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Messaggi del 05/05/2020
Post n°2874 pubblicato il 05 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Anche l'uso della carta igienica ha la sua storia. Infatti, si potrebbe pensare che quest'uso sia stato fata dalla notte dei tempi. E invece no. I Romani usavano il tersiorium che non era precisa- mente uno scopetto con la ..funzione moderna ma nell'articolino di seguito vi è una spiegazione esauriente e scientifica.
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Post n°2873 pubblicato il 05 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Cosa si usava nell'antica Roma come carta igienica? Nell'antica Roma, al posto della carta igienica, si usava un particolare attrezzo simile allo scopino dei nostri bagni, che veniva condiviso nelle latrine pubbliche. Non era ancora stata inventata la carta igienica, ma gli antichi romani sapevano come pulirsi alla toilette. Secondo diversi studiosi, al posto della carta, nei gabinetti dell'antica Roma, si utilizzava un particolare utensile igienico chiamato tersorium. SPUGNA E MUSCHIO. Si trattava di una spugna marina infilata su di un bastone, che veniva condivisa da chi utilizzava la latrina pubblica. L'attrezzo, che era utilizzato anche come scopino, veniva poi pulito in un secchio con acqua e aceto (con buona pace dell'igiene, poiché un simile trattamento non serviva di certo a sanificare lo strumento). Al posto della spugna, i soldati romani a volte utilizzavano anche il muschio, che però (per fortuna) era usa e getta. COME UNA SPADA. Proprio un tersorium viene menzionato da Seneca. Il filosofo romano, in una lettera delle Epistulae morales ad Lucium (62 - 65), racconta che, alla metà del I secolo, un gladiatore germanico usò questo attrezzo per suicidarsi. Rimasto finalmente solo e senza sorveglianza per andare in bagno prima di un'esibizione in anfiteatro, la usò come una lancia, infilandosela in gola fino a soffocare. Oggi si trova un tersorium raffigurato nelle Terme dei Sette Sapienti a Ostia, l'antico porto di Roma, in un affresco del II secolo. |
Post n°2872 pubblicato il 05 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet La stella che danza attorno a un buco nero pronto a mangiarla C'è una stella che gira intorno a un buco nero da cui viene lentamente divorata: ogni 9 ore il gigante strappa via parte della stella, producendo lampi di raggi X. La rappresentazione artistica di un buco nero. Quando i buchi neri inghiottono grandi quantità di materia (gas e polveri) non passano certo inosservati agli astronomi, perché in queste occasioni irradiano grandi quantità di raggi X generati dal riscaldamento del materiale aspirato dal buco nero stesso. La loro intensità è così elevata da potersi rilevare fin dalla Terra. Ma fin qui, nulla di nuovo. Ciò che invece è inusuale è che uno di essi, a un certo punto, inizi a farlo a cadenze regolari. È quanto hanno rilevato gli astronomi l'anno scorso per un buco nero che si trova nel cuore di una galassia a 250 milioni di anni luce da noi: ogni nove ore, un bagliore a raggi X molto intenso seguito da assenza di emissioni e così via. LA SOLUZIONE! Ora, dopo uno studio durato mesi, l'astronomo Andrew King dell'Università di Leicester nel Regno Unito pensa di aver identificato la causa: si tratterebbe di una stella "morta", che è stata catturata e intrappolata su un'orbita ellittica attorno al buco nero, vicino al quale si ritrova a passare ogni nove ore. A ogni passaggio ravvicinato, il buco nero assimila un po' del materiale della stella: "un po'", si fa per dire, perché in realtà a essere letteralmente strappata via dalla stella è un'enorme quantità di gas che va a finire nel disco di accrescimento che si trova intorno al buco nero. Ogni volta che accade, si produce un lampo di raggi X. Il buco nero in questione si trova nel nucleo della galassia chiamata GSN 069 ed è relativamente "leggero" se confrontato con altri buch i neri che si trovano al centro di galassie possiede una massa di "appena " 400.000 volte la massa del Sole. Per avere un'idea, buchi neri simili hanno in genere masse pari a decine di milioni di volte la massa del Sole. Ma anche se si tratta di un esemplare di taglia ridotta, il buco nero è di quelli attivi, circondato da un disco caldo di materiale in accrescimento. E DOPO, CHE SUCCEDERÀ? Stando a King la stella che passa accanto al buco nero era una "gigante rossa", ossia una stella molto evoluta, simile alle condizione che