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Messaggi di Luglio 2021
Post n°3432 pubblicato il 07 Luglio 2021 da blogtecaolivelli
Fonte: Internet 23 giugno 2021 Comunicato stampa Etna, datate per la prima volta le colate laviche preistoriche nell'area urbana di CataniaFonte: Ingv Analisi paleomagnetiche hanno permesso di datare in maniera assoluta le colate laviche che investirono Catania in epoca Olocenica, evidenziando la relazione esistente tra l'attività eruttiva dell'Etna e gli insediamenti umani preistorici Una nuova ricerca ha consentito di datare per la prima volta in maniera assoluta le colate laviche di epoca preistorica dell'area urbana di Catania, chiarendo le relazioni esistenti tra le eruzioni dell'Etna di epoca Olocenica e la storia degli insediamenti umani nell'area alle pendici del vulcano. Gli studi sono stati effettuati sulle colate laviche di Barriera del Bosco, Larmisi e San Giovanni Galermo, situate nel distretto urbano di Catania, utilizzando tecniche di datazione paleomagnetica. La ricerca "Paleomagnetic dating of pre-historic lava flows from the urban district of Catania (Etna volcano, Italy)" è stata condotta da un team di ricercatori dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con l'Università degli Studi Roma Tre, e appena pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica 'Geological Society of American Bulletin'. In particolare, questo studio è frutto della collabora- zione fra i ricercatori dell'INGV delle Sezioni di Catania e Roma2 che dal 2004 sono impegnati nelle datazioni delle colate laviche storiche per la carta geologica dell'Etna, pubblicata nel 2011. Attraverso questi studi, si è proseguito poi per approfondire le conoscenze dell'attività eruttiva dell'Etna in epoca preistorica, sviluppando le analisi nel Laboratorio di Paleomagnetismo dell'INGV di Roma, che costituisce il principale l aboratorio paleomagnetico italiano ed uno dei più rinomati a livello internazionale. "Confrontando le direzioni paleomagnetiche registrate dai flussi di lava con i modelli geomagnetici di riferimento aggiornati per l'Olocene, abbiamo potuto datare la colata di Barriera del Bosco come la più antica delle tre analizzate", spiega Stefano Branca, Direttore dell'Osservatorio Etneo dell'INGV e co-autore dello studio. "Grazie ai risultati ottenuti abbiamo quindi potuto datare paleomagneticamente negli intervalli di tempo compresi tra 11.234 e 10.941 e tra 8.395 e 8.236 anni fa il più antico evento eruttivo di epoca Olocenica dell'Etna che abbia raggiunto l'attuale distretto urbano di Catania". Questa ricerca risulta di particolare importanza dal punto di vista della ricostruzione geologica del passato della città di Catania in quanto, per i vulcani attivi le cui pendici sono abitate fin dalla preistoria, la determinazione dell'età delle eruzioni storiche rappresenta un elemento chiave per indagare le relazioni tra fenomeni eruttivi e insediamenti umani. "Durante i suoi quasi tre millenni di storia, Catania, la più grande città situata ai piedi dell'Etna, fu raggiunta solo una volta - nel 1669 - da una grande colata di lava prodotta da un'eruzione nel fianco sud-orientale del vulcano: la più grande eruzione laterale etnea documentata in epoca storica", prosegue Branca. "Tuttavia, come abbiamo definito nella carta geologica dell'Etna, altre colate laviche avevano già raggiunto l'area dell'odierno distretto urbano durante la Preistoria, prima della fondazione della città avvenuta in epoca greca, tra il 729 e il 728 a.C.". Le indagini paleomagnetiche hanno interessato ben 12 siti distribuiti nell'hinterland della città siciliana. "Le direzioni paleomagnetiche misurate negli altri due flussi di lava analizzati, quelli di Larmisi e San Giovanni Galermo, risultano coincidenti, implicando che l'età di messa in posto è in realtà la stessa, con un margine di errore statistico non superiore ai 100-200 anni. Questo dato, insieme alle evidenze geologiche, geochimiche e petrologiche, implica che le due colate laviche possano essere considerate parti di un unico grande campo lavico eruttato in una finestra temporale compresa tra 5.494 e 5.387 anni fa. Questo vasto campo lavico potrebbe quindi aver sepolto diversi insediamenti neolitici, spiegando così la scarsa presenza di siti archeologici di quell'epoca rinvenuti nella città di Catania", conclude Stefano Branca. (La redazione di Le Scienze non è responsabile del testo di questo comunicato stampa, che è stato pubblicato integralmente e senza variazioni) |
