Creato da aliantelibero il 15/08/2008
ovvero il fratello dello scemo del villaggio

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PICCOLA NOTA

L'intento di questo blog è di far conoscere da un punto di vista "altro" il mondo della malattia mentale e del disagio psichico. I contenuti del blog, in bilico fra cronaca quotidiana, letteratura scientifica e presunzione letteraria affronteranno con ironia e creatività, ma pur sempre con serietà e correttezza i temi più vari che attengono alla vita delle persone con disagio psichico e i loro familiari.

I contenuti e le immagini non intendono offendere nè stigmatizzare persone con disagio psichico o loro familiari. Termini crudi e forti sono usati, e talvolta abusati, non per connotare le persone in condizione di disagio psichico, ma per sottolineare e stigmatizzare precisi luoghi comuni e stereotipi sociali di cui è spesso intriso il linguaggio e il pensiero corrente

Il blog non pretende di far divulgazione nè scientifica nè di altra natura, ma offre solo le riflessioni e gli sfoghi di una persona che nel mondo della malattia mentale, per professione e per affetti familiari, ci vive ogni giorno.

Il personaggio narrante è frutto di pura fantasia e tutte le vicende narrate, devono intendersi fortemente romanzate, senza alcun riferimento intenzionale a persone reali... in quanto ai fatti, quando sarà necessario i riferimenti saranno seri e circostanziati e sotto stretta responsabilità dell'autore.

 

Foto e video pubblicati su questo blog, laddove reperiti sulla rete, sono utilizzati in perfetta buonafede e con l'intento di divulgare un messaggio sociale di promozione dell'integrazione.

Chiunque possa vantare diritti di proprietà o di utilizzo del materiale citato, e si ritenga leso dall'uso del materiale in oggetto, può richiederne l'immediata rimozione utilizzando uno qualsiasi dei canali di contatto con l'autore

 

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...

Post n°84 pubblicato il 03 Dicembre 2011 da aliantelibero
 

l'ingenuità

è

un

subdolo

usuraio

che

prima o poi

torna

a

pretendere

i suoi crediti

con

una

ferocia

disumana.

 
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Lei non ha il diritto

Post n°83 pubblicato il 04 Ottobre 2011 da aliantelibero
 

"lei non ha il diritto di avere queste informazioni!!!"

 

Me la sono sentita dire per due volte in meno di mezz'ora, quest'affermazione, stamattina.

 

La prima volta accompagnata da una porta sbattuta in faccia.

 

La seconda, con voce sin troppo alta, in pieno pubblico senza neanche il conforto di uno sguardo nello sguardo.

 

Lui: il Commissario Straordinario dell'ASL Lecce

 

Io: il presidente dell'Associazione delle Famiglie delle persone con disagio psichico.

 

L'altra (ovvero l'informazione in questione): la tempistica prevista per la riapertura dei Centri Diurni Psichiatrici della Provincia.

 

Per la cronaca (a beneficio di chi non avesse seguito la questione), oggi è il secondo mesiversario della chiusura dei Centri Diurni di Riabilitazione Pischiatrica del Salento, nell'ottica di una trasformazione degli stessi, in appendici manicomiali, in pieno sfregio alla legge Basaglia. Due mesi in cui, oltre cento ragazzi con disagio psichico, sono stati privati di un servizio essenziale per la loro salute e per il loro benessere piscofisico

 

Quindici giorni fa, il 19 novembre, a seguito di un'occupazione dell'ASL da parte delle famiglie e dei lavoratori estromessi, il commissario aveva ufficialmente assunto l'impegno a riaprire i centri diurni con il personale preesistente ed avviare un tavolo di discussione sulla questione, ma...

 

Da quel fatidico giorno, vane le richieste di chiarimenti e notizie. Metodicamente ignorate quelle formali (su carta scritta, per intenderci), lacunose ed evasive quelle estorte di persona a vario personale informato sui fatti, dopo estenuanti appostamenti per i corridoi della direzione, visto che d'avere un regolare appuntamento neanche a parlarne.

