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Messaggi del 18/06/2020
Post n°3118 pubblicato il 18 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riortato dall'Internet A caccia con arco e frecce in Europa già 40.000 anni fa di Folco Claudi Ricostruzione di un cacciatore dell'Uluzziano mentre usa arco e freccia (S. Ricci) Una nuova analisi delle pietre scheggiate scoperte nella Grotta del Cavallo, in Puglia, indica che probabilmente sono punte di frecce, retrodatando quindi l'introduzione di armi da lancio in Europa da parte degli esseri umani Gli esseri umani vissuti in Europa tra 45.000 e 40.000 anni fa circa cacciavano già con archi e frecce. Lo rivela uno studio effettuati sui reperti della Grotta del Cavallo, un importante sito archeologico sulla costa del Salento, da una collaborazione italo-giapponese, di cui fanno parte l'Università di Siena e l'Università di Bologna. Si tratta di un'importante scoperta sulla tecnologia avanzata della cultura Uluzziana, probabilmente la più antica di Homo sapiens in Europa, che completa il quadro delle ipotesi sulla colonizzazione del continente da parte dei nostri antenati e sull'estinzione dell'uomo di Neanderthal. scheggiata a forma di mezzaluna, di cui era ancora sconosciuto l'utilizzo. semilune un'analisi tecnico-funzionale dell'usura e delle fratture che ricorrono frequentemente in questa particolare tipologia di strumento litico", ha spiegato a "Le Scienze" Stefano Benazzi, paleoantropologo dell'Università di Bologna e coautore dell'articolo pubblicato su "Nature Ecology & Evolution". "I nostri colleghi giapponesi hanno effettuato prove sperimentali, riproducendo le semilune con lo stesso materiale e montandole su frecce o sui cosiddetti propulsori, aste che servivano sostanzialmente a prolungare il braccio e a lanciare così i proiettili con più forza", ha sottolineato il ricercatore. modo da simulare gli impatti tipici della caccia. riscontrate nei reperti della Grotta del Cavallo", ha aggiunto Benazzi. "La difficoltà a quel punto era capire se la tecnologia usata fosse effettivamente quella del propulsore o dell'arco e della freccia: noi propendiamo per questa seconda ipotesi, ma non possiamo escludere completamente il propulsore". Punta a mezzaluna con frattura da impatto scoperta nella Grotta del Cavallo (K. Sano) di armi da lancio basate su dispositivi meccanici in Europa. L'efficienza nella caccia derivata da questa innovazione ha probabilmente dato a H. sapiens un vantaggio enorme, permettendogli di soppiantare H. neanderthalensis, con il quale aveva convissuto nelle stesse regioni europee per circa 5000 anni. gruppo ha pubblicato un articolo in cui si dimostra che resti umani associati a questa cultura sono di H. sapiens, ma a livello internazionale qualcuno critica questa conclusione", ha sottolineato Benazzi. "Ora la scoperta di una tecnologia così innovativa, che sappiamo essere presente in Africa già 15.000-20.000 anni prima, va a sostegno dell'ipotesi che si sia verificata un'ondata di colonizzazione di H. sapiens arrivati in Europa dal continente africano con una tecnologia sofisticata". definiti di transizione tra i Neanderthal e H. sapiens, mostrano strumenti litici molto simili", ha concluso Benazzi. "Speriamo che dopo il nostro lavoro, i colleghi all'estero guardino con occhi diversi gli strumenti litici che hanno a disposizione". |
Post n°3117 pubblicato il 18 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Il lockdown che fa bene all'ambiente Centrale elettrica a carbone in Germania (©mauritius images/AGF) Nei giorni di rigorosa chiusura di tutte le attività in gran parte del mondo, le emissioni di anidride carbonica giornaliere sono calate del 17 per cento, principalmente in Cina e negli Stati Uniti, riportando il pianeta ai livelli del 2006. Ma il vantaggio non durerà: misure di contenimento più blande come quelle attuali non bastano a ridurre le emissioni tanto da mitigare il riscaldamento globale Una crisi sanitaria che non si vedeva da almeno 100 anni e una crisi economica senza precedenti dal secondo dopoguerra. L'emergenza COVID-19 dei primi mesi del 2020 ha avuto