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Pleistocene Park.

Post n°3167 pubblicato il 09 Luglio 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet
  • Come i bisonti ci salveranno dai cambiamenti climatici. La visione del Pleistocene Park

Come i bisonti ci salveranno

dai cambiamenti climatici.

La visione del Pleistocene Park

L'obiettivo del Pleistocene Park è ristrutturare l'antico ecosistema

con la reintroduzione di grandi erbivori, necessari per rendere

nuovamente fertile la tundra artica © Pleistocene Park8 maggio 2018,

 di Lorenzo Brenna

In Siberia due scienziati stanno rigenerando un antico ecosistema

reintroducendo grandi erbivori con un sogno: fermare lo scioglimento

dei ghiacci.

Fino a poche migliaia di anni fa le steppe della Siberia brulicavano di

vita, come le savane del Serengeti.

Renne, cavalli selvatici, antilopi, rinoceronti lanosi, antilocapre e mammut

pascolavano nelle vaste praterie, rendendo fertile il suolo e favorendo la

crescita della vegetazione.

Poi il riscaldamento del clima e l'avvento dell'Homo sapiens, piccolo

primate glabro dalla straordinaria adattabilità e dall'insaziabile appetito,

hanno portato al rapido declino della megafauna, provocando l'estinzione

di numerose specie e trasformando la Siberia nello sterile deserto di

ghiaccio che conosciamo oggi.

Alla fine degli anni Ottanta però, un ecologo visionario, Sergey Zimov,

ha voluto provare a invertire questa situazione e riportare indietro le

lancette del tempo dando vita a quello che lui stesso ha definito "il più

grande progetto nella storia dell'umanità", il Pleistocene Park.

Bisonti che pascolano nel Pleistocene park

Ritorno all'era dei mammut

Creato nella Siberia nord orientale, nei pressi di Čerskij, Jacuzia, il

Pleistocene Park è un radicale e articolato progetto di geoingegneria.

L'obiettivo dei due scienziati che gestiscono il parco, padre e figlio,

Sergey e Nikita Zimov, è di rigenerare l'ecosistema di 10mila anni fa,

durante il Pleistocene appunto, e rendere nuovamente fertili e ricche

di vita le steppe siberiane.

Durante quell'era geologica vaste aree del pianeta erano ricoperte da

praterie erbose, una sorta di versione fredda della savana africana,

caratterizzate da una stupefacente biodiversità.

Il Pleistocene Park è stato fondato nel 1996 e da allora è in costante

espansione, l'obiettivo è che continui a diffondersi attraverso la Siberia

artica per poi giungere in Nord America.

La fauna del Pleistocene Park

Nel 1988 la rinaturalizzazione dell'area iniziò con il rilascio del cavallo

siberiano, lo yakut, che si ritiene essere strettamente imparentato con i

cavalli selvatici che vivevano nella regione verso la fine dell'Era Glaciale.

Dopodiché furono reintrodotti buoi muschiati, bisonti e cervi, mentre

renne, alci e pecore selvatiche delle nevi (Ovis nivicola) vivevano già

nella zona, così come linci, lupi, orsi e ghiottoni.

Zimov e il suo team stanno valutando la possibilità di reintrodurre

numerose altre specie che una volta vivevano nella regione, o che

sono strettamente correlate a quelle che ne facevano parte.

Tra queste la saiga tatarica, il cammello, il leopardo dell'Amur, tigri

siberiane e leoni.

Il Pleistocene Park salverà il mondo

Gli erbivori reintrodotti, come previsto dagli esperimenti di Zimov, stanno

trasformano in steppa erbosa i muschi e i licheni della tundra.

La sua ipotesi prevede che il ripristino della prateria ridurrà infatti

il riscaldamento globale.

Proprio questo è l'obiettivo principale dell'intero progetto, rallentare lo

scioglimento del permafrost ed evitare che le grandi quantità di CO2

 intrappolate nel ghiaccio si immettano nell'atmosfera.

"Non sono uno di quegli scienziati pazzi che vogliono solo rendere il

mondo più verde - ha spiegato Nikita Zimov all'Atlantic. -

Voglio soltanto provare a risolvere il grande problema dei cambiamenti

climatici. Lo faccio per gli umani. Ho tre figlie e lo faccio per loro".

Animali contro il riscaldamento globale

Il ritorno dei grandi mammiferi che un tempo abitavano le steppe sta

modificando l'ecosistema e ha rimesso in modo meccanismi ecologici 

inceppatisi migliaia di anni fa.

Gli erbivori brucano infatti l'erba contribuendo al riciclo dei nutrienti,

concimano il terreno e lo smuovono con il loro incedere.

In questo modo gli animali contribuiscono a rallentare il disgelo del

permafrost artico.

Gli ecosistemi delle steppe hanno svolto un ruolo importante nella definizione

del clima del pianeta.

Durante le glaciazioni la tundra era il principale serbatoio di carbonio, mentre

durante il periodo di riscaldamento climatico ha rilasciato nell'atmosfera

migliaia di tonnellate di CO2.