raggiungerà il nostro Sole tra 3 o 4 miliardi di anni; il periodico passaggio ravvicinato ha accelerato l'evoluzione finale verso la fase di "nana bianca", che possiamo immaginare come il nucleo ormai morto di una stella che ha terminato tutto il combustibile nucleare e che oggi ha una massa pari a 0,21 volte quella del Sole. Secondo lo scienziato la stella dovrebbe rimanere in questa orbita per miliardi di anni, perdendo continuamente massa a causa dell'azione del buco nero, finché assumerà la massa come quella di un pianeta come la Terra o Venere. Qui sotto, la "danza" di due buchi neri, in una recente animazione prodotta dalla Nasa: 30 APRILE 2020 | LUIGI BIGNAMI |
Post n°2871 pubblicato il 05 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Open Heritage: un viaggio virtuale tra meraviglie archeologiche Il più ampio archivio digitale e in 3D di monumenti a rischio è ora accessibile a tutti ed esplorabile online: così si tutelano le opere architettoniche da catastrofi naturali, guerre e distruzione. Le scansioni del sito archeologico di Bagan, in Myanmar. | Quando nel 2001 Ben Kacyra, ingegnere statunitense di origini irachene, vide le immagini dei celebri Buddha di Bamiyan, in Afghanistan, fatti saltare in aria dai talebani, rimase profondamente turbato. In pochi istanti la follia dell'uomo aveva cancellato ogni traccia di statue con 1.500 anni di storia, delle quali non ci sarebbe stata più alcuna documentazione. Quell'esperienza maturò in Kacyra, inventore del primo laser a scansione 3D portatile, l'idea di fondare CyArk (dalle prime sillabe di "archivio" e "cibernetico"), un'arca digitale per la tutela dei beni storici da terrorismo, incendi, terremoti, alluvioni, incuria, erosione. COME È ANDATA A FINIRE. Di quel progetto per sviluppare l'archivio digitale 3D dei monumenti a rischio più vasto e completo al mondo vi avevamo dato conto poco più di due anni fa. Oggi Google Arts & Culture ha avviato una collaborazione con CyArk per rendere questo materiale accessibile a tutti, navigabile da pc e smartphone ed esplorabile con la realtà virtuale. Le ricostruzioni realizzate con gli scanner a laser dal team di archeologi e volontari di CyArk (ricercatori, addetti di musei e volontari, disponibili ad addentrarsi anche in luoghi a rischio, come i teatri di guerra) erano già disponibili per gli addetti ai lavori, che su queste mappe ultra-dettagliate, con precisione millimetrica, potevano basare i lavori di restauro (ove l'opera fosse ancora presente) o le ricostruzioni storiche nel caso fosse andata distrutta (qui alcuni dettagli sulla realizzazione delle scansioni). Scansioni laser a Teotihuacan, a 40 km da Città del Messico. CYARK/GOOGLE ARTS & CULTURE IL GIRO DEL MONDO. Per questo nuovo progetto online, denominato Open Heritage, sono stati sviluppati, a partire dai dati raccolti, complessi modelli 3D in cui potrete addentrarvi visitando anche le parti più interne dei monumenti, da mobile o con un visore per la realtà virtuale: per ora potete visitare, restando seduti alla scrivania, 25 luoghi simbolo di tutto il mondo appartenenti a 18 paesi, come il Palazzo di Al Azem a Damasco, in Siria, da anni in un teatro di guerra, l'antica Metropoli Maya di Chichen Itza in Messico, esposta all'usura del tempo e dei turisti, o l'antica città di Bagan, in Myanmar, danneggiata da un terremoto nel 2016. Fortunatamente, primache il sisma danneggiasse parte di questa gloriosa capitale (nella foto in apertura), il team di CyArk aveva scansito i monumenti, che sono ora visitabili, virtualmente, anche all'interno (qui la ricostruzione virtuale dell'intera esperienza a Bagan). Sarà possibile esplorare inoltre l'antica città di Corinto, o i dipinti rupestri di Laas Geel, in Somalia, sopravvissuti a 5.000 anni di storia e minacciati dall'instabilità politica. Potete divertirvi a passeggiare tra queste e altre meraviglie a rischio navigando sul sito di Open Heritage o scaricando l'apposita app Modello 3D dell'antica città di Corinto. | CYARK/GOOGLE ARTS & CULTURE OPEN ACCESS. Con questo progetto Google Arts & Culture, che ha già portato online le collezioni di oltre 1.500 musei in 70 diversi Paesi, inaugura in grande stile il capitolo sull'archeologia in 3D. Oltre ad essere utilizzati a scopo divulgativo, i dati potranno essere scaricati dagli addetti ai lavori e utilizzati per ragioni di studio, come la conservazione dei monumenti. |
