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Messaggi del 18/10/2019
Post n°2406 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet L'ultimo segreto di Botticellidi Lisa Laffi
un dipinto che sarà celebrato come una vetta assoluta dell'arte. Ma anche un enigma, forse impossibile da sciogliere. È una metafora dell'amore platonico? O il suggello di un patto segreto, sottoscritto da Caterina Sforza, che mira a unire Milano, Roma e Firenze sotto un'unica bandiera, per liberare l'Italia. 1526 La giovane Luce, esperta di erbe e ricette curative, viene trascinata al cospetto della marchesa Bianca Riario Sforza, la potente figlia di Caterina. La ragazza è convinta che Bianca la voglia denunciare all'Inquisizione per la sua attività di guaritrice, ma la marchesa, appassionata alchimista, la prende sotto la sua protezione. L'abilità di Luce è tale che, quando il fratello di Bianca, Giovanni dalle Bande Nere, viene ferito in battaglia, la marchesa chiede proprio a lei di curarlo. Ma Bianca non può prevedere la passione che nasce tra la giovane donna e il celebre condottiero. Un sentimento che rischia di stravolgere i suoi veri piani, infinitamente più diabolici di quelli che Luce ha immaginato. Bianca fa allora in modo che il fratello parta per la battaglia decisiva, e manda Luce a Mantova, con la scusa di proteggerla. Sarà lì che Luce apprenderà il reale significato della Primavera. E dovrà comunicarlo a Giovanni, prima che sia troppo tardi... |
Post n°2405 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet Nostalgia degli dei. Una visione del mondo in dieci idee Editore: Marsilio Collana: I nodi Anno edizione: 2019 In commercio dal: 24 gennaio 2019 Pagine: 301 p., Brossura Per la prima volta collegati in una compiuta visione del mondo, Marcello Veneziani propone in "Nostalgia degli dei" i temi affrontati nell'arco di quarant'anni di studio e ricerca. Nel corso dei secoli, le divinità si sono fatte idee, principi fondamentali per la vita e per la morte, amore per ciò che è superiore, permanente e degno di venerazione. Oggi una società schiacciata su un presente assoluto, in cui nessuna differenza è accettata, sembra aver spazzato via anche gli ultimi limiti necessari alla loro sopravvivenza: il confine che protegge, il pudore che preserva, la fede che è amore per la Luce. Come in una galleria di gigantesche figure di marmo, l'autore osserva e racconta le dieci divinità che hanno fondato il pensiero e l'esistenza dell'uomo. E nel tracciarne i profili ne svela il senso recondito, la loro necessità fuor di metafora per ricominciare a «pensare anziché limitarci a funzionare» nella vita di tutti i giorni. Attingendo a una costellazione di pensatori che da Platone e Plotino passa per Vico e Nietzsche, fino ad arrivare a Florenskij ed Evola, nel suo lungo percorso di scrittore Veneziani conserva quella nostalgia del sacro che consente agli uomini di uscire dal loro mondo e dal loro tempo, di riconoscere i propri limiti e trascenderli, di trovare orizzonti, tutori e aperture oltre la caducità della nostra esistenza. |
Post n°2404 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Fonte:Internet Quelli cattivi Editore: Newton Compton Collana: Nuova narrativa Newton Anno edizione: 2019 In commercio dal: 7 febbraio 2019 Pagine: 520 p., Rilegato Un terrorista nero. Un boss della criminalità romana. Una città dilaniata dalla violenza e dalla sete di vendetta. La nascita e l'ascesa della "grande mala" nella capitale. zione di estrema destra e Pietro Salis, conosciuto come "er Cattivo", boss indiscusso della criminalità del litorale romano: non hanno nulla in comune, né ideali, né obiettivi, né stile di vita. È un furto in banca da quaranta miliardi, realizzato a metà degli anni Ottanta, a segnare l'inizio di un sodalizio criminale tra i terroristi neri e i criminali di Ostia. E a dare il via a una catena di omicidi, attentati e ricatti che andrà avanti per più di un decennio, attraversando una delle fasi più drammatiche e sanguinose della storia italiana e della Capitale, funestata da una malavita spietata e ag- gressiva e dalla tragedia degli anni di piombo. Partendo da un reale fatto di cronaca, Antonio Del Greco e Massimo Lugli, con un ritmo serratissimo e colpi di scena di ogni genere, raccontano l'affascinante e violenta storia della "grande mala": la sua nascita, l'ascesa e il cambiamento di un gruppo criminale che ancora oggi domina incontrastato sulla scena di Ostia e di Roma. |
Post n°2403 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Fonte:Internet L' enigma del gesuita Editore: Newton Compton Collana: Nuova narrativa Newton Anno edizione: 2019 In commercio dal: 29 agosto 2019 Pagine: 343 p., Rilegato Un misterioso manoscritto contiene la chiave per decifrare i geroglifici. Chi riuscirà ad accedere alla sapienza degli antichi egizi? Roma 1634. Il pontefice Urbano VIII riceve una lettera misteriosa: l'autore sostiene di volergli rivelare la chiave per decifrare i geroglifici e, forse, accedere così al sapere originario che Adamo avrebbe tramandato ai suoi discendenti. Il segreto sarebbe custodito nella trascrizione di un'antica stele perduta. Per evitare che cada nelle mani sbagliate, l'uomo ha smembrato il manoscritto e ne ha celato le varie parti dietro una serie di enigmi. Il papa si rivolge così al suo uomo più geniale, il gesuita Athanasius Kircher, inventore, illusionista e studioso, cui affida il difficile compito di decifrare il mistero. Ma anche il cardinale Richelieu è sulle tracce dell'antica conoscenza perduta, mentre la setta che nei secoli ha protetto il segreto fa di tutto per impedire che venga svelato... Padre Kircher, accompagnato da un improvvisato giovane assistente, parte per seguire le tracce che potrebbero aiutare a svelare l'enigma: da Roma all'Egitto, da Parigi a Vienna, da Costantinopoli di nuovo a Roma, gli agenti papali ingaggiano una sfida serrata e senza esclusione di colpi con i francesi, che li costringerà a scelte difficili e a una corsa contro il tempo. |
