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Messaggi del 07/06/2020

I segni di interpunzione.

Post n°3034 pubblicato il 07 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Il punto e virgola è oggi molto poco utilizzato.

Rispetto alla virgola indica una pausa leggermente

più lunga nella lettura e un distacco più netto tra le

parti del discorso.

In realtà essa ha una funzione sintattica molto

importante in quanto è in grado di dare al lettore

l'impressione visiva di una separazione nella forma e

di chiarire il senso della frase quando sono presenti

già tante virgole, come nelle enumerazioni molto lunghe

o per punti.

 Consigliabile il suo utilizzo quando cambia il soggetto 

della frase e in presenza di avversative con valore forte.

Giovanna beveva l'acqua; Carlo mangiava la pasta; la

mamma cantava una canzone.

Non voglio più rimanere; tuttavia, credo che tu mi voglia qui con te.

 Rossella Monaco.

 
 
 

I segni di interpunzione.

Post n°3033 pubblicato il 07 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Il punto (o punto fermo) indica generalmente una pausa forte

 all'interno del discorso, alla fine di una frase di senso compiuto.

Se dichiara un cambio di argomento, è seguito dall'a capo.

La sua nettezza rende il discorso più frammentario, sincopato.

I periodi diventano brevi e la sintassi semplice, condizioni necessarie,

ad esempio, per la scrittura sul web, per non affaticare la vista

del lettore.

La posizione di questo piccolo segno è in grado di dare una carica

emotiva differente a un messaggio.

Così la stessa frase può essere letta diversamente in base alla

punteggiatura. Se scrivessimo

Carlo è andato a casa. Non stava bene.

l'intonazione della frase presenterebbe una fase ascendente fino a "andato"

e una fase discendente fino al punto, per poi risalire e riscendere nella

proposizione successiva. Se invece la frase fosse una sola:

Carlo è andato a casa perché non stava bene.

il picco di tonalità si avrebbe all'incirca tra "casa" e "perché", in

corrispondenza della divisione del periodo, dove prima esisteva una

pausa più netta.  

Possiamo quindi notare che a seconda dell'utilizzo del punto fermo si

creano ritmi distinti all'interno del discorso e si è in grado di trattenere

l'attenzione del lettore più o meno a lungo.

Questo è vero soprattutto nei discorsi pronunciati ad alta voce, mentre

per la pagina scritta il punto funge da marcatore.

Può anche sottolineare una parola posta alla fine della frase e renderla

più evidente.

Negli ultimi anni il punto fermo ha assunto una funzione anomala.

È diventata soprattutto una questione di stile, più che di semplice ortografia.

Mio padre non si è interessato a me. Mai. Era sempre infelice. Anche io lo ero.

Come possiamo vedere, "mai" è racchiuso dai due punti fermi e questo

gli dona maggiore incisività.

La frase è molto frammentata e ci dà l'idea di una sofferenza, quasi un

singhiozzo.

È una libertà stilistica abbondantemente utilizzata anche in letteratura per

esprimere emozioni o semplicemente per definire le frasi senza troppi

orpelli.

Sono andata a letto e le stelle non c'erano più. Ho pulito per bene il vetro

della finestra, ma niente da fare. Erano sparite. (Stefano Benni

, Margherita Dolcevita, 2005).

 Il punto viene adoperato nelle abbreviazioni.

dott. à dottor

prof. à professore ("prof", senza punto, se si tratta di una parola accorciata,

come ad esempio "auto" per "automobile")

Dopo il punto va sempre la lettera maiuscola, tranne che si trovi al

centro di parole contratte:

dott.ssa à dottoressa

f.lli à fratelli

Se il punto fermo si trova dopo un'abbreviazione, non è necessario ripeterlo. 

ecc. Forse non sapete...

 Anche nelle sigle e negli acronimi troviamo il punto fermo.

D.D.L. à disegno di legge

Le sigle che possono essere lette con facilità, come se fossero parole intere

(Rai, Coin, ecc.), non hanno bisogno del punto.

Rossella Monaco

 
 
 

I segni di interpunzione.La D eufonica

Post n°3032 pubblicato il 07 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

In alcuni libri in commercio troviamo però casi di abuso

della consonante, addirittura con utilizzo arcaico della

congiunzione "o".

E molti sono gli addetti ai lavori che aggiungono la "d",

anche se non è affatto necessaria.

Si può far finta di niente od attenersi alla procedura.

Un simile impiego rende la lettura pesante e poco piacevole

oltre a dare spesso l'idea di un testo antiquato, altisonante

e inutilmente ricercato.

Può essere tollerabile nel linguaggio amministrativo e giuridico,

ma negli ultimi anni è in corso un'abolizione del burocratese

anche in questi settori, con esagerazione delle "d" eufoniche

annessa.

La regola più diffusa resta comunque l'utilizzo della "d" in raccordo

di due vocali identiche, per testi scorrevoli e amabili da ascoltare

e da leggere.


Ed entrò senza chiedere permesso.

Questo precetto è seguito dalla maggior parte degli editori.

Bisogna notare che in base alle diverse zone d'Italia la "d" eufonica

viene utilizzata in maniera differente. Sopravvive in maggior misura,

anche nel parlato, nelle regioni centrali e meridionali del nostro Paese.

