Materials" da ricercatori

dell'Università di Ginevra in collaborazione con

il CNRS francese.

Cuore del risultato è una memoria quantistica

a base dell'elemento chimico itterbio, che soddisfa

importanti richieste tecniche che erano fuori portata.

La crittografia quantistica oggi usa fibre ottiche

lunghe centinaia di chilometri, protette da un

elevato grado di sicurezza.

Chi volesse infatti copiare o intercettare l'informa-

zione che trasmettono determinerebbe la

scomparsa dell'informazione stessa.

La volatilità dell'informazione veicolata da

questi sistemi rende tuttavia anche impossibile

amplificare il segnale e propagarlo su distanze

ancora più lunghe.

Una terra rara per le memorie quantistiche

Particolare del dispositivo che ha testato la

nuova memoria a base di itterbio.

(Cortesia: Unige) Per aggirare il problema, i 

ricercatori stanno lavorando su memorie quantistiche

in grado di catturare i fotoni che viaggiano attraverso

le fibre ottiche e di sincronizzarli in modo da poterli

diffondere su distanze sempre più grandi.

Ma finora è mancato un materiale giusto per

questo scopo.

"La difficoltà era trovare un materiale in grado

di isolare dai disturbi ambientali l'informazione

quantistica veicolata dai fotoni, in modo da tenerli

fermi per un secondo circa e poterli sincronizzare",

ha commentato Mikael Afzelius, coautore dello

studio.

"Inoltre, bisogna considerare che i fotoni

viaggiano a quasi 300.000 chilometri al secondo".

In altre parole, il materiale dovrebbe essere

assai ben isolato dal contesto e in grado di

immagazzinare ripetutamente fotoni con

un'altissima frequenza. E queste due richieste

sono in contrasto tra loro.

L'idea dei ricercatori che si occupano di questo

campo d'indagine è usare qualche membro delle

cosiddette terre rare, un gruppo di 17 elementi.

Alcuni test effettuati in passato con elementi

come europio e praseodimio però avevano dato

risultati negativi.

"Così ci siamo rivolti a un elemento che finora

aveva ricevuto scarsa attenzione: l'itterbio, che

ha numero atomico 70", ha spiegato Nicolas Gisin.

Collocando l'itterbio in un campo magnetico con

caratteristiche opportune gli autori hanno osservato

che l'atomo di questo elemento diventa insensibile

ai disturbi ambientali.

Ciò lo rende la soluzione ideale per intrappolare

i fotoni e sincronizzarli.

Gli autori hanno trovato in sostanza un 'punto

magico' variando l'ampiezza e la direzione del

campo magnetico: in corrispondenza di questo

punto, il tempo di coerenza dell'itterbio, cioè il

tempo medio dopo il quale l'atomo viene disturbato

dall'ambiente circostante, aumenta di oltre 1000

volte, pur lavorando ad alte frequenze.

Raggiunto questo risultato, la prospettiva è 

realizzare memorie e reti quantistiche a base

d'itterbio.

"Questo materiale apre la strada alla possibilità

di ottenere un network quantistico globale: è da

sottolineare quanto sia importante in questo tipo

di studi portare avanti la ricerca fondamentale

parallelamente a quella applicativa", hanno

concluso i ricercatori.

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