Post n°2402 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
ll segreto del faraone nero Editore: Superpocket Fonte: Internet Anno edizione: 2019 In commercio dal: 4 luglio 2019 Pagine: 546 p., Brossura Gli intrighi e il fascino dell'antico Egitto nel romanzo dell'indiscusso maestro italiano dell'avventura. «Ogni libro di Marco Buticchi vale per due, intrighi e avventure raddoppiano» - il Venerdì di Repubblica Egitto, 1798. Claude de Duras, archeologo al seguito dell'esercito napoleonico, compie una scoperta eccezionale. La Campagna d'Egitto sembra procedere senza intoppi fino alla disfatta di Abu Qir. A quel punto, il diplomatico e segretario personale di Bonaparte, Louis Antoine de Fauvelet de Bourrienne, stringe un accordo con Robert Goldmeiner, giovane rampollo di una ricca dinastia. Goldmeiner propone prestiti per risollevare le sorti della spedizione, in cambio Bourrienne promette tutto l'oro che de Duras troverà durante gli scavi. Nessuno di loro, però, può immaginare le conseguenze delle scoperte dell'archeologo: una scia di morte perseguiterà chi verrà a conoscenza di quegli incredibili ritrovamenti... Tel Aviv, giorni nostri. Ormai in fin di vita, la madre adottiva di Oswald Breil gli confida la verità sulla drammatica fine dei suoi genitori, una morte che sembra collegata alle spregiudicate trame di una potentissima e antica dinastia... |
Post n°2401 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
La bambina del lago Loriano Macchiavelli,Sabina Macchiavelli Editore: Mondadori Collana: Omnibus Anno edizione: 2019 In commercio dal: 17 settembre 2019 Pagine: 300 p., Rilegato La bambina del lago è una piccola gemma letteraria che celebra l'immaginazione dei bambini e di tutti coloro che crescendo sono riusciti a conservare il superpotere di guardare oltre la superficie delle cose, di chi crede che al mondo ci sia posto anche per i fenomeni inspiegabili e di chi ogni tanto si concede il lusso di evadere dalle gabbie della razionalità e fare una passeggiata nei territori liberi della fantasia. Appennino emiliano: dall'alto di uno sperone di roccia, Paese Nuovo sovrasta un lago. Sotto le sue acque si intravedono la chiesa e il campanile di un altro villaggio, Paese Annegato, che venne sommerso quando fu costruita la diga per imbrigliare le acque del fiume Cigolo. Nell'estate del 1930 il dottor Astorre si trasferisce qui come medico condotto. Lo accompagna la figlia Aladina, dieci anni, molto provata dalla perdita della madre, che è nata e cresciuta proprio a Paese Nuovo. Alcuni abitanti li accolgono con affetto: Cleonice, che si occupa della grande casa in cui vanno ad abitare; Tina, la rude ostessa; il Podestà, giovane socialista nominato nonostante il fascismo; il Professore, che conosce i segreti del paese e non svela a nessuno i suoi. Il primo impatto della bambina con la montagna è traumatico: si chiude in se stessa e la madre le manca sempre più. Dialoga con animali domestici; osserva il mondo impenetrabile della quercia secolare che svetta di fronte alla sua finestra; pare sia la sola in grado di aprire la porta della soffitta che custodisce gli oggetti della madre bambina. Fino a quando, di ritorno da una passeggiata, racconta di un concerto di campane sgorgato misteriosamente dalle acque del lago. Il padre, temendo per la sua salute, pensa di tornare in città. Lo dissuade il Professore: Aladina non è la prima a sostenere di aver sentito le campane e, come riporta una storia popolare, potrebbe essere una delle poche privilegiate a possedere "il seme della magia". Tutto cambia quando Aladina incontra Gufo, un bambino solitario come lei che ama scorrazzare per i boschi. Guidata da Gufo e dal Professore, conoscerà la montagna e i suoi misteri, gli animali veri e leggendari che la abitano. Grazie al suo sguardo di bambina, scoprirà, e ci farà scoprire, alcuni dei segreti protetti dal lago o tenuti nascosti da secoli di superstizione |