È poi anche una questione generazionale.

In linea di massima, dai quarant'anni in su si tende a farne un maggiore

utilizzo, mentre nel linguaggio giovanile è sempre meno considerata.

Sono queste valutazioni generali, da prendere con le pinze.

Solitamente è l'uso che fa la norma, così, per evitare di farne un

caso di rilevanza nazionale, il comportamento più corretto da tenere

sarebbe seguire la regola della "d" tra due vocali uguali, facendo

 attenzione però alla resa musicale nella lettura, per non rischiare di cadere

nella situazione opposta: la cacofonia.

Ed Edoardo non suona bene nonostante la "d" colleghi due vocali uguali.

Ci sono poi dei casi in cui è necessario utilizzarla anche se le vocali da

congiungere sono diverse, è il caso di ad esempio.

Rossella Monaco

 
 
 

I segni di interpunzione.

Post n°3031 pubblicato il 07 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

La virgola è il segno di interpunzione più versatile.

Proprio per questa sua duttilità permette licenze poetiche

che spesso non seguono le principali regole ortografiche.

Cercheremo di elencare di seguito le norme, per poi fornire

esempi di trasgressione delle stesse da parte di scrittori di fama.

Prima di tutto, tra soggetto e verbo non si mette mai la virgola

 perché separare due parti del discorso collegate logicamente non

è corretto, la stessa cosa avviene tra verbo e complemento oggetto

 correlato.

Carlo mangiava la pasta è una frase corretta mentre non è accettato

 Carlo, mangiava la pasta, a meno che non si intenda con "Carlo"

un vocativo e con "pasta" il soggetto di "mangiava", ma sarebbe

per lo meno fantascientifico.

Né è corretto scrivere Carlo mangiava, la pasta.

Eppure esistono delle eccezioni illustri.

Alberto Moravia ebbe uno strano rapporto con la punteggiatura.

Credeva fortemente nell'uso della virgola tra il soggetto e il verbo

per sottolineare maggiormente la personalità dell'io, dargli maggiore

carica emotiva, separare nettamente il personaggio principale dagli

altri.

Ma rimane una violazione consapevole e giustificata della grammatica,

non una trasgressione fine a se stessa. Anche Calvino e Manzoni la

adoperarono.

Voi, mi fate del bene, a venir qui da me in questa casa. (Alessandro

Manzoni, I promessi sposi, 1842)

Dalla regola precedente deriva l'avvertenza di non utilizzare la virgola

nelle proposizioni soggettive e oggettive e nelle proposizioni

 interrogative indirette.

Fare i compiti di inglese non vuol dire conoscere la lingua.

Mi chiedo se tu stia scherzando.

Se però lo scopo è quello di sottolineare alcune parti del discorso,

dandogli maggiore enfasi, l'utilizzo della virgola è tollerato.

È evidente, che tu pensi di avere ragione.

 È consigliabile non utilizzare la virgola prima di congiunzioni

copulative e correlative che, come possiamo intuire dalla loro

stessa denominazione, hanno la dichiarata funzione di collegare

due parti del discorso.

Carlo mangia la pasta e Giovanna beve un bicchiere di acqua.

Non prendo né caffè né bevande fredde.

Anche in questo caso è però possibile inserire la virgola se l'intento è

enfatizzare la distanza tra due elementi più che metterli sullo stesso piano.

Non ho voglia di uscire, e fa freddo.

Bisogna poi fare molta attenzione alla funzione disambiguante della

virgola.

Essa è infatti in grado di dare un senso totalmente diverso a una

stessa frase.

Ascoltava sua mamma che cantava una canzone e scriveva una poesia

 è molto diverso da Ascoltava sua mamma che cantava una canzone, e

scriveva una poesia.

 Nel primo caso è la mamma che canta una canzone e scrive allo stesso

tempo, mentre nella seconda frase la mamma canta una canzone e nel

frattempo il soggetto di "ascoltava" scrive una poesia.

La disambiguazione è particolarmente utile per le proposizioni relative.

I ragazzi che hanno giocato a carte hanno vinto tremila euro.

Questa frase indica che solo i ragazzi che hanno giocato a carte hanno

vinto tremila euro.

I ragazzi, che hanno giocato a carte, hanno vinto tremila euro.

Mentre qui intendiamo che tutti i ragazzi hanno giocato a carte e hanno

vinto tremila euro. Un'importante differenza di significato!

La virgola è necessaria:

dopo il vocativo (Giovanna, spegni la luce!);

per gli incisi, a meno che siano talmente brevi da non interrompere il senso

del discorso (Giovanna, come prima vi spiegavo, beveva un bicchiere d'acqua);

per le apposizioni (Carlo, manager di Alitalia, ha vinto la terza competizione);

nella corrispondenza per separare il luogo dalla data (Milano, 24 novembre 2011);

nelle coordinate per asindeto (Scese dall'auto, guardò miss Italia, continuò

verso l'ingresso, entrò nel portone);

per sostituire un verbo già espresso o altre parti del discorso (La vita è bella;

la luna, tonda; il cielo, scuro);

dopo gli avverbi se intesi come intera proposizione (Sì, per me va bene).