 

Ieri poi, una voce amica ci comunica che, finalmente, partorito fu l'atto di riapertura delle strutture fatti salvi i tempi di firma del Dirigente Ultimo.

 

Gioia e un pizzico d'incredulità per la notizia e soprattutto, alcune fondamentali domandi...

 

quanto lunghi questi tempi?

e da quando i centri aperti?

e per quanto?

 

Le stesse che oggi, ho provato a sottoporre al commissario, con educazione e serenità e a cui, con sgarbatezza e aggressività mi è stato detto:

 

"lei non ha il diritto di avere queste informazioni!!!", le potrà conoscere quando saranno rese pubbliche dall'azienda.

 

A seguire poi tutto quel che in tal situazione è giusto consegua, perchè quel diritto io ce l'ho!!! 

E ce l'hanno le persone messe in mezzo ad una strada da uno zelo normativo che non si cura della persona in difficoltà.

Ce l'hanno le famiglie messe in ginocchio dall'arroganza del potere, ma mai messe prone.

 

La storia della giornata narra poi dell'occupazione dell'asl da parte delle famiglie, della mobilitazione della stampa, della retromarcia del commissario straordinario sulla questione, delle scuse per l'avvenuto e per le male parole, della firma della delibera di ripristino del servizio in via transitoria dal 10 ottobre al 31 dicembre 2011, della pianificazione di un piano tecnico per la definizione del post transizione...

 

Si potrebbe quasi dire... e vissero (per tre mesi) felici e contenti... Ma non è vero....

 

Non è vero, perchè rimane aperta la ferita di quelle parole... Rimane aperta la ferita delle tante ore d'attesa nei corridoi ad elemosinare 5 minuti d'attenzione... Rimane aperta la ferita della tracotanza del potere...Rimane aperta la ferita dell'indeterminatezza del futuro... Rimane aperta la ferita di una normativa anacronistica e devastante.

 

Non è vero perchè, a voler tirar le somme di tutto quello che è accaduto in questi mesi, la soddisfazione del piccolo Davide che l'ha spuntata su Golia lascia il tempo che trova, quando appunto, il diritto naturale di una persona che sta male e di una famiglia che lo sostiene, diviene culturalmente il premio in palio in un conflitto dalle forze impari.

 
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Lezioni d'amore

Post n°82 pubblicato il 27 Agosto 2011 da aliantelibero
 

Amerigo colleziona poesie ed aforismi sull'amore. 

All'inizio sfogliava i miei libri ricopiando a mano quelle poesie o passi di poesia che più lo colpivano.

Le trascriveva sul suo quaderno in carta riciclata e foderina in pelle gialla, regalo di un mio viaggio, non ricordo dove.

Usava sempre una Montblanc nera e oro, rigorosamente tarocca, mio regalo di un viaggio in Turchia.

Poi ad un certo punto ha smesso di ricopiare. E' passato ad un artigianale copia ed incolla, mutilando i miei libri con le sue forbici fameliche d'amore.

Difficile descrivere la mia reazione quando ho scoperto questa impoetica e devastante nuova metodologia. Il pallore ammutolito di fronte alle pagine ferite. Il senso di smarrimento e il timore di scoprire la dimensione di quella catastrofe nella mia biblioteca. Alla fine abbiamo concordato una più articolata ma meno cruenta soluzione con fotocopie e stampe.

Non ho mai trovato, però, il coraggio di chiedergli quanti e quali libri avesse massacrato. Di tanto in tanto oggi mi capita, ancora oggi, di trovare, quasi dimentico e mai abbastanza preparato, nuove vittime del suo delitto. L'ultimo colpo in ordine di tempo, il mio Hikmet.

Ma non è questo il cuore di questo nuovo racconto. Non sono i delitti di carta di Amerigo che animano le mie dita su questa tastiera (già... come Amerigo anche io, alla fine ho messo da parte la mia Parker, regalo della prima comunione, che tante pagine ha segnato con i miei deliri).

Accade qualche mattina fa che Amerigo mi chieda nuove fotocopie. Nulla di nuovo sin qui, tranne che stavolta non chiede fotocopie dei miei libri, ma delle pagine del suo quaderno.