Post n°2400 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet Il maestro del silenzio Editore: Rizzoli Collana: Nero Rizzoli Anno edizione: 2019 In commercio dal: 9 luglio 2019 Pagine: 300 p., Brossura Non esistono. Combattono una guerra invisibile. Sono gli agenti dell'Unità Zero. Giulio Massobrio riscrive il genere della spy story restituendo contraddizioni, debolezze e umanità di chi opera nelle più riservate agenzie di intelligence. Figure furtive scivolano nei caruggi, nelle ombre della casba di Genova tra il caos delle botteghe e i silenzi di vecchi bordelli. Da lontano occhi attenti osservano, perché il tempo incalza e gli eventi sbandano ora che sulla Superba, nei giorni della Conferenza Internazionale del Mediter- raneo, incombe la minaccia di un attentato. A sventarla, in un clima di tensione e paura che opprime l'Europa intera, è chiamata l'Unità Zero dei Servizi italiani, capeggiata dal veterano Fosco e da Petra, la "numero due" con cui è meglio non incrociare troppo a lungo lo sguardo. La squadra si avvale di scrupolosi analisti, abilissimi hacker , infallibili operativi e soprattutto di Mimo: il trasformista dai cento volti, l'agente segreto condannato a vivere mille vite. Ma stavolta la trama ordita dal nemico sembra invincibile. E solo calandosi nella mente dell'avversario, l'Unità Zero potrà riuscire a neutralizzarne gli intenti di morte. Grazie a una meticolosa ricerca sul campo, Giulio Massobrio crea una perfetta alternanza tra il ritmo dell'azione e le schermaglie del duello psicologico. Riscrive il genere della spy story r estituendo le intime contraddizioni, le debolezze inconfessabili, la tormentata umanità delle donne e degli uomini che operano nelle più riservate agenzie di intelligence. |
Post n°2399 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet La pelle del lupo. Un'indagine del vicequestore Castelli Fabio Girelli Il vicequestore Andrea Castelli è turbato. Affascinato, anche. Chi ha appeso quella pelle di camoscio in pieno centro a Torino, e perché? E che c'entra questa macabra messinscena, subito amplificata dai media, con la serie di cadaveri mutilati abbandonati nei boschi della collina torinese? Qual è il nesso tra l'affascinante fotografa Maria Celeste e una vecchia, maledetta storia finita malissimo, tanti anni prima, con la morte di una ragazza bellissima e misteriosa sulle montagne piemontesi? Castelli fiuta l'aria e indaga con la vaghezza e l'apparente assenza di metodo che fanno impazzire le donne e gli uomini della sua squadra. Tra Vipere, Vermi, Lupi e Camosci, come attraverso un bestiario medievale, Castelli verrà trascinato in una vicenda che da una cascina abbandonata sulle Alpi lo porterà fino al Vaticano, a frugare tra i misteri della più importante banca pontificia. La verità, in una storia in cui gli uomini si chiamano come gli animali e gli animali hanno sembianze umane, andrà cercata in un'antica leggenda alpina |
Post n°2398 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
La caduta del leone Editore: Echos Edizioni Collana: Latitudini Anno edizione: 2019 In commercio dal: 1 maggio 2019 Pagine: 140 p., Brossura Giovanni Da Pont è un imprenditore originario della Val di Zoldo. Figlio di una nota famiglia zoldana. Giovanissimo sposa Carolina Foscari, primogenita di Alvise Foscari e Agnese Tron, entrambi esponenti di due famiglie nobili veneziane, e si trasferisce nella città lagunare. Alvise Foscari conduce una fornace, la fornace più antica di Murano e di tutta la Serenissima Repubblica detta Il Leone. La leggenda vuole che sia stata fondata direttamente dal doge Francesco Foscari. Giovanni Da Pont si trova da più di un anno solo e con la fornace Il Leone da gestire, affrontando una crisi economica senza precedenti. Tra vicissitudini famigliari travagliate, nella sua solitudine, Giovanni inizia a parlare con gli oggetti e si arrabbia con loro tant'è che i vicini pensano che sia diventato pazzo. Sarà un diario il suo rifugio. |
Post n°2397 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet La gemma del cardinale de' Medici Editore: TEA Collana: I grandi della TEA Anno edizione: 2019 Formato: Tascabile In commercio dal: 27 giugno 2019 Pagine: 399 p., Brossura Francesco I e la moglie muoiono in circostanze misteriose. I medici temono di perdere il Granducato di Toscana. Solo un uomo può salvarli... Forte, diplomatico, astuto: don Giovanni de'Medici è l'unico che può salvare il Granducato di Toscana Don Giovanni de' Medici, figlio naturale legittimato del granduca Cosimo I, fa ritorno a Firenze alla morte improv- visa e assai sospetta del fratello maggiore Francesco I e della moglie Bianca Capello. L'erede, il cardinale Ferdìnando de' Medici, che ne apprez- za le doti di condottiero e di diplomatico, lo vuole al suo fianco per governare il Granducato di Toscana, uno stato ricco, da generazioni in mano a una dinastia di banchieri, i Medici. Ma i nemici dentro e fuori della famiglia incalzano. Firenze e la Toscana fanno gola a molti e la cosa più importante è ottenere l'appoggio di Stati potenti, come la Santa Sede, la serenissima repubblica di Venezia e l'Impero. Don Giovanni, parte dunque come ambasciatore, ma nel corso dei suoi viaggi dovrà battersi contro una setta religiosa e fanatica che ha la Spagna come mandante... |