Preferibile l'utilizzo della virgola:

tra due elementi ripetuti (Va bene, va bene, arrivo alle 9);

negli elenchi di nomi e aggettivi (Nell'astuccio ci sono 2 penne, 4 matite,

2 gomme da cancellare, 5 pastelli, 1 temperino.  Giovanna era brutta,

antipatica, poco intelligente, maleducata);

per separare i complementi indiretti e le proposizioni subordinate,

particolarmente quando sono all'inizio della frase (Per me, stiamo

sbagliando gioco. A Carlo, ho dato il mio astuccio. Per giocare a carte,

bisogna sapere le regole).

Per rispondere all'eterna domanda che attanaglia gli italiani "prima

del ma ci vuole la virgola?", la regola più conosciuta vuole che il mavversativo

 utilizzato per coordinare due frasi sia preceduto da una virgola, si può invece

evitarla quando ad essere unite sono due frasi brevi o due parole.

In realtà non è sempre così, tutto dipende dalla funzione delle frasi e si può

decidere se l'opposizione o uno dei due elementi coordinati debbano essere

sottolineati dalla punteggiatura o meno.

Rossella Monaco

 
 
 

I segni di interpunzione.

Post n°3030 pubblicato il 07 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

due punti hanno un ruolo molto importante nell'ortografia della

lingua italiana.

In maniera molto sintetica essi chiarificano ed espongono il senso

di un'affermazione.

Essi aprono come una tendina il discorso diretto:

Carlo mi disse: "Sei sicuro di star bene?"

 chiariscono l'affermazione precedente:

Volevo rimanere solo: ero triste.

 e naturalmente precedono un elenco:

Ho preso quattro ombrelli: uno blu, uno rosso, due verdi.

 Non dimentichiamo, come potete notare sopra, che essi hanno

anche la funzione di introdurre un esempio.

Spesso possono sostituire le congiunzioni.

 Lo stabilimento era silenzioso: la domenica ci rimaneva solo il

guardiano (Carlo Cassola, Ferrovia Locale, 1968)

 È sconsigliato l'utilizzo ripetuto dei due punti in una stessa frase,

anche se innumerevoli sono i casi contrari a questo ammonimento

in letteratura.

Carlo Emilio Gadda li utilizzò, per esempio, per dare il senso di

affaticamento, di difficoltà nella ricerca di un senso sempre ulteriore.

Rossella Monaco

 
 
 

I segni di interpunzione.

Post n°3029 pubblicato il 07 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dalll'Internet

Il punto interrogativo è un segno di punteggiatura relativamente

recente.

Inizia la sua avventura circa nel X secolo, sostituendo la parola latina

quaestio.

Se notate bene la sua forma, esso apparirà come una "q" che sormonta

una "o", un'abbreviazione diffusamente utilizzata dagli amanuensi.

Storia a parte, il suo uso è abbastanza semplice e intuitivo: lo troviamo

nelle domande, siano esse espressione di un dubbio o di una richiesta.

Posso aprire la porta?

Qual era il nome di Manzoni?

Era giallo o nero?

 Esso può indicare anche sarcasmo e sospetto se racchiuso tra due

parentesi tonde.

Mi hanno detto che hai eseguito tutti i compiti alla perfezione (?)

 Negli incisi è possibile scegliere se utilizzare o meno il punto

interrogativo.

Mercoledì prossimo, chissà perché?, verranno i miei zii.

Mercoledì prossimo, chissà perché, verranno i miei zii.

 Dopo il punto interrogativo va la lettera maiuscola se si tratta di uno

stacco netto con la frase precedente o della risposta alla domanda.

Se invece siamo di fronte a una successione è possibile utilizzare la

lettera minuscola.

Volete tornare indietro, ora? e farmi fare uno sproposito? (Manzoni,

I promessi sposi, 1842)

Il punto interrogativo è molto importante per l'intonazione della frase

ed è fondamentale accorgersi della sua presenza nel testo per leggere

correttamente.

Gli spagnoli, avendo una lingua molto incentrata sul suono e la fonetica,

inseriscono il punto di domanda capovolto all'inizio della frase interrogativa,

oltre che alla fine, per indicare un mutamento di impostazione della voce

sin dal principio, a scanso di equivoci.

Lo stesso accade per il punto esclamativo.

La regola è stata introdotta in Spagna solo in epoca recente, nella metà del

Settecento.

Prima di allora i cugini spagnoli seguivano lo stesso precetto della lingua

italiana, avendo come base comune il latino.

 
 
 

I segni di interpunzione.

Post n°3028 pubblicato il 07 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Il punto esclamativo, come capiamo dal nome, segue le frasi

esclamative e spesso anche le interiezioni.

Ahi! Mi hai fatto male!

Come con il punto interrogativo, dopo l'esclamazione è possibile

scegliere se utilizzare la lettera maiuscola.

Se le due frasi hanno stretta correlazione tra di loro ci si avvale

della lettera minuscola.

Come sono contenta di vederti!  e come mi sei mancata!

È possibile, a volte, trovare il punto interrogativo e quello esclamativo

insieme per esprimere una forte sorpresa.

Cosa ci fai tu qui?!

Talvolta troviamo invece due o più punti interrogativi o esclamativi

per enfatizzare il dubbio o l'espressione.