Post n°2870 pubblicato il 05 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Antico Egitto: pitture rupestri di 12.000 anni fa in una grotta nel Sinai Migliaia di scene in una grotta al di fuori di ogni rotta commerciale, perciò ancora integre, ben conservate: mani, animali, figure umane disegnate nell'Antico Egitto in un lungo arco di tempo. Antico Egitto, pitture rupestri in una grotta del Sinai. | MINISTERO DEL TURISMO E DELLE Spettacolari pitture rupestri, di molti periodi diversi, sono state rinvenute in una grotta nel Sinai (Egitto), in un eccezionale stato di conservazione - favorito sia dal clima sia dal fatto che la grotta, relativamente piccola e con un accesso oggi piuttosto disagevole, nel corso del tempo è venuta a trovarsi fuori da ogni percorso commerciale e storico, conservando così tesori dell'Antico Egitto. Il centro abitato più vicino, Santa Caterina, ai piedi dell'omonimo monastero, si trova a circa 30 chilometri di distanza e conta poche migliaia di abitanti, e a poche decine di chilometri si trova anche il sito archeologico di Sarabit el-Khadem, che è ciò che resta di un insediamento noto nell'antichità per le cave di pietre preziose, in particolare per il turchese. La scoperta è stata illustrata dal Ministero del Turismo e delle Antichità egiziano con un post su Facebook. Antico Egitto, deserto del Sinai: l'ingresso della grotta dove sono state trovate migliaia di pitture rupestri di molti periodi differenti . | MINISTERO DEL TURISMO E DELLE ANTICHITÀ DELL'EGITTO MOLTE PAGINE DI STORIA. Sulle pareti della grotta le pitture sono per lo più di colore rosso scuro e, stando alle prime datazioni, hanno un'età compresa tra i 10.000 e i 5.500 anni avanti Cristo, mentre sul soffitto vi sono scene più recenti, risalenti anche a circa 3.200 anni prima di Cristo. Sono per lo più animali, in particolare asini, ma sono raffigurati anche soggetti femminili e un gran numero di mani.
Nella grotta sono stati trovati numerosi resti di animali: ciò significa, secondo gli archeologi, che era utilizzata come rifugio dai nomadi. Le autorità egiziane hanno fatto sapere che le ricerche continueranno a lungo anche nell'area circostante, perché la scoperta è tra le più significative per quantità e qualità delle pitture, anche se non sono le più antiche mai ritrovate nel Paese, che risalgono a 17.000 anni fa. 9 MARZO 2020 | LUIGI BIGNAMI |
Post n°2869 pubblicato il 05 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Per Pitagora e per i suoi seguaci era vietato mangiare le fave: perché mai? È la trentasettesima delle trentanove "regole" pitagoriche: non mangiare le fave. Ma perché il celebre filosofo e matematico greco Pitagora seguiva (e imponeva) questo divieto? Astenersi dal mangiarle faceva parte del percorso di purificazione perseguito da Pitagora (filosofo greco vissuto alla fine del VI secolo a.C.) e dai suoi discepoli. SIMBOLISMI. All'origine del divieto ci potrebbero essere ragioni sia pratiche sia simboliche: poteva trattarsi di una precauzione contro il favismo (grave forma di anemia causata dall'ingestione di fave), oppure semplicemente questo legume era considerato impuro. La fava ha infatti uno stelo privo di nodi, e questo la faceva ritenere in contatto con il mondo sotterraneo dell'Ade: le anime sarebbero risalite sulla Terra dall'aldilà proprio attraverso la fioritura della fave. Non a caso, le fave erano utilizzate nei rituali del culto dei morti. Ai pitagorici era persino proibito toccarle, e sembra che lo stesso Pitagora, inseguito dai sicari del tiranno Cilone, abbia preferito farsi uccidere piuttosto che attraversare un campo di fave. |
Post n°2868 pubblicato il 05 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet L'FBI e il mistero della mummia decapitata Un'antica tomba egizia violata e una testa rimasta a lungo senza nome (né genere): ecco come è stato risolto un cold case durato 4.000 anni. La testa senza corpo è conservata dal 1921 al Museum of Fine Arts di Boston. Ma a chi apparteneva? | I medici forensi del Federal Bureau of Investigation (FBI) potrebbero avere appena risolto un mistero che si trascina da più di un secolo, e che riguarda una mummia egizia decapitata vecchia 4000 anni. L'enigma ebbe inizio nel 1915, quando un gruppo di archeologi al lavoro nella necropoli di Deir el-Bersha, nella Valle del Nilo (Egitto), riuscì ad accedere, con l'aiuto della dinamite, a una tomba rimasta fino ad allora nascosta. All'interno, una macabra scoperta: la testa senza corpo di una mummia giaceva appoggiata su una bara in legno di cedro. QUIETE VIOLATA. La