Post n°2396 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet L' ultimo respiro del corvo. L'omicidio Caravaggio Editore: Skira Collana: NarrativaSkira Anno edizione: 2019 In commercio dal: 6 giugno 2019 Pagine: 512 p., Brossura "Reverendissima eminenza, le tribolazioni non sono finite con la partenza da Napoli di Caravaggio", recitava la lettera. "Del suo ultimo dipinto, quel Martirio di sant'Orsola destinato ai Doria, pare il Merisi abbia fatto una copia, che è scomparsa... Qualcuno suppone sia ormai in Spagna. Inutile dire che la tela va assolutamente recuperata, poiché, come Ella ben sa, reca in calce l'accusa più infamante..." Caravaggio è stato davvero ucciso? Come e da chi? E chi ha voluto la sua morte? Il mistero si nasconde tra le pieghe di una copia di un quadro famoso, il Martirio di sant'Orsola, dipinto dal Caravaggio poco prima di morire e da molti ritenuto una denuncia del suo assassinio. Un mistero che un critico d'arte sui generis, gay, tormentato, ipocondriaco e coltissimo, è chiamato a risolvere. Un cold case che si dipana nel corso dei secoli e che porterà a scoprire i veri responsabili della morte del pittore, ma anche a sollevare il velo su uno dei peggiori casi di corruzione e malaffare all'interno del Vaticano. |
Post n°2395 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Come si viveva in Siberia 150.000 anni fa? Se proprio volete saperlo subito e avevate qualche dubbio ... Male, si viveva male: ce lo dice un nuovo studio nelle grotte di Denisova. L'ingresso del complesso delle grotte di Denisova. Se gli egittologi hanno la stele di Rosetta, i paleoantropologi hannoDenisova, una caverna sui monti Altaj, in Siberia, scoperta negli anni Settanta da un gruppo di scienziati sovietici e diventata immediatamente uno dei siti paleo- archeologici più importanti del mondo. In 270 metri quadrati di superficie, nelle sue tre gallerie si trovano tracce di abitazioni di tre specie diverse del genere Homo (Sapiens, Neanderthalensis e Denisova). Oggi, grazie al primo studio del suo genere condotto sui sedimenti che costituiscono il pavimento della grotta, sappiamo qualcosa di più su come vivevano (e convivevano) i nostri antenati. PAUL GOLDBERG, UNIVERSITY OF WOLLONGONG I VERI PADRONI DI CASA.Fino a oggi le ricerche sulla caverna di Denisova sono state condotte con metodi archeologici tradizionali: analisi del DNA, datazione al radiocarbonio... Il team guidato da Richard Roberts (università di Wollongong, Australia) ha invece campionato interi blocchi di suolo dello spessore anche di quattro metri e ne ha studiato il contenuto usando tecniche di microscopia avanzata. Il risultato è una fotografia accurata di tutto ciò che si è accumulato sul pavimento della caverna nel corso di circa 300.000 anni - che dimostra come l'uomo sia stato solo un inquilino temporaneo di quell'ambiente. I veri dominatori di Denisova erano i predatori, iene, lupi e orsi a contendersi la caverna: gli umani l'hanno abitata di rado, e probabilmente solo quando i carnivori non erano nei paraggi, come dimostra la presenza solo saltuaria di falò e altri segni di utilizzo del fuoco. Non rinunciando però a fare la storia: una delle scoperte più recenti fatte a Denisova è la presenza di una ragazza nata da padre denisoviano e madre neanderthaliana. |
Post n°2394 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet C'è un'idea per spiegare l'incredibile velocità dell'atmosfera di Venere, e si rafforza l'ipotesi che potesse esserci acqua liquida in superficie fino a poche centinaia di milioni di anni fa. L'atmosfera di Venere nell'ultravioletto.|NASA Venere è un pianeta misterioso. La sua superficie ci è nascosta dalla densa atmosfera di anidride carbonica (97% di CO2) e dalle nubi che lo avvolgono. La temperatura al suolo raggiunge i 470 °C con una pressione 90 volte superiore a quella che si ha sulla Terra al livello del mare. La sua atmosfera ruota molto più velocemente del pianeta stesso: la parte superiore della copertura di nubi viaggia a oltre 400 km/h (che si riducono a 4-5 km/h al suolo, per via dell'enorme pressione) e fa un giro dell'intero pianeta in poco più di 4 giorni, mentre il pianeta ruota su se stesso in 243 giorni.
Animazione (clicca sull'immagine per avviarla): la superficie di Venere è stata mappata dalla sonda Magellano della NASA. Oggi sappiamo che deve essere molto giovane grazie a fenomeni che portano al completo rifacimento della superficie | NASA Anche di quel che si riesce a vedere dall'esterno, ossia la sua atmosfera, ci sono ancora molti misteri insoluti. In questi giorni alcune novità arrivanodalla sonda giapponese Akatsuki, attorno a Venere proprio per studiarne l'atmosfera e le nubi. Nel corso dell'European Planetary Science Congress (Ginevra, 15-20 settembre 2019) alcuni ricercatori del gruppo di lavoro della JAXA (l'Agenzia spaziale giapponese) hanno mostrato che i venti di Venere sono caratterizzati da una sorprendete varietà di velocità tra un anno e l'altro, così come tra i due emisferi, e che le nubi, di notte, tendono a convergere verso l'equatore: fenomeni inattesi e al momento senza spiegazioni. Al meeting è stata illustrata una prima ipotesi per spiegare perché l'atmosfera di Venere ruoti più velocemente del pianeta : «La super-rotazione è molto pronunciata sulla parte alta delle nuvole, cambia notevolmente nel corso del tempo ed è diversa tra i due emisferi», spiega Masato Nakamura, responsabile della sonda Akatsuki: «l'asimmetria potrebbe essere legata a una sostanza chimica non ancora identificata, presente nell'atmosfera, che assorbe fortemente la radiazione ultravioletta del Sole». Gli scompensi elettromagnetici e termodinamici dovuti alla variabilità nella distribuzione di questa sostanza potrebbero essere causa dell'asimmetria e