Post n°3431 pubblicato il 07 Luglio 2021 da blogtecaolivelli
02 luglio 2021 Comunicato stampa Cavezzo, il doppio volto di una meteorite Fonte: Inaf Uno dei frammenti della meteorite Cavezzo La meteorite Cavezzo, ritrovata il 4 gennaio 2020 in provincia di Modena, è un oggetto davvero peculiare, così tanto da valerle la classificazione di 'condrite ordinaria anomala'. Il risultato di uno studio internazionale guidato dall'Università di Firenze e dall'Istituto Nazionale di Astrofisica, pubblicato sulla rivista Meteoritics and Planetary ScienceASTROFISICA SCIENZE DELLA TERRA. Un team di ricerca, coordinato da Giovanni Pratesi del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Firenze, ha concluso la caratterizzazione dei due frammenti della meteorite Cavezzo, caduta in Emilia Romagna il 1 gennaio 2020 e rinvenuta pochi giorni dopo grazie alla Rete PRISMA (Prima Rete Italiana per la Sorveglianza sistematica di Meteore e dell'Atmosfera) gestita dall'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Nell'analisi dei frammenti, i ricercatori hanno riscontrato peculiarità talmente rilevanti da portare alla classifica- zione della meteorite come 'condrite ordinaria anomala'. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Meteoritics and Planetary Science. Al lavoro hanno collaborato anche studiosi del Sistema Museale dell'Ateneo fiorentino, dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, dell'Università di Torino e della Open University nel Regno Unito. "Le condriti - spiega Giovanni Pratesi, docente di mineralogia e geologia planetaria - sono meteoriti indifferenziate contenenti le condrule, piccoli oggetti sferici che testimoniano efficacemente la storia delle prime fasi di formazione del Sistema solare". In alcuni casi, queste condrule hanno subìto gli effetti del processo di metamorfismo, una trasforma- zione mineralogica causata da cambiamenti di temperatura o pressione che, sugli asteroidi, conduce inevitabilmente ad una loro degradazione. In altri casi, invece, le condrule sono sopravvissute poiché, trovandosi in porzioni superficiali del corpo dell'asteroide, non sono state interessate da questo processo. "La meteorite Cavezzo è costituita da due frammenti che hanno caratteristiche completamente diverse", aggiunge Pratesi. "Il frammento più grande è una classica 'condrite ordinaria' appartenente al cosiddetto gruppo L - il secondo gruppo più comune di meteoriti. Nel frammento più piccolo, invece, si ritrova una situazione completamente nuova rispetto alle nostre conoscenze. Infatti, qui ci sono condrule ben delineate che coesistono, senza soluzione di continuità, con una porzione acondritica connotata da chiara ricristalliz- zazione. Oltretutto il frammento più piccolo è caratterizzato da un'associazione mineralogica totalmente inusuale. In sostanza - conclude Pratesi - il frammento più piccolo può rappresentare una porzione finora sconosciuta degli asteroidi parenti delle condriti ordinarie". La Rete PRISMA, il cui coordinamento ha sede presso la sede INAF di Torino e i cui dati sono ospitati e resi disponibili al pubblico dalla INAF research e-infrastructure project IA2 (Italian Center for Astronomical Archives), vede la partecipa- zione di molti soggetti istituzionali e privati il cui elenco completo è disponibile su http://www.prisma.inaf.it. Lo studio è stato condotto grazie ai finanziamenti 2016/0476, 2019/0672 e 2020/2080 per la Ricerca e l'Educazione della "Fondazione CRT - Cassa di Risparmio di Torino". (La redazione di Le Scienze non è responsabile del testo di questo comunicato stampa, che è stato pubblicato integralmente e senza variazioni) |
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