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Messaggi del 15/06/2020
Post n°3090 pubblicato il 15 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet I primi parassiti della Terra Illustrazione di una conchiglia di brachiopodo incrostata di parassiti (©Zhifei Zhang/Northwest University) Documentata la presenza di parassiti su resti fossili di brachiopodi, piccoli organismi simili ai molluschi bivalvi, risalenti a 512 milioni di anni fa. Si tratta della più antica testimonianza nota finora di un'interazione parassitaria tra animali PALEONTOLOGIA Circa 540 milioni di anni fa, durante il Cambriano, il nostro pianeta è stato teatro di uno dei principali eventi paleontologici della sua storia: la comparsa e la diversificazione della maggior parte dei gruppi di animali complessi. Un articolo pubblicato su "Nature Communications" da Zhifei Zhang della Northwest University a Xi'an, in Cina, e colleghi di una collaborazione internazionale, rivela ora che già nell'epoca appena successiva all'esplosione cambriana gli animali dovevano fare i conti con i parassiti. Lo studio ha documentato la loro presenza nei fossili di brachiopodi, piccoli animali marini simili a molluschi bivalvi, risalenti a circa 512 milioni di anni fa: si tratta della più antica relazione parassita-ospite identificata finora nelle registrazioni fossili. I brachiopodi sono un'immensa risorsa per lo studio dell'evoluzione della vita. Attualmente ne sono note circa 450 specie, ma nelle registrazioni fossili ne sono descritte oltre 12.000. Zhifei Zhang e colleghi hanno analizzato il brachiopodo del Cambriano Neobolus wulongqingensis, una specie scoperta nello Yunnan, in Cina, e datata oltre 500 milioni di anni fa. Si tratta di organismi di dimensioni minuscole (1,9 millimetri di lunghezza per 2,4 millimetri di larghezza), tanto che un metro metro quadrato di superficie geologica studiata contiene i resti di circa 60.000 esemplari. Studiando in particolare una piccola popolazione di 429 esemplari, gli autori hanno scoperto che i gusci di 205 di essi erano incrostati da strutture tubolari mineralizzate. Inoltre, i brachiopodi incrostati erano significativamente più piccoli di quelli non incrostati e i tubuli erano allineati in modo da intercettare parte dei flussi di acqua con cui si alimentavano gli esemplari di N. wulongqingensis. I resti fanno pensare che nei tubuli mineralizzati fossero presenti parassiti vermiformi, che si nutrivano anch'essi filtrando l'acqua, che vanno classificati tra i cleptoparassiti, che vivono sottraendo cibo all'ospite. Ogni conchiglia ne aveva in media tre o quattro, ma alcune arrivavano anche sette o più. Complessivamente, dunque, i paleontologi sono riusciti a mettere in luce un'antichissima interazione parassitaria, un compito arduo perché basato unicamente sull'analisi morfologica dei fossili. In questo caso i ricercatori sono andati anche oltre, documentando non solo il parassitismo, ma anche il suo costo per l'ospite, che cresceva meno del dovuto per il ridotto apporto di nutrienti. (red) |
Post n°3089 pubblicato il 15 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Comunicato stampa Scoperta una nuova specie di insetto: il Dyscolus gobbii © Pierre Moret La dedica a Mauro Gobbi, l'entomologo del MUSE che l'ha trovata sulle Ande ecuadoregne ANIMALI Identificata una specie nuova per la scienza: il Dyscolus gobbii. Si tratta di un piccolo coleottero che vive in ambienti d'alta quota della Cordillera Andina. A scoprirlo è stato Mauro Gobbi, entomologo del MUSE, che ha ispirato il nome dell'insetto. E, riavvolgendo il nastro della storia, non è la prima volta che una nuova specie viene dedicata a uno scienziato del Museo delle Scienze di Trento. È stata scoperta sulle Ande una nuova specie di coleottero, il Dyscolus gobbii, un piccolo insetto che abita uno dei luoghi più estremi e, apparentemente inospitali, della Terra. A scoprirlo, durante una recente spedizione scientifica, è stato Mauro Gobbi, entomologo e conservatore presso la Sezione di Zoologia degli Invertebrati e Idrobiologia del MUSE - Museo delle Scienze di Trento. Una scoperta, non certo passata inosservata nel mondo scientifico, che il dottor Pierre Moret del Centre National de la Recherche Scientifique francese ha voluto onorare con un prestigioso riconoscimento: la nuova specie di coleottero è stata chiamata Dyscolus gobbii, un omaggio al cognome del ricercatore del MUSE che l'ha trovata. Il nome