della super-rotazione dell'atmosfera di Venere. Vista 3d della Eistla Regio, un vasto altopiano nell'emisfero settentrionale di Venere, ricavata dai dati radar della sonda Magellano (Nasa). | MAGELLAN TEAM (NASA / JPL) C'ERA VITA? Nel corso del convegno un gruppo di ricercatori ha avanzato l'ipotesi che Venere, in tempi lontani, possa avere avuto temperature compatibili con la presenza di acqua liquida, forse addirittura per tre miliardi di anni (un tempo più che sufficiente allo sviluppo di forme di vita), finché un ignoto evento catastrofico, circa 700 milioni di anni fa, lo trasformò rapidamente in ciò che vediamo oggi. Per Michael Way, del Goddard Institute of Space Studies, sulla base di modelli climatici elaborati grazie all'uso di super computer, «Venere può aver avuto un clima stabile per miliardi di anni, con temperature comprese tra 20 e 45 °C». Ecco come potrebbe apparire la superficie di Venere: un inferno. | NASA La catastrofe presa in considerazione da questi modelli potrebbe essere stata innescata da un processo di resurfacing, ossia di totale rinnovamento della crosta venusiana: una specie di tettonica delle zolle avvenuta in tempi molto rapidi che avrebbe rivoltato l'intera crosta del pianeta, liberando immani quantità di anidride carbonica e dando a Venere il suo aspetto attuale. |
Post n°2393 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
La vita di 3,5 miliardi di anni fa L'esistenza di forme di vita in un tempo così lontano è sempre stata messa in discussione, ma una nuova ricerca togliere ogni dubbio. Le strutture osservate nelle creste nella Dresser Formation (regione di Pilbara, Australia occidentale) sono stromatoliti, ossia tracce fossili di microrganismi (probabilmente cianobatteri) vissuti 3,5 miliardi di anni fa.|KATHLEEN CAMPBELL Si è sempre molto discusso sulla natura di alcune testimonianze presenti nelle rocce di una regione australiana: segni di vita antichissima oppure "semplici" strutture geologiche? Sembra che la questione sia stata infine risolta: vita antichissima, e ciò significa che 3,5 miliardi di anni fa (l'età di quelle formazioni) esistevano degli organismi viventi le cui "impronte" si sono conservate fino ai nostri giorni. Un campione di roccia della Dresser Formation composto da stromatoliti. | BAUMGARTNER ET AL., GEOLOGY, 2019 «È emozionante: per la prima volta siamo in grado di dimostrare che le "tracce" osservate nella sequenza di roccia sedimentaria dellaformazione di Dresser sono realmente stromatoliti, legate alle prime forme di vita terrestre», ha affermato il geologo Raphael Baumgartner, della University of New South Wales (Australia), coordinatore dello studio pubblicato su Geology. Le stromatoliti sono strutture sedimentarie che si osservano in rocce calcaree e che sono il risultato dell'azione di microorganismi fotosintetici, in particolare cianobatteri. La certezza che quelle siano stromatoliti (perciò strutture correlate a forme di vita) deriva dal fatto che i ricercatori sono riusciti a mettere in luce tracce di materia organica, grazie a un lavoro molto complesso e delicato. Innanzi tutto hanno prelevato campioni di roccia a una certa profondità, così che fossero i più integri possibile. Stromatoliti. Queste strutture sedimentarie formate dall'attività di cianobatteri sono tra le più antiche testimonianze della vita sul nostro pianeta. | GEORGETTE DOUWMA/NATURE PICTURE LIBRARY/CONTRASTO Poi hanno sottoposto i campioni alle più sofisticate e avanzate tecniche di analisi: dalla microscopia elettronica a scansione, alla spettroscopia a raggi X, fino alla spettroscopia Raman e alla spettrometria di massa ionica secondaria... una impressionante batteria di metodi e strumenti che hanno infine condotto i ricercatori a una conclusione univoca. SONO STROMATOLITI, senza ombra di dubbio: le analisi hanno rilevato che le strutture sono prevalentemente costituite da pirite (minerale composto da ferro e zolfo) piena di pori nanoscopici, ossia estremamente piccoli; nella pirite sono state evidenziate inclusioni di materiale organico contenente azoto che somigliano a resti dibiofilm (una complessa aggregazione di microrganismi che si depositano su una superficie dando origine a una sottilissima pellicola). Sezione di un frammento di roccia di 3,48 miliardi di anni fa, rinvenuto nella Dresser Formation (Pilbara, Australia occidentale): le aree biancastre sarebbero la prova della più antica forma di vita, che si è sviluppata in prossimità di antiche sorgenti calde. Lo studio di cui rendiamo conto in questa pagina conferma le ipotesi (vedi su focus.it) formulate da un altro team di ricercatori della University of New South Wales (Sidney) | UNSW Le Columbia Hills, dove atterrerà ExoMars 2020. Anche su Marte potrebbero esserci state delle stromatoliti. Le condizioni per sostenerle c'erano | NASA «La materia organica che abbiamo trovato conservata all'interno della pirite mostra filamenti eccezionalmente ben conservati, del tutto simili ai resti di biofilm microbici», ha confermato Baumgartner. Si tratta dunque di una "certezza assoluta": le strutture osservate sulla Dresser Formation sono stromatoliti. DALLA TERRA A MARTE. I ricercatori fanno notare come i depositi sulla Dresser hanno all'incirca la stessa età delle rocce più antiche di Marte. Si depositarono in un periodo durante il quale esistevano sorgenti idrotermali che avrebbero potuto dare origine a s imili stromatoliti... Se mai dovessimo trovare strutture analoghe sul Pianeta Rosso, adesso sappiamo come studiarle per avere una certezza assoluta sulle loro origini. |