È questo un uso assai diffuso che prende vita dal fumetto, dove la

necessità di caratterizzare il personaggio passa attraverso

onomatopeiche e segni grafici forti. 

Con la messaggistica istantanea ha poi trovato la sua consacrazione.

Dal mondo a strisce dei balloon arriva anche il poco conosciuto punto

esclarrogativo.

Una sorta di incrocio tra punto di domanda e punto esclamativo, esso

esprime né più né meno la stessa funzione dei due segni accostati e ha

il valore ritmico di un punto fermo.

Che cosa dici

È raro trovare questo segno "pop" nato negli anni Sessanta del Novecento,

alcuni caratteri di Word lo comprendono e bisogna ammettere che è una

soluzione molto originale, almeno dal punto di vista visivo.

Ma a livello ortografico sembra cambiare poco o niente rispetto ai segni già

esistenti, per cui siamo pronti a scommettere che non si diffonderà così

facilmente.

Nella maggior parte dei testi, siano essi romanzi, saggi o scritti di praticità

quotidiana, è bene non abusare di questi segni perché hanno un impatto

molto forte sia a livello visivo sia nella lettura e potrebbero facilmente stancare

o confondere il lettore.

Rossella Monaco

 
 
 

I segni di interpunzione.

Post n°3027 pubblicato il 07 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

puntini di sospensione sono i più difficili da trattare, non perché

essi prevedano più regole rispetto agli altri segni, anzi.

Piuttosto si tratta dell'uso che gli italiani fanno di questi tre puntini

"salvavita", un uso sproporzionato all'espressività e diffusamente errato.

Beppe Severgnini li ha definiti la rappresentazione grafica di una

generazione sospesa (politicamente, culturalmente, sessualmente) e

sintomo della tecnologia odierna.

Prima di tutto bisogna stabilire che i punti sospensivi sono solamente tre,

non uno in meno, non uno di più, mentre abbondano nei blog, negli sms e

persino nei temi scolastici dei giovani adolescenti, file ininterrotte di puntini,

come se la quantità fosse sinonimo di enfasi.

Bisogna poi ricordare che dopo i tre puntini non va mai la lettera maiuscola a

meno che si concluda il periodo.

Terza cosa importante: dopo (e non prima!) i tre punti bisogna sempre lasciare

 uno spazio, tranne quando sono seguiti dal punto esclamativo.

Questi piccoli segni grafici indicano l'interruzione di un discorso che scema,

anche visivamente, in essi.

La pausa può indicare diversi concetti: titubanza, dubbio, insinuazione,

paura, evasione, inganno, affanno.

" (...) Or dunque lei..." E qui mi chinai e a bassa voce, con molta serietà,

confidai al signor notaro l'atto che intendevo fare e che qui, per ora, non

posso riferire, perché - gli dissi: "Deve restare tra me e lei, signor notaro

(...)". (Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila, 1926)

Quando si parla di sospensione si può intendere anche suspense, attesa

di un accostamento insolito.

La donna a me non piaceva intera ma... a pezzi! (Italo Svevo, La coscienza

di Zeno, 1923)

Nei dialoghi l'interruzione può essere provocata dall'interlocutore:

"Ti dicevo che Mary..."

"Non mi interessa".  
Troviamo i puntini sospensivi alla fine di un elenco che potrebbe

potenzialmente continuare, a sostituire la parola "eccetera".

Ho comprato alcune cose: un profumo, un orologio, due sciarpe,

una gonna...

Servono anche ad accennare una parola che non si può o non si

vuole pronunciare per intero.

Infine, i tre puntini, se racchiusi tra due parentesi quadre [...] o tonde

(...), indicano una parte mancante rispetto all'originale nelle

 citazioni (vedi l'esempio di Pirandello sopra riportato).

Rossella Monaco

 
 
 

I segni di interpunzione.

Post n°3026 pubblicato il 07 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonti: articolo riportato dall'Internet

Le parentesi nella grammatica italiana sono essenzialmente di tre

tipi: le tonde, le quadre e le graffe, anche se quest'ultime sono

rarissimamente utilizzate nel testo a sostituzione delle prime due.

 La parola "parentesi" deriva dal latino parenthӗsi(m) che vuol dire

"inserimento, interposizione".

Le parentesi tonde hanno diverse funzioni:

  • Possono sostituire le virgole o i trattini brevi negli incisi;
  • Precisano informazioni ulteriori riguardanti il testo, come la
  •  data di nascita e di morte di uno scrittore;
  • Possono indicare pensieri sottointesi sotto forma di periodi
  •  indipendenti;
  • Possono racchiudere le apposizioni;
  • Racchiudono il nome dell'autore alla fine della citazione.

Carla (come ti dicevo) è molto socievole.

Carla Fracci (20 agosto 1936) è molto socievole.

Carla ti cercherò. (Ho il tuo indirizzo sull'agenda).  Non è un addio.

Carla (amica di Sonia) è molto socievole.

Quel ramo del lago di Como... (A.Manzoni)

Come abbiamo già visto, possono racchiudere i puntini sospensivi

nel caso indichino una mancanza all'interno della citazione rispetto

all'originale.

Anche le parentesi quadre svolgono questa funzione insieme a molte

altre prevalentemente metalinguistiche, cioè a commento del testo.