stanza, ribattezzata Tomba 10A, era il luogo di riposo finale del governatore Djehutynakht e della moglie, che attorno al 2000 a.C., nella fase del Medio Regno, amministrarono una provincia dell'alto Egitto. Ma più che a un sepolcro, quel luogo somigliava a una scena del crimine: a un certo punto nell'arco dei 4000 anni precedenti, alcuni ladri di tombe avevano fatto irruzione nella camera, rubato ori e gioielli e lasciato il corpo decapitato di uno dei due morti abbandonato in un angolo. IDENTITÀ MISTERIOSA. A chi apparteneva quella salma (o se preferite: quella testa)? Al governatore o alla moglie? Inutile sperare di capirlo dai lineamenti del viso. La TAC del cranio avvolto dalle bende, eseguita nel 2005 al Massachusetts General Hospital, rivelò che mancavano gli zigomi e parte delle mascelle, indispensabili per risalire al genere del malcapitato/a. Era necessario un esame del DNA, ma estrarne un campione analizzabile da un corpo rimasto per 4000 anni al caldo, in una tomba, si è rivelata, nel tempo, un'impresa tutt'altro che semplice, che ha visto fallire diversi gruppi di ricerca. L'estrazione di un dente dalla testa della mummia nel 2009: il reperto era essenziale per le analisi del DNA. | MUSEUM OF FINE ARTS NELLE MANI GIUSTE. Finché il molare della mummia non è arrivato nell'ufficio di Odile Loreille , a Quantico, Virginia. Prima di collaborare con l'FBI, la ricercatrice aveva dedicato per 20 anni allo studio di DNA antichissimo e danneggiato. Era riuscita a estrarre materiale genetico dai resti di un orso delle caverne vissuto 130 mila anni fa, aveva lavorato ad alcuni casi di vittime anonime della Guerra di Corea, all'identificazione di un piccolo naufrago del Titanic e di due bambini della famiglia Romanov assassinati durante la Rivoluzione Russa. IL PROCEDIMENTO. Rimasta sola con la testa, Loreille ha perforato il dente, estraendone alcuni milligrammi di polveri. Quindi ha mischiato quanto ottenuto con un liquido che le ha permesso di amplificare la quota di DNA disponibile (ossia creare copie multiple delle sequenze da studiare), portandola così a livelli più facilmente analizzabili. A questo punto, per capire se quello estratto fosse in effetti il DNA della mummia o soltanto quello dei ladruncoli (e degli archeologi) che l'avevano toccata, ha valutato quanto il codice genetico che aveva per le mani fosse danneggiato. I segni di una forte compromissione - come quella causata da 4000 anni di storia - hanno confermato che si trattava del DNA della mummia. MASCHIO O FEMMINA? Infine, ha dato in pasto i dati acquisiti ad un software per l'analisi della percentuale di cromosomi. «Nel caso di femmina ci sono più X. Nel caso di maschio, X e Y» ha spiegato la scienziata al New York Times, che sul caso ha pubblicato un bel reportage. Il responso è stato inequivocabile: maschio. Si trattava quindi della testa del governatore. INCORAGGIAMENTO. Al di là della chiusura del caso, il lavoro è stato importante perché dimostra che è possibile estrarre e analizzare il DNA di reperti anche molto antichi, come quelli egizi. È una delle prime volte, ma non la prima in assoluto: proprio lo scorso anno, la prima estrazione del DNA mitocondriale di mummie egizie avvenuta con successo ha dimostrato che queste antiche popolazioni erano più simili agli attuali mediorientali ed europei che ai moderni abitanti dell'Egitto (più vicini invece ai popoli dell'Africa subsahariana). |
Post n°2867 pubblicato il 05 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
I tatuaggi sono più antichi di quanto si credesse Trovati sul corpo di due mummie conservate al British Museum di Londra i tatuaggi più antichi al mondo: risalirebbero a circa 5000 anni fa. Tatuaggio rinvenuto sulla donna di Gebelein, una mummia di 5,000 anni fa oggi alla collezione del British Museum. | BRITISH MUSEUM Quelli che si ritiene siano i tatuaggi più antichi del mondo sono stati ritrovati sul corpo di due mummie egizie risalenti a 5.000 anni fa. Raffigurano un toro con delle lunghissime corna, una pecora nordafricana e dei motivi, forse tribali, a forma di S. La scoperta è importante perché retrodata le pratica dei tatuaggi di almeno 1.000 anni. Finora infatti si credeva che i tatuaggi più antichi fossero quelli della mummia di Ötzi (3370 e il 3100 a.C. ). A darne l'annuncio sul Journal of Archaeological Science è stato il coordinatore dello studio, Daniel Antoine, che lavora al British Museum dove le due mummie, un uomo e una donna, sono conservate.