Post n°2392 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Il doppio Nobel per la Letteratura del 2019 Olga Tokarczuk e Peter Handke segnano il nuovo ciclo del prestigioso riconoscimento, dopo lo stop per scandali sessuali dello scorso anno. Olga Tokarczuk e Peter Handke, Premi Nobel per la Letteratura 2018 e 2019.| Il Nobel per la Letteratura 2018 è stato assegnato alla scrittrice e attivista polacca Olga Tokarczuk, e quello 2019 è andato al saggista, drammaturgo e poeta austriaco Peter Handke. Tokarczuk è stata premiata "per un'immaginazione narrativa che, i nsieme a una passione enciclopedica, rap- presenta il superamento dei confini come forma di vita". Handke, "per l'influente lavoro che con ingegnosità linguistica ha esplorato la periferia e la specificità dell'esperienza umana". OLGA TOKARCZUK è nata a Sulechów, in Polonia, nel 1962 e ha debuttato come scrittrice di romanzi nel 1993 con Il viaggio del libro-popolo, conquistando un'immediata popolarità tra i lettori e i critici letterari. Ma il vero successo è arrivato tre anni dopo con Prawiek i inne czasy (nell'edizione italiana Dio, il tempo, gli uomini e gli angeli) ambientato in un villaggio immaginario nel cuore della Polonia e al centro dell'Universo, popolato da figure immaginarie e simboliche, e sorvegliato da quattro arcangeli. Secondo l'Accademia svedese, Tokarczuk non vede la realtà come qualcosa di stabile e duraturo, e costruisce i suoi racconti in una tensione tra opposti culturali: natura contro cultura, ragione contro pazzia, maschile contro femminile, casa e appartenenza contro alienazione. Un altro suo fondamentale romanzo è stato I libri di Jacob(2014), che è valso alla scrittrice l'ostilità di una parte di nazionalisti polacchi: Tokarczuk è stata accusata di essere "una traditrice" e apertamente minacciata di morte per aver sostenuto che anche la Polonia si sia macchiata di orrendi atti di colonizzazione in alcuni momenti della sua storia, contrariamente all'immagine di sopravvissuta all'oppressione che spesso le si accosta. PETER HANDKE è nato nel 1942 a Griffen, un villaggio della Carinzia (in Austria meridionale). La madre, morta suicida nel 1971, faceva parte della minoranza slovena della regione. Handke è considerato uno dei più influenti scrittori d'Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale (tra le sue opere più significative: Insulti al pubblico, testo teatrale del 1966). Sua peculiarità è la straordinaria attenzione ai paesaggi e alla presenza materica del mondo: cinema e pittura sono le sue principali fonti di ispirazione.
PERCHÉ DUE PREMI. A ciascuno dei vincitori è stato assegnato un premio "intero" (circa 830 mila euro): come specificato dall'Accademia, non si tratta di un premio condiviso, ma di due Nobel separati. Quella della doppia premiazione di quest'anno è una scelta motivata dallo scandalo che ha investito l'Accademia svedese nel 2017-2018, in seguito alle accuse - poi confermate - di molestie sessuali mosse al fotografo franco-svedese Jean-Claude Arnault, marito di un allora membro della Commissione, la poetessa e scrittrice Katarina Frostenson. Arnault era a capo di un progetto culturale finanziato dall'Accademia svedese, da molti accusata di aver avuto sin dall'inizio un atteggiamento troppo morbido nella gestione del caso. Dopo le dimissioni spontanee di alcuni giurati in polemica con l'istituzione, a quel punto minata nella reputazione, l'Accademia ha deciso di far calmare le acque e saltare l'assegnazione del 2018. In seguito sono arrivate la condanna per stupro di Arnault e l'allontanamento di Frostenson e di altri giurati, accusati di aver essere stati a conoscenza delle vicende e di averle coperte, e anche di aver lasciato trapelare informazioni riservate sui nomi dei futuri vincitori. Se si esclude questa complessa vicenda, dal 1901, anno di lancio del Premio, il Nobel per la Letteratura non è stato assegnato soltanto in 7 occasioni: nei sei anni durante le guerre mondiali e nel 1935, quando non fu individuato nessun vincitore. Mai prima d'ora era stato sospeso a causa di uno scandalo giudiziario. |
Post n°2391 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Il Nobel per la Pace 2019 ad Abiy Ahmed Ali Il Primo Ministro dell'Etiopia premiato per i suoi sforzi nel perseguire la pace e la cooperazione internazionale e in particolare per aver posto fine al conflitto armato con la vicina Eritrea. Il Primo Ministro dell'Etiopia Abiy Ahmed Ali, Premio Nobel per la Pace 2019. Al Primo Ministro dell'Etiopia, Abiy Ahmed Ali, è stato assegnato ilNobel per la Pace 2019 "per il suo impegno nel raggiungere la pace e la cooperazione internazionale, e in particolare per la sua iniziativa decisiva nel risolvere il conflitto al confine con la vicina Eritrea". Nelle intenzioni del Comitato per il Nobel norvegese, l'istituzione che per volere di Alfred Nobel assegna il Nobel per la Pace, il premio di quest'anno è un