scientifico di una specie è costituito da due epiteti: quello generico e quello specifico, il primo è scritto in maiuscolo, ad esempio Dyscolus, e il secondo minuscolo, in questo caso gobbii, entrambi in corsivo. Questa nomenclatura, detta binomiale, è stata sviluppata dal naturalista Carl Linnaeus (1707-1778) e ha posto le basi per la classificazione degli esseri viventi. Il Dyscolus gobbii è un coleottero che appartiene alla famiglia dei Carabidi. È lungo circa 10-12 mm ed è presente nelle porzioni più umide del superpáramo, l'habitat posto alle quote più elevate della Cordillera Andina, una sorta di tundra alpina. Gli esemplari, impiegati per descrivere le caratteristiche morfologiche della specie nuova e per le analisi genetiche funzionali al confronto con altre specie simili, sono stati raccolti da Mauro Gobbi, in collaborazione con Pierre Moret, a quote comprese tra 4200 e 4400 metri di altitudine. Ed è proprio dall'analisi del loro DNA che è stato possibile confermare che si trattava di una specie nuova per la scienza. "Non è solo un riconoscimento importante alla mia carriera scientifica, ma anche all'attività di ricerca che facciamo, come MUSE, in ambienti estremi d'alta quota del mondo - racconta Mauro Gobbi, che nel 2017 ha preso parte alla campagna di ricerca tra i ghiacciai dei vulcani andini -. Una spedizione scientifica internazionale volta a investigare la biodiversità presente negli ambienti d'alta quota delle Ande dell'Ecuador, col fine di comprendere gli effetti dei cambiamenti climatici sulle comunità di insetti delle aree montane tropicali". In passato già famosi naturalisti-esploratori come Alexander von Humboldt (1768-1859) ed Edward Whymper (1840-1911) furono attratti dalla biodiversità di insetti e piante presenti negli ambienti d'alta quota delle Ande. Ma la difficoltà fisica per raggiungere e lavorare in tali aree, difficilmente accessibili e poste a quote superiori i 4000 metri, li rende tutt'oggi in gran parte inesplorati. "Il livello di conoscenza della biodiversità presente sul nostro pianeta è ben lontano dall'essere esaustivo, soprattutto per le zone più remote", conferma Gobbi, che ha condiviso, con il team internazionale impegnato nella spedizione, l'esperienza acquisita in anni di studi e censimenti sulle comunità di insetti in ambienti d'alta quota presenti sulle Alpi, i Pirenei e nel Nord Europa. "Insetti come i Carabidi - prosegue l'entomologo del MUSE - sono ampiamente impiegati come 'sentinella' dello stato di salute degli ambienti; sono quindi ottimi bioindicatori in grado di fornire dati funzionali all'impiego di modelli matematici utili alla comprensione degli effetti dei cambiamenti climatici sulla biodiversità". Annualmente, precisa Gobbi, vengono scoperte nuove specie, soprattutto per quanto riguarda gli Insetti. Ma descrivere correttamente e dare il nome a una nuova specie è una grande responsabilità scientifica, nonché motivo di grande orgoglio per uno scienziato. L'etimologia dei nomi che vengono dati alle specie nuove ne può ripercorre le caratteristiche morfologiche (Elaphe longissima), le proprietà intellettuali (Homo sapiens), può ricordare un mito greco (Parnassius apollo), può essere semplicemente strano o divertente (Vini vidivici). In tutti i casi deve però essere conforme a un codice che si chiama Codice Internazionale di Nomenclatura Zoologica e la descrizione deve essere pubblicata su una rivista scientifica di rilevanza internazionale. Questo è il caso di Dyscolus gobbii la cui descrizione, effettuata da Pierre Moret, è stata pubblicata il 15 maggio 2020 sulla rivista European Journal of Taxonomy: https://europeanjournaloftaxonomy.eu/index.php/ejt/issue/ view/827. Non si tratta, però, dell'unico caso di specie nuova che è stata dedicata a uno scienziato del MUSE. In passato ci sono stati altri riconoscimenti: il Crostaceo Branchiopode Chirocephalus marchesoni dedicato al direttore dell'allora Museo di Storia Naturale di Trento, Vittorio Marchesoni, l'Eterottero Miride Dimorphocoris tomasii dedicato al direttore emerito del Museo Tridentino di Scienze Naturali Gino Tomasi, e più recentemente il Dittero Chironomide Chaetocladius lencioniae dedicato a Valeria Lencioni, responsabile della Sezione di Zoologia degli Invertebrati del MUSE e la Diatomea Eunotia cantonatii dedicata a Marco Cantonati, responsabile della Sezione di Limnologia e Algologia. del MUSE. |
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