Alla mia sorpresa risponde con uno sguardo timido e mi dice che gli serve per far capire ad una donna cos'è l'amore e in un sussurro pronuncia un nome.

Quel nome... Il nome della donna che fa battere il mio cuore forte.

Il silenzio dopo dura pochi istanti, ma sembra un'eternità. Con tranquillità cerco di dirgli che quella donna sa cos'è l'amore, ma lui scuote la testa. Poi tutto d'un fiato...

...se una persona sta con qualcuno che non ama e ci rimane rinunciando a chi ama, quella persona non ha capito cos'è l'amore.

Credevo fossimo riusciti a nascondere a tutti, e soprattutto a lui, la tenerezza impossibile che unisce il mio al di lei cuore. Impossibile a causa di un matrimonio fallito ma tenuto in piedi per stupidi stereotipi, vigliaccheria forse, fragilità e violenza.

Gli occhi di Amerigo, sono innocenti, ma questo non significa siano stupidi. A volte lo dimentico anche io.

Non lo so se quella donna potrà davvero imparare l'amore dalle poesie di Amerigo, per quanto belle.

La  poesia forse esiste proprio perchè nella realtà certe cose non accadono mai.

Però ancora una volta Amerigo ha insegnato qualcosa a me.

 


 
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Ma che musica maestro - parte seconda (e ultima)

Post n°81 pubblicato il 23 Luglio 2011 da aliantelibero
 

...e fu così che, armato del favoloso flauto di casa Modugno,  mi accinsi ad imparare quello che sarebbe stato il mestiere della mia futura vita.

Il programma di maestro Ciccillo era molto semplice:

- 4 ore in 2 lezioni sulla teoria musicale

- 10 ore in 5 lezioni di apprendimento diteggiatura sullo strumento ed esecuzione di scale ascendenti e discendenti

- 16 ore in 8 lezioni di esecuzione spartiti.

In sole due giornate divenni un dotto delle note: crome, semicrome, biscrome, minime, seminimime, diesis, bemolle, chiave di violino, tre quarti, quattro quarti, battere e levare, chiave di basso, pentagramma, cinque righi e quattro spazi, ottava sopra e ottava sotto... la musica non aveva più segreti per me, e ammetto che quasi quasi la cosa stava cominciando a piacermi.

Quel misterioso oggetto luccicante che occheggiava dalla nera custodia non ispirava più così tanta ostilità. Ma si sa... una rondine non fa primavera

Fu il 4 ottobre, lo ricordo bene, che per la prima volta imbracciai il mio strumento. Nei miei pensieri posso ancora scontornare con precisione geometrica, la sacralità dei gesti atti a riunire i tre pezzi adagiati nella custodia di plastica rivestita di finta pelle e imbottita di feltro rosso. Prima d'allora, per una specie di timore reverenziale non avevo osato assemblare l'ordigno riposto in quella scatola, e quando lo vidi, finalmente nella sua interezza, fui sorpreso e sgomento dalla sua lunghezza.

Con fatica le mie piccole braccia riuscirono a portare le dita sui chiavini finali.

L'esordio fu deprimente, soffiavo e chiudevo con metodica precisione i chiavini corrispondenti ad ogni singola nota, ma il risultato era ben lontano dall'armonia melodica del suono che ci si doveva aspettare da siffatto esercizio.

Fu così per tutte le altre 4 lezioni a seguire. Il maestro Ciccillo convocò papà Antonio ed, eruditolo sulla questione, convennero che il problema doveva ascriversi all'incongruenza fra la mia minuta e piccola fisionomia e la lunghezza dello strumento, e che sarebbe stato oppurtuno riprovarci quando fossi un po' cresciuto.

Come fosse stata una tumulazione, papà richiuse l'argenteo piffero nella sua custodia, l'avvolse in una coperta e lo ripose nel fondo della credenza della sala da pranzo, in attesa di tempi più idonei. Tutta la famiglia partecipò contrita all'operazione e nel mio animo, mi sentivo colpevole della mia "piccolezza".