effetti devastanti, ma almeno per un aspetto ha avuto un risvolto positivo: il calo delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera. Corinne Le Quéré dell'Università dell'East Anglia, nel Regno Unito, e colleghi ha quantificato la variazione nei giorni di massimo rigore delle misure di quarantena nel mondo, mostrando che si è trattato di un vero e proprio crollo: 17 milioni di tonnellate in meno al giorno cioè 17 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. Per qualche settimana, il pianeta è tornato ai livelli del 2006 mentre al picco del confinamento, il calo percentuale delle emissioni nei singoli paesi è stato in media del 26 per cento . trasporti di superficie, come i viaggi in auto, rappresentano quasi la metà (43 per cento) della diminuzione delle emissioni globali durante il picco del lockdowon del 7 aprile. Un ulteriore 43 per cento del calo è dovuto alle emissioni provenienti dall'industria e dalla produzione di energia elettrica. L'aviazione è il settore economico più colpito dal blocco, ma rappresenta solo il 3 per cento delle emissioni globali: complessivamente, rende conto del 10 per cento della diminuzione delle emissioni durante la pandemia. Nel complesso, il maggiore consumo di energia negli edifici residenziali dovuto alle molte persone che lavoravano in casa ha compensato solo marginalmente il calo delle emissioni di altri settori. cambiamento totale stimato alla fine di aprile delle emissioni arriva a più di un miliardo di tonnellate di anidride carbonica. I cambiamenti maggiori sono stati rilevati in Cina, dove è iniziato il confinamento, con una diminuzione di 242 milioni di tonnellate di anidride carbonica (MtCO2), seguita dagli Stati Uniti (207 MtCO2), Europa (123 MtCO2) e India (98 MtCO2). i ricercatori. L'analisi mostra anche che le misure di contenimento basate soltanto sui comportamenti collettivi non sono in grado di determinare le profonde e durature riduzioni delle emissioni di gas serra necessarie per mitigare i cambiamenti climatici. in quanto non riflettono i cambiamenti strutturali nei sistemi economici, di trasporto o energetici", ha spiegato Le Quéré. "Esiste tuttavia l'opportunità di realizzare cambiamenti reali e duraturi per poter affrontare crisi future, implementando pacchetti di stimolo economico che aiutino anche a raggiungere gli obiettivi climatici, specialmente per la mobilità, che rappresenta la metà della diminuzione delle emissioni durante il lockdown". (red) |
Post n°3116 pubblicato il 18 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Se il riscaldamento globale arriva nelle profondità oceaniche Vita marina oltre i 200 metri di profondità (©Schmidt Ocean Institute) Nel prossimo futuro l'impatto ecologico del riscaldamento globale sugli strati più profondi degli oceani potrebbe essere pesante, mettendo a rischio la biodiversità di quelle zone oceaniche. Questo scenario, dovuto a una capacità di adatta- mento limitata nel caso di variazioni di temperatura, è stato finora largamente sottovalutato Nei prossimi decenni, gli strati più profondi degli oceani subiranno l'impatto del cambiamento climatico in modo pesante, anche se le variazioni di temperatura saranno meno intense rispetto a quelle della superficie oceanica. Lo rivela un'analisi basata su ben 11 modelli climatologici pubblicata su "Nature Climate Change" da un gruppo internazionale di ricerca, guidato dall'Università del Queensland, in Australia. in termini ecologici è importante valutare non tanto le variazioni di temperatura delle diverse zone del globo, quanto piuttosto la risposta attuata dalle specie nei propri habitat. Gli autori in questo caso hanno usato come parametro d'indagine la climate velocity, che descrive con quale rapidità e in quale direzione le specie cambiano il loro areale, cioè la zona in cui esse vivono in modo stabile. In particolare, hanno calcolato la climate velocity per il clima contemporaneo, che ha caratterizzato il periodo compreso tra il 1955 e il 2005, e per tre diversi scenari climatici definiti dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) per il periodo 2050-2100. I