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Post n°3079 pubblicato il 10 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Il congiuntivo è il modo che esprime la volizione, il potenziale, il dubbio. Ha quattro tempi: presente, imperfetto, passato e trapassato. Lo troviamo soprattutto nelle subordinate (causali, temporali, consecutive, esclusive, concessive, restrittive, ipotetiche, relative, avversative, eccettuative, comparative, finali) e il tempo dipende largamente dal tempo del verbo della principale. Troviamo il congiuntivo anche in qualche frase semplice: nelle volitive (congiuntivo esortativo o permissivo) e nelle ottative. Talvolta esso si alterna con l'indicativo, in determinati registri linguistici. In particolare, il congiuntivo è da preferire nell'italiano scritto, senza che per forza indichi letterarietà; nell'italiano parlato, invece, si tende a utilizzare maggiormente l'indicativo, soprattutto per la seconda persona singolare. Questo avviene anche per stabilire una differenza tra le prime tre persone (che io senta, che tu senta, che egli senta) senza obbligatoriamente dover menzionare il soggetto. In italiano esistono:
Es. Desidero che voi cantiate tutti insieme.
Es. I politici dicono che in futuro ci sarà meno povertà.
Es. Ammetto che sei un ragazzo maturo; (con il senso di "riconoscere") Ammettiamo che Giovanna non esca domani, cosa fareste? (con il senso di "supporre")
Es. Non penso che debba cantare lui; Come possiamo pensare che la vita sia solo tempo e spazio? Che Giovanni cantasse in quel modo, già lo sapevo; Vorrei che tu non perdessi l'occasione.
Es. Penso che canterete divinamente. Nonostante molti grammatici parlino di "crisi" e di "morte" del congiuntivo, la situazione non sembra essere così tragica, in generale. Certo, si registra un forte aumento dell'indicativo in completive, interrogative indirette e ipotetiche, ma soprattutto nel parlato. Nel caso si dovesse trovare nei testi scritti qualche indicativo al posto del congiuntivo poi, la cosa non dovrebbe impensierire perché spesso si tratta di un'alternanza per ragioni stilistiche, per ottenere un registro più sorvegliato o perché richiesto da particolari reggenze del verbo. È lo stesso Serianni a ricordarlo. L'importante è conoscere la regola e trasgredirla con consapevolezza in base all'occasione d'uso. Rossella Monaco |
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