Passarono un paio d'anni e per le vie traverse della vita, ci ritrovammo una domenica a pranzo a casa Buonofiglio, con la famiglia di Zu Rafeli e un loro figlioccio da Roma, venuto a passare le vacanze in terra di Sud.

Claudio, questo il suo nome, era quasi un musicista vero. Aveva 17 anni, studiava al conservatorio e per incredibile coincidenza suonava il flauto traverso.

Papà Antonio, colta, appunto, "l'incredibile coincidenza" non declinò l'occasione di decantare, con annesso cruccio d'amarezza verso lo snaturato corto figliolo, le magnificenze della reliquia nella credenza. Gioco forza fu riesumarla e pretendere l'onore, dal quasi maestro, di sentir almeno una volta, il cinguettìo soave dell'argenteo strumento.

Momento sublime... nell'immaginazione!

Eh già, perchè anche il preparato Claudio, malgrado il suo impegno, da quel tubo musicale non riuscì a cavare null'altro che uno sfiatato miagolìo.

Fra incredulità e mortificazione, il piccolo genio dimezzato cominciò a sezionare lo strumento alla ricerca di ragioni e fu così che avvenne la scoperta di una indicibile verità: c'era nel terminale dello strumento un buco in più!!! Buco rigorosamente e perfettamente chiavinato, ma pur sempre in eccesso rispetto alla tradizione.

Seguirono frenetiche giornate di indagini condotte da Zu Rafeli, ed alla fine luce fu: per mai chiarite ragioni, quella aberrazione fu commissionata espressamente dal Modugno fratello, che poi dimentico della cosa cedette il flauto al nostro venditore, che con chiara onestà s'impegno a procurare un secondo terminale adattabile allo strumento.

La ricerca fu lunga, ma fruttuosa e dopo 6 mesi, il mio flauto era finalmente pronto alla sua missione. La scuola del maestro Ciccillo nel frattempo era stata chiusa per esaurimento fondi, e papà Antonio muoveva alla ricerca di un nuovo mentore per il figliol musicante ritrovato.

Ma... destino volle che, nella notte della festa patronale del paese, mentre tutta la famiglia Buonofiglio era in piazza Plebiscito, ad ascoltar il Barbiere di Siviglia, pregustando il giorno in cui il piccolo Adalberto avrebbe calcato le assi di quella cassarmonica, meno poetici furfanti s'introducessero in casa, facendo razzìa d'ogni cosa, flauto compreso...

Così finì, prematuramente, la mai avviata carriera di musicante contadino del sottoscritto scrivente!!!

 

 
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Ma che musica maestro - parte prima

Al tempo della mia infanzia, sembrava che l'intera economia del paese natìo dovesser reggersi su due grandi categorie di professionisti: 

i ragionieri

e

musicanti-contadini.

Avevo pressappoco 8 anni...

per una strana proprietà transitiva applicata tra me ed Amerigo, e per la mia predilezione verso i fumetti di Topolino, mio padrè decretò che la ragioneria non fosse sicuramente il mestiere su cui puntare,

ergo,

decise di iscrivermi alla scuola di musica del paese. Tanto più che da quell'anno era pure gratis per volontà della Giunta Comunale.

Ora, della categoria dei ragioneri c'è effettivamente poco da dire.

Un po' più complesso è, giustamente, il discorso sui musicanti-contadini.

Erano suppergiù gli anni '80, quelli del 1900 naturalmente, e nel paese si fronteggiavano ben 3 bande, che misuravano il proprio blasone sul numero di elementi che potevano mettere in campo, pardon, in cassarmonica.

Fatto è, però, che i MUSICISTI, quelli veri, costavano un occhio della testa, non viaggiavano in corriera e non dormivano nelle scuole offerte come alloggio dai comitati feste patronali dei piccoli comuni disseminati fra Calabria e Campania. 

Di necessità virtù dunque,

e virtù si fece, quella d'istruire i virgulti del paese alla nobile arte dello strumento, assolutamente da non confondersi con quella della musica.

In una parola, i MUSICANTI: seconde e terze linee di banda, addestrate a soffiare e diteggiare su uno strumento il repertorio dell'anno, senza alcuna presunzione di artisticità.