ricercatori hanno scoperto che nella serie storica, le climate velocity erano più elevate in profondità che in superficie. L'effetto è particolarmente evidente oltre i 1000 metri di profondità, con valori da due a quattro volte maggiori rispetto agli strati superficiali, nonostante questi ultimi abbiano sperimentato il riscaldamento maggiore. stesso fenomeno. Entro fine secolo le climate velocity degli strati mesopelagici, compresi tra 200 e 1000 metri di profondità, saranno tra quattro e 11 volte i valori superficiali, a seconda di quanto sarà intenso il riscaldamento climatico dei prossimi decenni. Questo dato è particolarmente importante perché riguarda numerosissime specie di pesci di piccole dimensioni che costituiscono il nutrimento di animali marini più grandi. cioè i massimi valori delle climate velocity si sovrappongono agli hot-spot di biodiversità per circa 20.000 specie marine. Hanno così scoperto che i problemi maggiori saranno alle latitudini tropicali e subtropicali per gli strati superficiali e intermedi, mentre saranno a ogni latitudine per gli strati profondi, tranne che nelle regioni polari. profondità marine sarà probabilmente più a rischio rispetto a quella superficiale perché la biodiversità delle profondità è in grado di adattarsi solo ad ambienti termicamente molto più stabili", dice Jorge Garcia Molinos, ecologo dell'Università dell'Hokkaido, che ha contribuito allo studio. "L'accelerazione della climate velocity per l'oceano profondo è costante in tutti i possibili scenari di concentrazione di gas serra considerati. Ciò fornisce una forte motivazione a considerare gli impatti futuri del riscaldamento degli oceani sulla biodiversità degli strati profondi, un tema che rimane sottovalutato in modo preoccupante". (red) |
Post n°3115 pubblicato il 18 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet L'asteroide 52768 in rotta verso la Terra, l'esperto: "Un meteorite così può causare la fine dell'umanità" Enorme Asteroide in rotta verso la Terra, l'esperto: "Oggetti vicini ad 1 chilometro e più grandi possono causare danni su scala globale. Possono innescare terremoti, tsunami e altri effetti secondari oltre l'immediata area di impatto"A cura di Beatrice Raso 4 Marzo 2020 13:52 Un asteroide in grado di mettere fine alla civiltà umana si avvicinerà alla Terra nel mese di aprile 2020. Il Dott. Bruce Betts del gruppo internazionale di astronomi ha dichiarato: "Piccoli asteroidi, di pochi metri, colpiscono frequentemente e bruciano nell'atmosfera e fanno pochi danni. Gli asteroidi di dimensioni simili a quello di Chelyabinsk, circa 20 metri, che ha colpito nel 2013, creano onde d'urto che mandano in frantumi le finestre e provocano feriti. Gli asteroidi di dimensioni simili a quello di Tunguska, circa 40 metri, che ha colpito la Siberia nel 1908, potrebbero distruggere completamente una città o creare uno tsunami. Gli asteroidi più grandi che colpiscono in media meno spesso potrebbero causare una distruzione regionale. Gli asteroidi ancora più grandi che colpiscono ancora meno frequentemente potrebbero causare una catastrofe globale".
" Il potenziale distruttivo delle rocce spaziali così grandi è stato sottolineato anche in un report del 2018 pubblicato dall'US National Science and Technology Council. La National Near-Earth Object Preparedness Strategy riporta: "Oggetti vicini ad 1 chilometro e più grandi possono causare danni su scala globale. Possono innescare terremoti, tsunami e altri effetti secondari che si estendono oltre l'immediata area di impatto". Per fare un confronto, si ritiene che l'asteroide che ha ucciso i dinosauri fosse ampio circa 10km.
La NASA stima che l'asteroide 1998 OR2 abbia un diametro compreso tra 1,5 e 4,1km. La roccia spaziale è stata rilevata mentre volava intorno al sole nel 1987 e la NASA ha confermato la sua orbita il 30 giugno del 1987. Gli astronomi lo classificano come un oggetto near-Earth "potenzialmente pericoloso". Secondo la NASA, nel suo punto più vicino, la roccia spaziale si avvicinerà alla Terra a circa 6,2 milioni di chilometri il 29 aprile, circa 16 volte la distanza tra la Terra e la Luna.