riconoscimento a tutti gli attori che lavorano alla riconcilia zione in Etiopia e nelle altre aree dell'Africa orientale e nord orientale. È anche un premio di incoraggiamento: anche se molto è stato fatto per trasformare l'Etiopia in uno Stato democratico, Abiy Ahmed è in carica soltanto dall'aprile 2018, la situazione alle frontiere tra Etiopia ed Eritrea è ancora tesa, e le prime libere ele- zioni sotto questa presidenza si devono ancora svolgere - se nulla cambia, dovreb- bero tenersi nel 2020. Il Nobel riconosce il lavoro già avviato nella speranza che si continui nella stessa direzione. Ethiopia's Prime Minister Abiy Ahmed has received the Nobel Peace Prize. This award should push & motivate him to tackle the outstanding human rights challenges that threaten to reverse the gains made so fast Amnesty International (@amnesty) UN'ALTRA PACE È POSSIBILE. Collaborando strettamente con il Presidente dell'Eritrea Isaias Afwerki, Abiy Ahmed ha lavorato a un accordo di pace tra i due Paesi diverso dalla strategia "no peace, no war" da tempo vigente. L'accordo di pace formalizzato a luglio 2018 ha posto fine a 20 anni di stallo militare ai confini tra Etiopia ed Eritrea, risultato di un conflitto alla frontiera dal 1998 al 2000. In Etiopia, Abiy Ahmed ha avviato importanti riforme che fanno sperare a molti cittadini un futuro migliore. Nei primi 100 giorni da Primo Ministro ha garantito l'amnistia di migliaia di prigionieri politici, interrotto la censura mediatica, legalizzato gruppi di opposizione che erano stati dichiarati fuori legge, licenziato leader militari e politici sospettati di corruzione e migliorato in modo significativo l'influenza delle donne nella vita politica e sociale. Ha inoltre promesso di rafforzare la tenuta democratica del Paese organizzando libere e oneste elezioni. SOLO ALL'INIZIO. Il Primo Ministro etiope ha condotto un'opera di mediazione nel conflitto che da tempo si protrae tra Kenya e Somalia per un'area marina contesa, e contribuito al miglioramento delle relazioni diplomatiche tra Eritrea e Djibouti. In Sudan, il regime militare e l'opposizione sono ritornati a un tavolo negoziale, e Abiy Ahmed ha avuto un ruolo chiave nelle trattative. RESTA MOLTO DA FARE. Il riacutizzarsi in Etiopia delle rivalità etniche e la nuova chiusura di alcuni posti di frontiera aperti con l'Eritrea per decisione di quest'ultima - fino a che la bozza di accordo di pace non sarà legalizzata a tutti gli effetti - minacciano di vanificare parte del lavoro fatto. Intanto, ci sarebbero fino a 3 milioni di cittadini etiopi in fuga dai loro paesi e altri milioni di rifugiati ammassati ai confini negli stati vicini. Occorre proseguire con tenacia: la completa pacificazione del secondo Stato più popoloso d'Africa avrebbe effetti positivi in tutta la parte orientale del continente. |
Post n°2390 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet Oltre 250 impronte nella sabbia: una finestra senza precedenti sulla vita dei NeanderthalUna "passeggiata sulla spiaggia" di 80 mila anni fa offre uno scorcio sulla vita sociale di questo gruppo umano: pochi adulti (uno dei quali ben più alto del previsto) badavano a moltissimi bambini. Le impronte preistoriche si trovavano tra un ruscello e quella che oggi è una spiaggia. La loro analisi è stata una corsa contro il tempo, prima che vento e altri elementi naturali le cancellassero.|DOMINIQUE CLIQUET Centinaia di orme di Neanderthal perfetta- mente conservate sono state riportate alla luce vicino a una spiaggia di Le Rozel, in Normandia (Francia): il "malloppo" di impronte, il più ricco mai trovato tra quelli lasciati dall'antico gruppo umano, regala nuovi dettagli sulla struttura sociale di questa specie così strettamente intrecciata ai sapiens. La scoperta pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences descrive una rete familiare molto diversa dalla nostra, con un numero ristretto di adulti intenti a seguire molti bambini, non è chiaro per quale tipo di attività.
Un'orma Neanderthal fotografata nel dettaglio. | DOMINIQUE CLIQUET NASCOSTE E PROTETTE. Le impronte lasciate nel fango circa 80 mila anni fa si sono perfettamente conservate perché coperte da uno strato di sabbia (l'area faceva parte, un tempo, di un sistema di dune). Una campagna di scavi iniziata nel 2012 e durata cinque anni ha rimosso oltre 9 metri di depositi superficiali prima di arrivare allo strato con le 257 impronte, l'80% delle quali si concentra in circa 90 metri quadrati di spazio. Nel materiale sovrastante sono stati trovati utensili per affilare la pietra e per la macel- lazione animale, ma non resti umani: gli scienziati sono tuttavia piuttosto certi che le impronte appartengano ai Neanderthal, gli unici che all'epoca vivevano in Europa occidentale. UNO SPILUNGONE. I ricercatori hanno fotografato le orme e ne hanno creato modelli in 3D usando un polimero gommoso più elastico e preciso del gesso. Dall'ampiezza delle impronte - quelle dei Neanderthal sono più larghe di quelle umane - è stato possibile stimare l'altezza, e l'età, di chi le lasciò. Qui è arrivata la prima sorpresa: uno dei 10-13 individui che calcò il piede in questo fango era alto 175 cm, molto più dei 150- 160 cm di media cui fanno pensare molti reperti fossili.