Le parentesi quadre:

Precisano informazioni ulteriori sul testo da parte dell'autore o

dell'editore, soprattutto nella saggistica, date di nascita e di

morte, collocazioni editoriali ecc.;

Indicano l'esatta pronuncia di una parola, specialmente nei 

dizionari;

Nei testi molto antichi racchiudono parole mancanti nel manoscritto

originale, a volte in campo filologico al posto delle quadre vengono

utilizzate le parentesi angolate.

caramel ['kӕrәmel]

La regina di Scozia [Maria Stuart ]è il simbolo del cattolicesimo.

Prima della parentesi d'apertura va sempre uno spazio bianco, così

come dopo la parentesi di chiusura.

Rossella Monaco

 
 
 

I segni di interpunzione.

Post n°3025 pubblicato il 07 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonti: articolo riportato dall'Internet

Le virgolette possono essere basse «» (caporali o all'italiana), alte "

" (all'inglese), oppure singole ' ' (apici).

I caporali prendono la denominazione "all'italiana" perché sono i più

utilizzati nella nostra lingua, mentre nei testi in inglese è meglio

utilizzare il secondo tipo .

In Germania le virgolette sono come le nostre, ma al contrario: »puntano

«  la parola.

A prescindere dal Paese è bene ricordare che nonostante molti si

ingarbuglino nell'utilizzo di queste tre varianti, in realtà non esistono regole

precise.

Le norme dipendono dalle case editrici che di volta in volta scelgono la

soluzione da adottare, per cui anche in Italia potremmo trovare le virgolette

all'inglese, per introdurre il discorso diretto.

In generale possiamo dire che le virgolette possono avere la funzione di:

aprire un discorso diretto (Maria disse: «Mi passi lo zucchero?»);

riportare una citazione letterale (Coelho ha affermato: «A questo 

mondo nulla accade per caso»);

delimitare un termine inteso in senso ironico o distaccato o una traduzione

 di un termine già in lingua originale (Maria mi ha detto che siete

"fidanzati" - Il verbo essere in inglese si traduce "to be");

racchiudere il nome di riviste, quotidiani o il nome proprio di mezzi di trasporto,

titoli di libri o programmi (Ho acquistato "la Repubblica" - Il "Titanic" è p

artito nel 1912);

 mettere in rilievo voci dialettali o neologismi, termini gergali o stranieri non

di uso quotidiano, anche se spesso è possibile utilizzare il corsivo

(Queste verdure si chiamano 'friarielli').

 La punteggiatura va sempre all'esterno delle virgolette a meno che non si tratti

di un periodo concluso (vedi il caso del punto di domanda).

Carlo mi chiese: «Sei sicuro?»

Nel caso di inclusioni di virgolette all'interno di altri virgolettati la gerarchia

vuole che i caporali siano seguiti dalle virgolette alte e successivamente

dagli apici.

Carlo scrisse: «Maria guardò l'uscio, poi urlò: "Aiuto! Gli 'amici'

voglion farmi del male"».

Rossella Monaco

 
 
 

I segni di interpunzione.

Post n°3024 pubblicato il 07 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Le Maiuscole

Ecco un'altra questione ortografica di massima importanza:

l'utilizzo delle maiuscole e delle minuscole.

Oggi siamo sempre più distratti e confusi dall'uso che la lingua

inglese riserva a queste regole, per questo motivo bisogna fare

attenzione alle proporzioni del testo, renderlo corretto e piacevole

da fruire, restituirgli un po' di "italianità" a meno che

ragioni stilistiche non chiedano di avvicinarsi maggiormente

all'uso di altre lingue straniere.

E anche la diffusione di internet con il prevalente uso del minuscolo

può confondere.

La lettera maiuscola viene sempre utilizzata nei seguenti casi:


  1. Dopo il punto fermo e all'inizio di ogni nuovo periodo a 
  2. sottolineare la discontinuità.
  3. Con i nomi propri di persona, animale, luogo e cosa.
  4. Dopo il punto esclamativo, il punto interrogativo e i 
  5. puntini sospensivi se si tratta di una nuova proposizione 
  6. (vedi regole della punteggiatura).
  7. Dopo i due punti se si tratta di un nuovo periodo o di un 
  8. discorso diretto riportato.
  9. Con i nomi che indicano correnti storiche, artistiche, letterarie
  10.  o culturali e con i secoli (TrecentoSeicentoNovecento
  11. UmanesimoRinascimento
  12. RisorgimentoModernismo, Comunismo, Fascismo...). 
  13. Quando vengono utilizzati nella frase non in senso storico,
  14.  vanno invece scritti con la lettera minuscola.
  15. In tutti i casi in cui assistiamo a una personificazione di una 
  16. cosa, di un sentimento ecc. o a un'astrazione (La Legge è uguale
  17.  per tuttiLa Donna è l'essere più perfetto).
  18. Con i nomi "per antonomasia", i soprannomi o i titoli professionali 
  19. che intendono una persona in particolare (es. La Voce è Frank 
  20. SinatraIl Primo Ministro ha deciso così).
  21. Con i nomi di partiti, organi governativi, ordini religiosi, corpi
  22.  armati, enti, società, associazioni e i nomi propri di istituti di 
  23. qualsiasi genere.
  24. Nelle sigle.
  25. Con i nomi di decenni (anni Sessantaanni Trenta...).
  26. Con i pronomi Lei e Voi utilizzati in maniera formale.
  27. Nei titoli di opere, giornali, pubblicazioni (se l'articolo è compreso
  28.  nel titolo va messo anch'esso in maiuscolo altrimenti no).
  29. Per distinguere i nomi di popoli antichi da quelli odierni 
  30. (Gli antichi Grecii greci di oggi).