Betts afferma: "Ci sono alcuni asteroidi che attualmente sono noti per avere una bassa probabilità di colpire la Terra in decine o centinaia di anni. Per esempio, una delle probabilità più alte attualmente è un asteroide di circa 37m di diametro chiamato 2000 SG344 che ha una probabilità di impatto di 1 su 1100 nel 2071. Ma queste sono sempre basate su osservazioni di asteroidi che hanno delle incertezze". |
Post n°3114 pubblicato il 18 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: Wikipedia Pulsar Immagine ai raggi X della Pulsar delle Vele. Una pulsar, nome che stava originariamente per sorgente radio pulsante, è una stella di neutroni. Nelle prime fasi della sua formazione, in cui ruota molto velocemente, la sua radiazione elettromagnetica in coni ristretti è osservata come impulsi emessi ad intervalli estremamente regolari. Nel caso di pulsar ordinarie, la loro massa è comparabile a quella del Sole, ma è compressa in un raggio di una decina di chilometri, quindi la loro densità è enorme. Il fascio di onde radio emesso dalla stella è causato dall'azione combinata del campo magnetico e della Le pulsar si formano quando una stella esplode come supernova II, mentre le sue regioni interne collassano in una stella di neutroni congelando ed ingigantendo il campo magnetico originario. La velocità di rotazione alla superficie di una pulsar è variabile e dipende dal numero di rotazioni al secondo sul proprio asse e dal suo raggio. Nel caso di pulsar con emissioni a frequenze del kHz, la velocità superficiale può arrivare ad essere una frazione significativa della velocità della luce, a velocità di 70.000 km/s. StoriaLe pulsar furono scoperte da Jocelyn Bell sotto la direzione di Antony Hewish nel 1967, mentre stavano usando un array radio per studiare la scintillazione delle quasar. Trovarono invece un segnale molto regolare, consistente di un impulso di radiazione ogni pochi secondi. L'origine terrestre del segnale fu esclusa, perché il tempo che l'oggetto impiegava ad apparire era in sincronia con il giorno siderale invece che con il giorno solare e la potenza emessa era di ordini di grandezza superiore a quella producibile artificialmente. La scoperta fu premiata con un Nobel nel 1974 che fu però assegnato scorrettamente al solo Hewish. Bell riceverà 44 anni dopo lo Special Breakthrough Prize con un premio in denaro di 3 milioni di dollari. Il nome originale dell'oggetto fu "LGM" (Little Green Men, piccoli omini verdi) perché qualcuno scherzò sul fatto che, essendo così regolari, potessero essere segnali trasmessi da una qualche forma di vita extraterrestre. Dopo molte speculazioni, una spiegazione più prosaica fu trovata in una stella di neutroni, un oggetto fino ad allora solo ipotizzato. Negli anni 1970-1980, fu scoperta una nuova categoria di pulsar: le pulsar superveloci, o pulsar millisecondo che, come indica il loro nome, hanno un periodo di pochi millisecondi invece che di secondi o più e risultano essere molto antiche, frutto di un processo evolutivo lungo. Nel 2004 viene individuata la prima "pulsar doppia" ovvero due stelle pulsar che orbitano una attorno all'altra, in un La scoperta è opera di un gruppo di ricercatori internazionali, a cui partecipano anche italiani. In quest'ultimo caso, la grandissima precisione degli impulsi ha permesso agli astronomi di calcolare la perdita di energia orbitale del sistema, si pensa dovuta all'emissione di onde gravitazionali. L'esatto ammontare di questa perdita di energia è in buon accordo con le equazioni della Relatività generale di Einstein. TeoriaAnimazione di una Pulsar