Il primo tatuaggio: un toro con delle lunghe corna e una pecora barbaresca. Il disegno fu inciso con la fuliggine sulla spalla. | BRITISH MUSEUM TATTOO ALL'EGIZIA. Sono vissute tra il 3351 e il 3017 a.C. nell'Antico Egitto e furono trovate circa un secolo fa a Gebelein (40 km a sud di Luxor). Si trovavano in tombe poco profonde, ma si conservarono grazie all'aridità e alla salinità del deserto. La mummia maschile è di un ragazzo morto tra i 18 e i 21 anni, probabilmente per una pugnalata alla schiena. Le recenti scansioni all'infrarosso fatte sul suo corpo hanno permesso di capire che quelle che sembravano semplici macchie scure sul braccio erano in realtà tatuaggi. O meglio due disegni leggermente sovrapposti che raffiguravano un toro con una lunga coda e delle corna elaborate (forse un uro) e una pecora nord africana con le corna ricurve. Secondo gli studiosi potevano essere simboli di fertilità e virilità. Anche sulla mummia femminile è stato trovato un tatuaggio. Sulla spalla destra infatti ha quattro piccoli motivi a forma di S e un disegno che potrebbe raffigurare dei bastoni usati nelle danze rituali. A COSA SERVIVANO? La scoperta rimette in dicussione alcune convinzioni diffuse: oltre a retrodatare di un millennio la pratica dei tatuaggi in Africa, mette infatti in crisi un'altra convinzione secondo cui i tatuaggi erano una prerogativa solo maschile. Di certo oggi sappiamo che erano ottenuti incidendo la pelle forse con delle spine e colorandola con un inchiostro ottenuto con la fuliggine. Averli era uno status symbol utilizzato da uomini e donne per esprimere il proprio stato sociale, ma era anche un modo per mostrare coraggio e mettere in evidenza le proprie conoscenze magiche. |
Post n°2866 pubblicato il 05 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Un terzo delle mummie animali egizie sono vuote. Ma perché? Lo rivelano le analisi ai raggi X di centinaia di bende: una truffa? Forse. Ma l'ipotesi prevalente è che la domanda di offerte votive fosse talmente alta, che ci si accontentava di poco (o niente). Mummia di coccodrillo esposta al Museo della mummificazione di Luxor, Egitto. | VISUALS UNLIMITED/NATURE PICTURE Un ampio progetto di scansione di antichi reperti archeologici del Museo e dell'Università di Manchester rivela un risvolto segreto della pratica egizia di mummificazione degli animali. Un terzo delle bende dalle sembianze di gatto, ibis o coccodrillo è in realtà completamente vuoto, sin dalla sua fabbricazione. L'ipotesi dei ricercatori è che la domanda di mummie animali, usate come offerte votive alle divinità, avesse superato la disponibilità di corpi, e che gli imbalsamatori si arrangiassero come potevano. VEDERE ATTRAVERSO. I ricercatori del Centre for Biomedical Egyptology dell'Ospedale di Manchester hanno analizzato ai raggi X e con tomografia computerizzata 800 mummie animali raccolte in scavi egizi tra il 19esimo e il 20esimo secolo. Il progetto, riassunto nel video qui sotto, è stato documentato dal programma televisivo BBC Horizon. LO "SCANDALO" DELLE MUMMIE VUOTE (0:46) RIPIENO A SORPRESA. Un terzo delle mummie studiate contiene resti animali molto ben conservati; un terzo cela residui parziali e un terzo non nasconde alcun resto animale, ma fango, bastoncini, canne vegetali insieme a materiali associati agli animali venerati, come gusci d'uovo o piume. BUSINESS RELIGIOSO. Una truffa ai danni dei fedeli che acquistavano le mummie prima di recarsi a pregare? Non è da escludere. «Le mummie animali erano offerte votive e rappresentavano una forma di connessione con le divinità animali venerate dagli egizi» spiega Campbell Price, curatore della sezione egizia del museo. «Oggi si accende una candela in una cattedrale. Nell'antico Egitto si