È però importante sottolineare come la scelta tra maiuscolo e minuscolo

non sia sempre così chiara e precisa.

Fatta eccezione per i nomi propri di persona e di luogo che vanno sempre

con la lettera maiuscola, i nomi di cosa acquistano la lettera maiuscola

solo in determinati contesti  e in base a una valutazione personale.

 Nomi come statoottocento, borsa e tanti altri possono essere scritti

in entrambi i modi a seconda che designino un concetto comune,

generale o vengano personalizzati o ancora indichino qualcosa di

specifico. 


Lo stato delle cose è questo.

Stato va scritto con la lettera minuscola, perché è un nome comune.

Lo Stato francese ha dichiarato la sua situazione.


In questo caso Stato è maiuscolo perché indica la nazione.

Stessa cosa avviene per la parola Paese.

Qualcuno potrebbe obiettare che questi nomi si possono trovare anche

con la lettera minuscola, ed è vero.

Questo uso deriva dalla volontà di non enfatizzare l'istituzione, di non porre

troppa riverenza nei suoi confronti o ancora dalla necessità di alleggerire

esteticamente un testo altrimenti ricco di lettere maiuscole.

Le ragioni sono tante e vanno esplicitate in base al contesto.


In generale il buon senso dice di utilizzare la maiuscola ogni

qualvolta sorga un fraintendimento di significato o di funzione,

per esempio con la parola italiano, che può essere aggettivo o sostantivo.

 Nel caso si intenda italiano come sostantivo, lingua nazionale o singolo

rappresentante del nostro popolo,  è consigliabile ma non obbligatorio

l'utilizzo della lettera maiuscola, nel caso in cui italiano sia accostato

a un nome come aggettivo (Il popolo italiano) è opportuno l'uso della

lettera minuscola.

Lo stesso avviene con tutte le nazionalità.

E ancora casi simili sono rappresentati dalla parole chiesa, camera,

che se intese come istituzioni vanno in maiuscolo, se intese come edificio

vanno in minuscolo.

E ancora molti altri (facoltàtesorounitàarmaautorità ecc...).


Con i nomi astronomici (sole, terra, luna...) la regola generale dice di

utilizzare la lettera maiuscola solo se il contesto è quello scientifico

astronomico, se ci riferiamo cioè agli astri, mentre per gli usi comuni

di terrasoleluna bisogna utilizzare la lettera minuscola, a meno che

vengano personificati. 


Il sole è molto caldo oggi e la terra trema.
Il Sole è la stella più grande del Sistema Solare.
Fratello Sole, sorella Luna, madre Terra.


Notate le differenze tra queste tre frasi, nel primo caso ci troviamo

di fronte a nomi comuni di cosa, nella seconda proposizione Sole è

nome proprio dell'astro e nel terzo caso assistiamo a una personificazione

degli elementi che diventano nomi propri.

Come in parte abbiamo visto con le parole stato e paese esistono casi in

cui le maiuscole assumono un senso di devozione, sono maiuscole

reverenziali, il cui uso è assolutamente discrezionale.

Si tratta di parole intere come papapresidentereministro... oppure

di maiuscole presenti all'interno di alcuni termini a sottolineare i

pronomi personali intesi in senso formale (Vorrei augurarLe un

buon Natale).

Per i nomi attinenti la religione e le festività  vanno applicate regole precise:

la parola Dio, e altri nomi religiosi indicanti santi, feste e ricorrenze

richiedono la lettera maiuscola.

La lettera minuscola si adopera solamente quando si tratta di divinità

pagane, che tollerano anche genere e numero diverso dal maschile singolare

(diodeadeidee).

nomi geografici (fiume, monte, torrente, mare...) se accompagnati dal nome

proprio vanno in minuscolo, se accompagnati da un aggettivo si

scrivono con la lettera maiuscola (Monte Biancofiume Tevere).

Ci sono però dei casi in cui l'aggettivo può stare anche da solo come con 

AtlanticoMediterraneo e altri nomi di bacini idrografici importanti,

per questi è consentito scrivere i nomi geografici sia con la lettera

maiuscola che con la minuscola (oceano Atlantico oppure Oceano Atlantico).

I nomi piazzaviacorso ecc... seguiti dal nome proprio possono essere

scritti sia con la lettera maiuscola che con la minuscola a seconda della

convenzione.

Facendo riferimento  al dizionario Signorelli, sarebbe più corretto scriverli

con la maiuscola.

Lo stesso avviene con i nomi che indicano edifici seguiti dal nome proprio

come teatropalazzo e altri.

Sono diventati parte della denominazione ed è bene indicarli con la lettera

maiuscola.

Sulla carta stampata e nella pubblica amministrazione è invece diffuso

l'uso della minuscola. Restano valide entrambe le alternative.