Il modello di pulsar generalmente accettato, e raramente messo in discussione, è quello del rotatore obliquo. Spiega le osservazioni con un fascio di radiazioni che punta nella nostra direzione una volta per ogni rotazione della stella di neutroni. L'origine del fascio rotante è legato al disallineamento tra l'asse di rotazione e l'asse del campo magnetico della pulsar, analogamente a quanto si osserva sulla Terra. Il fascio è emesso dai poli magnetici della pulsar, che possono essere separati dai poli di rotazione di un angolo anche ampio. Questo angolo rende il comportamento dei fasci simile a quello di un faro. La sorgente di energia dei fasci è l'energia rotazionale della stella di neutroni, la quale rallenta lentamente la propria rotazione per alimentare i fasci. Le pulsar millisecondo sono state probabilmente accelerate dal momento angolare posseduto da materia esterna caduta su di esse, proveniente da una vicina stella compagna in un sistema binario mediante il meccanismo del trasferimento di Anche le pulsar millisecondo, però, rallentano costantemente la propria rotazione. L'osservazione di glitch è di interesse per lo studio dello stato della materia nelle stelle di neutroni. Un glitch è un improvviso aumento della velocità di rotazione (che viene osservato come un'improvvisa riduzione dell'intervallo tra gli impulsi). Per lungo tempo si è creduto che tali glitch derivassero da "stellemoti" dovuti ad aggiustamenti della crosta superficiale della stella di neutroni. Oggi esistono anche modelli alternativi, che spiegano i glitch come improvvisi fenomeni di superconduttività dell'interno della stella. La causa esatta dei glitch non è al momento conosciuta. Nel 2003, le osservazioni della pulsar della Nebulosa del Granchio ha rivelato "sotto-impulsi", sovrapposti al segnale principale, con una durata di pochi nanosecondi. Si pensa che impulsi così stretti possano essere emessi da regioni della superficie della pulsar con un diametro massimo di 60 centimetri, rendendo queste regioni le più piccole strutture mai misurate all'esterno del Sistema Solare. ImportanzaLa scoperta delle pulsar ha confermato l'esistenza di stati della materia prima solo ipotizzati, appunto la stella di neutroni, e impossibile da riprodurre in laboratorio a causa delle alte energie necessarie, gravitazionali e non. Questo tipo di oggetto è l'unico in cui è possibile osservare il comportamento della materia a densità nucleari, anche se solo indirettamente. Inoltre, le pulsar millisecondo hanno consentito un nuovo test della relatività generale in condizioni di forti campi gravitazionali. Grazie alle pulsar, è stata possibile la scoperta del primo pianeta extrasolare, e successivamente di altri 10. Sono in corso studi per verificare la fattibilità di utilizzare le pulsar millisecondo per determinare con precisione la posizione di un oggetto che si muove a migliaia di chilometri all'ora nello spazio profondo ed utilizzarle in futuro per missioni spaziali robotiche. |
Post n°3113 pubblicato il 18 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Spazio, baby pulsar da record: ha appena 240 anni Un team internazionale di astronomi, che annovera tra gli altri diversi ricercatori Inaf, ha spiato la più giovane delle pulsar scoperte fin'ora A cura di Monia Sangermano 17 Giugno 2020 21:54 Osservazioni nei raggi X dallo spazio e nelle onde radio dal Sardinia Radio Telescope dell'Inaf hanno rivelato la più giovane pulsar che sia mai stata individuata, che è anche una magnetar per l'eccezionale campo magnetico di cui è dotata. I risultati delle osservazioni di follow-up, condotte da un team internazionale di astronomi che annovera tra gli altri diversi ricercatori Inaf, sono pubblicati su Astrophysical Journal Letters Un team internazionale di astronomi, che annovera tra gli altri diversi ricercatori Inaf, ha spiato la più giovane delle pulsar scoperte fin'ora. Il suo nome è Swift J1818.0-1607 - dal nome dell'osservatorio spaziale Swift della Nasa che l'ha individuata a marzo del 2020 - e con i suoi 240 anni di età stimati è la più giovane "trottola spaziale" conosciuta tra le tremila note nella nostra galassia. Le pulsar sono tra gli oggetti più esotici che si conoscano. Sono stelle di neutroni molto dense ed estremamente magnetiz- zate. Ciò che rimane di stelle massicce che terminano la loro vita attraverso violente esplosioni di supernova. Tra queste c'è una categoria a sé che prende il nome di magnetar, dalla contrazione di magnetic-star, che come suggerisce il nome sono