acquistava una mummia animale con un sistema di baratto, la si affidava a un sacerdote che la seppelliva in gruppo con mummie dello stesso tipo». ALLEVATI APPOSTA. Il rito era talmente diffuso - specialmente tra l'800 a.C. e l'epoca romana - che in 30 vaste catacombe scoperte in Egitto sono state rinvenute 70 milioni di piccole mummie animali accatastate l'una sopra l'altra. Si può supporre che la domanda fosse talmente alta che ci fossero appositi sistemi di allevamento di animali (trampolieri, falchi, scoiattoli, gatti, coccodrilli del Nilo) destinati al triste scopo. NESSUN INGANNO. Ma l'ipotesi prevalente è che non si trattasse di una truffa, e che gli acquirenti sapessero bene cosa stavano comprando. «Non pensiamo fosse una forma di contraffazione» chiariscono i ricercatori «semplicemente, in mancanza di resti "veri" si usava tutto ciò che si aveva a disposizione, come pezzi di animali mummificati o pezzi di nido o di uova che in vita erano appartenuti ad essi, considerati speciali perché erano stati vicini all'animale. Spesso, le mummie più riccamente decorate sono quelle vuote». |
Post n°2865 pubblicato il 05 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Sacerdotessa o maga: la mummia egizia coperta da tatuaggi Sul corpo senza testa e senza braccia di una donna vissuta 3000 anni fa, rarissimi disegni dalle forme riconoscibili e dal potente significato religioso. Sul collo della mummia, un Occhio di Horus e due babbuini. Oltre 30 tatuaggi eseguiti in tempi diversi, e in punti particolar- mente sensibili: è il repertorio di immagini rinvenuto, grazie a moderne tecniche di analisi all'infrarosso, sulla mummia di una donna egizia tra il 1300 e il 1070 a.C. Il reperto è il primo resto umano dell'Egitto dinastico a presentare tatuaggi di forma riconoscibile, o almeno il primo in cui siamo riusciti a osservarli. Finora sono state trovate poche mummie tatuate, e per lo più con simboli stilizzati, come linee o puntini. IO TI VEDO. Anne Austin, bioarcheologa dell'università di Stanford (California), si è accorta dei tatuaggi mentre esaminava le mummie dell'Istituto francese di Archeologia Orientale, che conduce le sue ricerche a Deir el-Medina, un villaggio anticamente abitato dagli artigiani che lavoravano alle tombe della vicina Valle dei Re. «Da qualunque parte si guardi questa donna, si trova un paio di occhi divini che ti osservano», ha detto presentando i risultati del suo studio davanti all'American Association of Physical Anthropologists. L'Occhio di Horus (o di Horo), simbolo di potere e prosperità, è noto anche come Occhio di Ra. | JEFF DAHL / GFDL, WIKIMEDIA COMMONS UN INTERO BESTIARIO. I disegni in questione replicano svariate volte l'Occhio di Horus, simbolo di prosperità, potere e salute presso gli antichi Egizi; la mummia li presenta su collo, spalle e schiena, ed erano forse una protezione contro gli spiriti maligni; ma mostra anche fiori di loto sulle anche, mucche (associate alla dea Hathor, tra le principali nella religione egizia) sulle braccia e babbuini sul collo. Altri simboli sulla gola e sulle braccia dovevano conferire alla donna "poteri" sacri, mentre cantava o eseguiva rituali per Hathor. UN RUOLO IMPORTANTE. L'ipotesi è che i disegni, alcuni dei quali troppo nascosti alla vista per avere scopo decorativo, servissero ad annunciare o celebrare l'importanza della donna, forse una sacerdotessa, o la sua devozione. Alcuni tatuaggi sono più sbiaditi e antichi di altri: segno che il suo prestigio dovette crescere con il tempo. Se la donna accettò di sottoporsi così tante volte a lunghe e dolorose sedute dal tatuatore, lo scopo e l'importanza di quei simboli dovevano essere universalmente riconosciuti. |
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