Stagionali della musica, precari da 52 giornate di contributi all'anno (il minimo sindacale per poi accedere al sussidio di disoccupazione), che finita la stagione estiva, immancabilmente si dedicavano (rigorosamente in nero), al lavoro della campagna, in proprio o presso terzi.

Questo, praticamente, il futuro che l'amorevole papà Buonofiglio aveva immaginato per me.

Fu così che, senza colpo ferire mi ritrovai iscritto alla Scuola di Musica Comunale del Maestro Ciccillo "La Traviata", così ribattezzato, per la sua passione per l'omonima opera.

Inoltre, per suggellare l'inappellabilità e la sacralità della scelta, Antonio Buonofiglio incaricò lo zio importante della famiglia, quello che abitava in città, della ricerca di un buon flauto traverso, che quello era lo strumento che nella banda di Maestro Franco Costantinelli, la più prestigiosa del momento, con ansia, si ricercava.

Fu di domenica che Zu Rafeli arrivò con il suo involto nero. Dentro... tre pezzi d'argento scintillante, odoroso di Sidol e diluente.

Ma più del flauto, in quel momento splendevano i suoi denti gialli di sigaro economico. Denti lucidi per l'orgoglio del grande affare, per prezzo e per potestà. Meraviglia musicale, che su assicurazione giurata sui Santissimi Cosimo e Damiano d'Oria e Santa Lucia d'Erchie, il venditore gli aveva confidato esser appartenuto al fratello del grande Domenico Modugno.

Papà ascoltava fremente ed incredulo, come se, sempre per quella misteriosa proprietà transitiva di cui sopra, il maestro Modugno avesse necessariamente infuso, per interposta persona, la sua grazia su quel pezzo di metallo pregiato.

Dal canto mio guardavo i due uomini fibrillanti e pensavo che, dovendo imparare quel coso, ahimè, avrei smesso di passare i pomeriggi inseguendo lucertole con Amerigo


 
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LA FAMIGLIA BUONOFIGLIO

Amerigo Santacroce… mio fratello.

Uno dei tanti nati verso la fine degli anni 60, quando i parti si facevano in casa e il nascituro doveva affidare la sua sorte nelle mani di qualche buona praticona...

Lui non ebbe culo: una banale complicazione, una levatrice leggermente impreparata, un principio di embolia che blocca l’afflusso d’ossigeno al cervello e… buona notte al secchio…

Ecco dunque a voi, signore e signori l’iperbolica genesi dell’attuale detentore del titolo di “scemo del villaggio” di questo ameno borgo del sud Italia.


Io.. io sono Adalberto.

Adalberto Buonofiglio per la precisione. Figlio di secondo letto di mia madre. Potete tranquillamente risparmiarvi l’ironia a buon mercato sul mio nome: la conosco da quando sono nato. Per l’esattezza 7 anni dopo. In ospedale questa volta, a scanso di equivoci…


PierManfredo Santacroce, padre d’Amerigo era un artista di quelli che la critica colta ama chiamare “eclettico”. La gente comune, più grossolanamente, “svitato”. Di origine geografica ignota, girovago fin dall’adolescenza, la leggenda narra che non abbia soggiornato in un luogo mai più a lungo di 3 anni consecutivi.

Il matrimonio e la convivenza con mamma non contraddissero questa regola. Si racconta infatti che all’alba del mille e dodicesimo giorno di stanzialità nel nostro paese raccolse i suoi vestiti ed i suoi silenzi lasciando come ricordo di se un letto vuoto, un amore interrotto ed un figlio che era il giusto frutto di cotanto genitore.


Di Antonio Buonofiglio, mio padre c’è poca storia da raccontare… Buon uomo senza arte e senza dote. Semplicemente l’unico partito per rimediare alla “bianca vedovanza” di mia madre


Su Maddalena Santacroce Buonofiglio, angelo del focolare di questa nostra laconica famiglia, concedetemidi conservare un devoto silenzio, ché gia troppe son le parole spese su di lei…

 

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