stelle di neutroni con un campo magnetico incredibilmente intenso. Queste sorgenti alternano periodi di quiescenza a periodi di intensa attività, durante i quali emettono enormi quantità di radiazione X sotto forma di outburst - eventi che comportano un aumentano di luminosità sino a migliaia di volte - per poi ritornare gradualmente allo stato iniziale, su scale temporali che vanno da alcuni millisecondi ad anni. Ebbene, Swift J1818.0-1607, oltre che giovanissima, è supermagnetica e irrequieta: insomma, è anch'essa una magnetar a tutti gli effetti. La campagna osservativa condotta in banda X da XMM-Newton dell'Esa, Swift e NuSTAR della Nasa e nel radio dal Sardinia Radio Telescope dell'Inaf ha ora catturato questi outburst emessi da Swift J1818.0-1607, la cui analisi, oltre a confermarne la scoperta, fornisce ulteriori importanti informazioni. Tra i risultati di queste osservazioni di follow-up, riportati nell'articolo appena pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, c'è, come detto in apertura, la stima della sua età: 240 anni, praticamente un battito di ciglia nella storia evolutiva di qualsiasi stella. «Swift J1818.0-1607 si trova a circa 15 mila anni luce di distanza, all'interno della Via Lattea», ricorda Paolo Esposito, ricercatore presso l'Istituto Universitario di Studi Superiori (IUSS) di Pavia, associato Inaf e primo autore dello studio. «Individuare qualcosadi così giovane, subito dopo che si è formata nell'Universo, è estremamente eccitante. Le persone sulla Terra sarebbero state in grado di vedere l'esplosione di supernova che ha formato questa piccola magnetar circa 240 anni fa, proprio nel mezzo delle rivoluzioni americana e francese». Ma Swift J1818.0-1607 ha anche altre peculiarità. Tra le magnetar, è quella con la rotazione più rapida che si conosca, nonostante contenga la massa di due soli racchiusa in una sfera di 25 chilometri di diametro: la velocità riportata nello studio è di un giro ogni 1,36 secondi. E poi, a differenza della maggior parte di questi oggetti, che sono osservabili solo in banda X, Swift J1818.0-1607 è anche una delle pochissime magnetar a mostrare un'emissione radio. Emissione catturata in questo caso dal radio-telescopio targato Inaf Sardinia Radio Telescope (Srt). «Swift J1818.0-1607 è una di appena 5 - forse 6 - magnetar che mostrano anche pulsazioni nella banda radio» sottolinea Marta Burgay, ricercatrice all'Inaf di Cagliari e co-autrice dello studio. «Perché questo accada e come l'emissione radio sia legata a quella a più alte energie, sono domande ancora aperte: ogni nuova osservazione della compresenza dei due fenomeni ci fornisce quindi un prezioso indizio per cercare di comporre i pezzi di questo curioso puzzle. Le osservazioni di Srt risalgono al 19 marzo: nonostante il lockdown il telescopio è rimasto infatti parzialmente operativo, laddove le osservazioni non richiedessero la presenza di più di un astronomo al telescopio e non ci fosse necessità di particolari interventi tecnici. Abbiamo registrato, in particolare, una serie di impulsi molto più brillanti della media, una fenomenologia simile a quella dei cosiddetti 'giant pulses' che si registrano in alcune pulsar giovani, come ad esempio quella nella Nebulosa del Granchio». Quanto al suo campo magnetico, invece, il valore sarebbe di 7 ×1014 Gauss, 70 milioni di miliardi di volte più intenso di quello della Terra. «Le magnetar sono oggetti affascinanti. Questa, date le sue caratteristiche estreme, sembra essere particolarmente intrigante» aggiunge Nanda Rea, ricercatrice all'Istituto di Scienze dello spazio di Barcellona (Csic, Ieec) e principal investigator delle osservazioni. «Il fatto che possa essere osservata sia nel radio che nell'X è un indizio utile per risolvere il dibattito scientifico in corso sulla loro natura di un tipo specifico di residuo stellare: le pulsar». Le magnetar non sono generalmente considerate comuni nell'Universo - ad oggi gli astronomi ne hanno rilevato solo trenta, trentuno con questa. Tuttavia, i ricercatori che studiano l'emissione X di