NURSERY PREISTORICA. Anche la composizione del gruppo appare curiosa. Il 90% delle impronte appartiene a bambini (uno dei quali di due anni appena) e adolescenti: la maggior parte degli individui passati di qui lasciò infatti un'impronta lieve al suolo, un particolare che fa pensare a persone ancora in fase di crescita. Da una specie di cacciatori-raccoglitori come i Neanderthal ci saremmo aspettati una più alta percentuale di adulti, soprat- tutto durante le incursioni per procurarsi cibo. Ma non sappiamo quale fosse lo scopo della camminata, né se quello in cui ci siamo imbattuti fosse un gruppo "tipico" o un caso eccezionale. COLPO DI FORTUNA. Per gli scienziati del Museo Nazionale Francese di Storia Naturale, che hanno guidato gli scavi, «la conservazione delle impronte richiede una sorta di miracolo» e quello di Le Rozel è un caso particolar- mente fortunato. Prima d'ora erano stati scoperti soltanto nove gruppi di impronte di Neanderthal, in Grecia, Romania, Francia e Gibilterra, ma mai così numerosi. Le orme che non sono state estratte dalla sabbia e modellate sono state rapidamente cancellate dal vento. |
Post n°2389 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
En Esur: in Israele i resti della New York dell'Età del Bronzo I lavori per la costruzione di uno svincolo autostradale hanno riportato alla luce le tracce di un'estesa città di 5.000 anni fa: dieci volte più grande di Gerico, e perfet- tamente pianificata. I resti di un importante insediamento preistorico sono venuti alla luce nel nord di Israele, a una cinquantina di km a Tel Aviv, nel corso dei lavori per la costruzione di uno svincolo autostradale. Gli scavi hanno rivelato la pianta di En Esur, che doveva essere una sorta di "New York della prima Età del Bronzo": 5.000 anni fa si estendeva su di un'area di 650.000 metri quadrati e doveva avere una popolazione di circa 6.000 abitanti. En Esur, più piccola degli insediamenti che all'epoca fiorirono in Egitto e Mesopotamia, faceva comunque impallidire ogni altra città di quell'area del Levante, una regione che oggi comprende Israele, Libano, Cisgiordania, Giordania e Siria, ed era 10 volte più grande di famose città cananee come Gerico e Megiddo. La pianta della città mostra un'attenta pianifica- zione, con un complesso reticolo di vie, vicoli e piazze, silos per lo stoccaggio del cibo e una pavimentazione a base di gesso e pietra capace di drenare l'acqua nei periodi delle piogge.
gli oggetti d'uso comune più antichi del mondo. | I NSTITUTE FOR ARCHAEOLOGIES, UNIVERSITY OF INNSBRUCK Secondo gli archeologi dell'Israel Antiquities Authority (IAA), En Esur è la testimonianza di un periodo di transizione tra società agricole e urbane cominciato nel 3.300 a.C., un'epoca in cui si viveva di agricoltura ma anche del commercio con le regioni vicine. Oltre alla rete abitativa, gli scavi hanno ripor- tato alla luce tracce di edifici pubblici, come una fortificazione con pareti spesse due metri e circondata da torri, e un cimitero con grotte sepolcrali situato poco fuori città. Tra le case è inoltre emerso un grande edificio di culto di 2.000 anni più antico della stessa En Esur: lì sono state rinvenute ossa bruciate di animali, statuine raffiguranti sagome umane e una grande vasca del peso di 10-15 tonnellate ottenuta da materiale estratto da cave a diversi chilometri dalla città. La presenza di questa stratificazione più antica sotto la città dell'Età del Bronzo fa pensare che una prima esplosione demografica in questo luogo fosse avvenuta già 7.000 anni fa. All'epoca En Esur doveva essere ancora solo un grosso villaggio, ma con alcune strutture già sofisticate: «La nascita dell'urbaniz- zazione è una questione che va costantemente ridiscussa», spiega Yitzhak Paz, uno degli archeologi che ha guidato gli scavi. «Si era soliti pensare che fosse iniziata attorno alla fine del quarto millennio a.C., ma forse iniziò prima». Stando a quanto riportato da Haaretz, difficilmente la scoperta cambierà i piani ingegneristici in corso: l'insediamento è probabilmente destinato a scomparire sotto il nuovo svincolo autostradale. Secondo altre fonti, la compagnia incaricata dei lavori starebbe pianificando di costruire la strada a un livello rialzato, rispetto alle rovine, in modo da proteggerle. |
Post n°2388 pubblicato il 18 Ottobre 2019 da blogtecaolivelli
Pompei: i tesori della Casa del Giardino Gioielli e monili: i nuovi, preziosi tesori in mostra nel sito archeologico più famoso al mondo. Grazie al Grande Progetto Pompei, avviato nel 2012 ed entrato nel vivo nel 2014, il passato della città vesu- viana continua a tornare alla luce. È in particolare la Regio V, l'area al confine settentrionale del sito in cui si sono concentrati gli scavi, a rega- lare nuove emozioni: dopo i due splendidi affreschi con Leda e il cigno e con Narciso che si specchia nell'acqua, scoperti in un cubicolo (una stanza da letto) di una casa di via del Vesuvio, è riemersa questa estate in un'altra domus (la Casa del Giardino) una ric- ca collezione di monili, gemme e altri piccoli manufatti di alta qualità artigia- nale e dai contorni misteriosi. Si tratta di oggetti d'uso quotidiano, utilizzati come semplice ornamento o per scacciare la malasorte. Sono infatti numerosi i pendenti a forma di fallo, di spiga o di teschio, immagini che evocano la fertilità e la fortuna. A questi si aggiungono oggetti più esotici, come gli scarabei e la figura di Arpocrate, antica divinità egizia adottata nel mondo romano come personificazione del "silenzio". I vari simboli e le molte iconografie sono peraltro ancora in corso di studio per comprenderne a fondo la funzione. |
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