Stagioni, mesi, giorni in passato si scrivevano con la lettera maiuscola, invece

oggi si sta diffondendo sempre di più l'uso della lettera minuscola, forse

anche per una questione di leggerezza formale.

L'importante è conciliare sempre la norma ortografica con ragionevolezza

 e attenzione all'estetica del testo.

Rossella Monaco

 
 
 

I segni di interpunzione.

Post n°3023 pubblicato il 07 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Elisione

L'elisione è la caduta della vocale finale atona seguita da un'altra

parola che inizia per vocale.

Al posto della vocale caduta si utilizza l'apostrofo.

Anche l'elisione, come la D eufonica, è un accorgimento di tipo

sonoro.

Lo scopo è dare musicalità e scorrevolezza alla lettura.

L'elisione è da praticarsi obbligatoriamente con gli articoli determinativi

lo e la e le relative preposizioni articolate, con l'articolo indeterminativo

una, l'aggettivo dimostrativo maschile quello, l'aggettivo qualificativo

maschile bello, con ci davanti al verbo essere (c'è) e con santa e santo seguiti

dal nome proprio iniziante per vocale.

Anche in altri casi è consigliato ma non obbligatorio l'utilizzo dell'elisione:

Quando la preposizione semplice di è seguita da una parola che comincia per

vocale, soprattutto quando si tratta di una i (D'inverno...)

Con la preposizione semplice da seguita da vocale (Da/D'allora...)

Con come se seguito dal verbo essere (Com'è/Come è grande tuo figlio!)

Con gli aggettivi dimostrativi questo, questa, quella

Con l'aggettivo qualificativo bella al femminile (Bella/Bell'amica che sei!)

Con le particelle pronominali mi, ti, si, vi, ne (Ti amo/T'amo - Ce n'è ancora molto!)

Con i pronomi personali lo e la (L'ho vista ieri - La enuncio con attenzione)

Con l'aggettivo qualificativo grande (Questo è stato un grande/grand'anno)

In alcune formule fisse come senz'altro, mezz'ora, a quattr'occhi, d'ora in poi...

È importante fare un buon uso dell'elisione in questi casi perché essa è capace

di cambiare ritmo alla frase e comunicare stati d'animo e atmosfere differenti,

nonché, con la sua presenza, è in grado di generare a volte ambiguità in chi legge,

come nel caso dell'articolo determinativo lo e del pronome personale lo.

L'aspetto può indicare, ad esempio, l'esteriorità se inteso come sostantivo e può

significare "io lo aspetto" se recepito come voce verbale.

Se non è possibile disambiguare dalla frase è opportuno non praticare l'elisione.

Davanti a i semiconsonantica non avviene mai l'elisione così come non avviene

mai davanti a consonante.

Rossella Monaco

 
 
 

I segni di interpunzione

Post n°3022 pubblicato il 07 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Il Troncamento

Il troncamento (o apocope) è la caduta di una vocale o di una sillaba

atona di una parola sia se seguita da vocale sia se seguita da consonante.

Al posto della vocale caduta in genere non va l'apostrofo, come

invece accade per l'elisione.

Il troncamento è obbligatorio:

Con l'articolo indeterminativo uno e i suoi derivati (ciascuno, ognuno,

alcuno...).

Nel caso in cui la parola che segue inizi per s impura, x, z, gn, ps, pn, sc

non si pratica, stessa cosa con i, y e j seguite da vocale

Nell'espressione qualcun altro

Con santo se seguito da consonante (san Francesco)

Con quale davanti al verbo essere (Qual è)

Con buono, quello e bello davanti a consonante, anche in questo caso

se la parola che segue inizia per s impura, x, z, gn, ps, pn, sc non si

pratica (Buon anno!), stessa cosa con i, y e j seguite da vocale

Con i nomi signore, dottore, professore, frate, suora e altri indicanti

status o professione se seguiti dal nome proprio (suor Maria, fra

Costantino, professor Bellis...).

In questo caso il troncamento si può fare anche se segue una s impura

(dottor Scavolini)

È invece facoltativo nei seguenti casi:

Con l'aggettivo grande se seguito da consonante (Hai un gran cappello!)

Con tale e quale (Quale/Qual personaggio interpreti?).

Si preferisce comunque l'uso di tale e quale senza troncamento tranne

in casi particolare come la qual cosa oppure con il verbo essere (vedi sopra).

Attenzione! Esistono dei troncamenti che vengono segnalati con l'apostrofo,

segno che di norma contraddistingue l'elisione.

Sono solo delle eccezioni per cui non fatevi confondere.

È il caso di: po' per "poco"; mo' per "modo"; be' nel senso di "bene"; sta', va',

di', fa', da' rispettivamente imperativi di stare, andare, dire, fare, dare; alcune

forme arcaiche come ne' per "nei" oppure de' in luogo della preposizione

articolata "dei".

Un trucco per non avere dubbi su troncamento ed elisione consiste nell'anteporre

la parola troncata a un'altra che inizia per consonante.

Se l'abbinamento è corretto vuol dire che si tratta di un troncamento altrimenti

va messo l'apostrofo perché si tratta di elisione.