questi oggetti sospettato da tempo che esse possano essere in realtà molto più comuni di quanto suggerisca questa visione. Queste osservazioni supportano l'idea che queste particolari stelle di neutroni potrebbero invece formare una frazione sostanziale delle pulsar trovate nella Via Lattea. «In realtà le magnetar non sono rare» spiega Luigi Stella, ricercatore Inaf a Roma, anch'egli nel team che ha studiato Swift J1818.0-1607. «Si stima anzi che una percentuale molto alta di stelle di neutroni nasca come magnetar; secondo un studio recente la metà circa, se non di più. Il fatto è che la loro vita è molto breve rispetto a quella delle altre classi di stelle di neutroni che conosciamo, quindi è più difficile trovarle. Stiamo imparando davvero molto dai dati più recenti» continua Stella «soprattutto da quelli combinati tra i raggi x e gamma e la banda radio. Diversi indizi ci portano sempre più a pensare che i rapidissimi fast radio bursts che provengono da distanze cosmologiche siano prodotti da queste magnetar con caratteristiche estreme. Questi oggetti potrebbero dunque svolgere un ruolo chiave nel guidare tutta una serie di eventi transitori che vediamo nell'Universo. «La teoria prevede che in virtù della combinazione di campo magnetico e rotazione estremamente elevati - aggiunge Stella - le magnetar neonate possano dissipare la maggior parte della loro enorme energia rotazionale in tempi brevissimi, da decine di secondi a settimane, così da produrre, o quantomeno da energizzare, alcune delle più potenti esplosioni cosmiche che conosciamo, quali i gamma-ray bursts brevi e lunghi o le supernovae superluminose. Le magnetar appena nate potrebbero anche generare un forte segnale di onde gravitazionali, grazie alla deformazione del profilo della stella provocato dal loro campo magnetico, oltreché alla loro rapidissima rotazione. Tutti questi modelli sono molto promettenti, ma non ne abbiamo ancora conferma dalle osservazioni» Swift J1818.0-1607 è una particolare magnetar appartenente a un piccolo e diversificato gruppo di giovani stelle di neutroni con proprietà a cavallo tra quelle di pulsar rotazionalmente e magneticamente alimentate, concludono i ricercatori. Osservazioni future consentiranno una migliore stima dell'età possibile misurando la velocità di rotazione in quiescenza. Per saperne di più: Leggi su Astrophysical Journal Letters l'articolo "A very young radio-loud magnetar" di P. Esposito, N. Rea, A. Borghese, F. Coti Zelati, D. Viganò, G. L. Israel, A. Tiengo, A. Ridolfi, A. Possenti, M. Burgay, D. Götz, F. Pintore, L. Stella, C. Dehman, M. Ronchi, S. Campana, A. Garcia-Garcia, V. Graber, S. Mereghetti, R. Perna, G. A. Rodríguez Castillo, R. Turolla e S. Zane |
Post n°3112 pubblicato il 18 Giugno 2020 da blogtecaolivelli
Buongiorno, oggi è il secondo giorno di grande impegno per i maturandi e le commissioni per i tradizionali esami di stato che tutti volevano cambiare da anni ed è accaduto a causa del Covid 19 ed il conseguente lockdown che ha relegato tutti in casa per causa di forza maggiore con grande danno e gioia degli studenti, niente da dire, potere della pandemia che, sembra stia regredendo, anche se i bollettini della Protezione civile sono tutt'altro che incoraggianti e sembrano voler preparare ad una seconda ondata dietro la porta. E probabilmente ne avremo tutti ancora per un anno, se non c'è qualcosa di peggio a prepararsi...non per gufare e fare gli iettatori ma è solo una riflessione piuttosto realistica, a quanto dicono gli esperti virologi di fama... Così, a causa dell'emergenza covid che finisce il 31 luglio 2020, una data ancora lontana, blogteca continua il suo servizio di informazione per la collettività scolastica, con tutte le paturnie che tanta brava gente si fa venire, per motivi vari ma la cosa non tange nessuno. Alla larga dalle insinuazioni e dalle polemiche inutili e fatue. Il presente blog continua la sua opera di informazione sui più disparati argomenti.. Tanti auguri ai maturandi dell'Olivelli... |
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