Quando le praterie sono rimaste senza erbivori gli ecosistemi hanno iniziato a

degradarsi fino ad essere sostituiti dai moderni ecosistemi a bassa produttività,

in cui le popolazioni animali non sono più riuscite a recuperare l'antica densi

tà.

Gli ecosistemi delle steppe erano estremamente stabili, poiché si sono evoluti in

centinaia di migliaia di anni e sono sopravvissuti a diverse alterazioni climatiche.

L'alta densità di animali consentiva solo alle erbe di crescere a discapito di arbusti,

muschi e alberi © Pleistocene Park

Come è nato il Pleistocene Park

Il Pleistocene Park è un progetto visionario e ambizioso, abbiamo chiesto a Nikita

Zimov, direttore della riserva, come è nata l'idea.

"L'idea è nata da mio padre, ci sono due versioni che conosco.

Non sono sicuro che nessuna delle due sia vera.

La prima vuole che abbia notato che, laddove venivano distrutte la tundra o la

foresta locale, le erbe cominciavano a crescere con vigore.

Quando il trasportatore cingolato che mio padre manovrava attraversava la

tundra, il sentiero che apriva restava visibile per anni, poiché i muschi

 veivano sostituiti dall'erba.

Penso che sia stata la prima intuizione. Da allora l'idea del Pleistocene

Park ha iniziato a svilupparsi.

Quando mio padre ha iniziato i primi esperimenti, nel 1988, non si parlava

neppure di cambiamenti climatici né tantomeno era considerato l'effetto

degli animali sulla vegetazione. La seconda versione è più divertente.

Quando mio padre era adolescente era un appassionato di caccia.

Aveva l'abitudine di passare il tempo con una pistola da lui stesso costruita

in cerca di qualche preda.

Quando, dopo l'università, si è traferito al Nord, ha capito che gli animali

erano davvero pochi e il territorio denso di arbusti quasi impossibile da

attraversare.

Da testardo qual è ha dunque iniziato a pensare a come trasformarlo in un

luogo facile da percorrere e  con un sacco di prede.

Tuttavia da quando sono nato raramente ricordo che mio padre sia andato

a caccia".

Il ritorno del mammut dall'estinzione

Per l'effettiva ristrutturazione dell'ecosistema del tardo Pleistocene manca

però il signore dei ghiacci, il mammut lanoso.

L'idea di resuscitare l'antico pachiderma, estraendo materiale genetico dalle

carcasse congelate rinvenute per iniettarlo negli ovuli di elefanti asiatici,

viene oggi presa in seria considerazione.

La de-estinzione di un animale scomparso circa 3.700 anni fa può naturalmente

suscitare domande di natura etica, non sarebbe però un capriccio o una trovata

pubblicitaria, il mammut sarebbe infatti determinante per completare la

transizione verso le fertili steppe passate.

I mammut, così come fanno oggi gli elefanti africani, abbattevano gli alberi

favorendo la crescita delle praterie erbose del Nord. Nel 2017 il genetista

George Church ha dichiarato di poter creare un embrione con genoma ibrido

di elefante e mammut entro un paio di anni.

Abbiamo chiesto a Nikita Zimov se, davvero, un giorno potremmo vedere i

mammut pascolare nelle steppe della Siberia.

"Non speculerò sulla possibile data in cui questo accadrà - ha affermato - ma

penso che non ci siano irrisolvibili problemi scientifici per farlo accadere". 

Dopotutto non sarebbe necessario ricreare dei veri mammut, che in fondo

erano membri adattati al freddo della famiglia degli elefanti, "basterebbe"

modificare i genomi dei moderni elefanti, come la natura ha modificato quelli

dei loro antenati in centinaia di migliaia di anni.

Raccolta fondi per portare bisonti al Pleistocene Park

L'ultimo bisonte in Siberia fu ucciso circa 10mila anni fa, oggi, grazie agli

sforzi di Nikita Zimov e suo padre, questi poderosi erbivori sono tornati in

Russia e l'obiettivo è incrementarne la popolazione.

Il prossimo mese dodici cuccioli di bisonte voleranno dall'Alaska al Pleistocene Park.

Per finanziare la costosa operazione di trasporto i due scienziati hanno lanciato

una campagna di crowdfunding sulla piattaforma IndieGoGo.

È un'opportunità concreta per supportare questo straordinario progetto e contribuire

a provare a salvare il pianeta dai cambiamenti climatici.

Correggere gli errori passati

Il Pleistocene Park rappresenta una speranza per il futuro e un'opportunità per

correggere gli errori fatti in passato, quando la nostra specie ha portato all'estinzione

troppe specie animali spezzando cascate trofiche mai più ripristinate.

Oggi il numero di esseri umani è in crescita esponenziale, esistono tuttavia ancora

vaste aree inadatte all'agricoltura che possono essere rinaturalizzate, offrendo rifugio

alla fauna selvatica e contribuendo a immagazzinare carbonio.

Oltre venti anni fa un uomo che viveva ai confini del mondo, nel cuore della

steppa siberiana, ha avuto un'idea folgorante, "ricreare" l'Era Glaciale per

rallentare i devastanti effetti dei cambiamenti climatici.

Oggi quell'idea viene portata avanti da suo figlio e il futuro del pianeta è anche

nelle sue mani.

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