Es. Abbiamo scritto: Un'alzatina. Siamo però in dubbio se mettere o meno

l'apostrofo, basta prendere un', privarlo dell'apostrofo, scegliere una parola

dello stesso genere, in questo caso femminile, ma iniziante per consonante

come "lacca" e anteporgli l'articolo.

Un lacca non è corretto per cui si tratta effettivamente di elisione con l'apostrofo!

È la stessa regola per cui scriviamo qual è e non qual'è, perché si può dire

per esempio qual principio.

Ma la questione non è finita qui. Siccome l'ortografia è più che altro una

convenzione, la disputa sulla grafia corretta di qual è è ancora aperta, anche

se le principali grammatiche indicano come corretto il troncamento, molti

articoli di giornale e persino le opere di alcuni scrittori come Tommaso

Landolfi e Bonaventura Tecchi includono qual'è con l'apostrofo, a volte

per scelta a volte per distrazione.

Consigliamo per le ragioni sopracitate di utilizzare qual è.

Rossella Monaco

 
 
 

I segni di interpunzione.

Post n°3021 pubblicato il 07 Giugno 2020 da blogtecaolivelli

Fonte articolo riportato dall'Internet

Gli accenti

Gli accenti sono la prima fonte di confusione per chiunque si

accinga a scrivere e spesso anche nella pronuncia delle parole.

Gli errori si sprecano, ma in realtà le regole degli accenti in

italiano non sono molte.

In italiano abbiamo sillabe atone (senz'accento) e sillabe toniche

(accentate).

A livello grafico l'accento può essere grave, con pronuncia aperta

(come quello del verbo essere "è") oppure acuto, con pronuncia

chiusa (come quello di "perché").

L'accento si scrive obbligatoriamente in italiano solamente quando

cade sull'ultima sillaba mentre all'interno della parola generalmente

non viene segnalato, a meno che non serva a evitare un fraintendimento

di significato (es. ancora come avverbio e àncora come nome ed elemento

di un'imbarcazione).

L'accento viene messo sempre sulle parole tronche (bisillabi o polisillabi

accentati sull'ultima sillaba), su alcuni monosillabi che possono generare

ambiguità nel significato (vedi sotto), su monosillabi che comprendono dei

dittonghi (due vocali insieme) tranne in alcuni casi particolari, e, di regola,

su alcune parole specifiche (vedi sotto).

Le vocali aoui se accentate in fine di parola hanno sempre un accento

grave (beltàpiùcosìverrò, ecc.).

Con la vocale e la situazione si complica ma, in generale, basta tenere a mente

che l'accento è acuto con:

  1. Ché causale e tutti i suoi composti (affinché, poiché, perché...);
  2. I composti di tre e di re (cinquantatré, trentatré, viceré...);
  3. Le terze persone singolari del passato remoto dei verbi quando finiscono
  4.  in e (ribattépoté... escluso l'arcaico diè per "diede").

Cerchiamo, comunque, di sciogliere i principali dubbi con la lista di parole

che segue.

Notate la differenza tra accenti acuti e accenti gravi, troncamenti e assenza

di qualsiasi segno grafico.

 (negazione) diverso da ne (avverbio o pronome).

 (riflessivo) diverso da se (congiunzione o pronome).

Sé quando seguito da stesso o medesimo può avere o non avere l'accento (se

stesso o sé stesso). Si consiglia comunque di metterlo al plurale (sé stessi,

sé stesse) per evitare di confondersi con il congiuntivo di stare.

 (bevanda) diverso da te (pronome personale).

 (affermativo) diverso da si (pronome, nota musicale).

 (verbo dare) diverso da da (preposizione semplice) e da da' (imperativo

di dare, sta per "dai").

 (giorno) diverso da di (preposizione semplice) e da di' (imperativo di

dire, sta per "dici").

È (verbo essere) diverso da e (congiunzione). E' per la maiuscola del verbo

essere è scorretto. 

Ché (causale, sta per "poiché") diverso da che (congiunzione o pronome).

 (avverbio di luogo) diverso da li (pronome).

 (avverbio di luogo) diverso da la (articolo o pronome).

Do (prima persona singolare verbo dare) può essere scritto senza o con

l'accento () anche se è preferibile senza, perché non può esserci

fraintendimento con la nota musicale do.

Ciò
Già
Giù
Più
Può (verbo potere terza persona singolare)

Fasasova (verbi fare, sapere, andare) vanno sempre senza accento,

senza confondere gli imperativi fa' va'.

Po' (nel senso di "un poco") diverso da Po (fiume). La grafia  è errata! 
Qua
Qui

Sta (terza persona singolare verbo "stare") diverso da sta' (imperativo seconda

persona singolare verbo stare, sta per "stai").

Sto (prima persona singolare verbo "stare")

Su

 quando sta per "fede"

Ahimè
Cioè
Perciò
Però
Caffè
Lacchè
Gilè
Ohimè
Scimpanzé
Mercé

Giosuè, Noè, Mosè e la maggior parte dei nomi propri tronchi.

Lunedì e tutti i giorni della settimana fino a venerdì vanno accentati!

Ricordatevi sempre che gli accenti non sono un optional se posti a fine

parola e che c'è una grande differenza tra accento acuto, grave e apostrofo.

E se avete qualche dubbio, consultate il dizionario.

Rossella Monaco

 
 
 

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