Creato da maskulo il 16/01/2007

Esternalizzati!!!

Wind (società ex Enel) ha deciso di "svendere" 275 dipendenti della sede di Milano (Sesto San Giovanni) ad una società esterna. Il gruppo ha cinque call center. Fa fuori quello dove ha più operatori full time. Una manovara sporca per licenziare civilmente 275 persone!!! Anzi no ... si dice esternalizzati...usando un termine economico con cui è bene familiarizzare. Le esternalizzazioni sono infatti quelle che la legge chiama "cessione di rami d'azienda", regolate da norme ben precise ma spesso aggirate dalle imprese che usano questo strumento per attuare dei licenziamenti a breve medio-termine. Proviamo a capirci di più esaminando il caso di una grande azienda come Telecom Italia. In una schematizzazione semplice ma efficace possiamo immaginare l'azienda divisa in settori concatenati che lavorano per fornire il servizio telefonico all'utente. La rapida evoluzione tecnologica del mondo delle comunicazioni ha portato alcuni di questi settori a diventare eccessivamente costosi soprattutto per l'eccesso di risorse umane impiegate. Ovvio che l'azienda cerchi di ridurre questi costi, meno scontato che lo faccia a danno dei lavoratori. Impossibile licenziare direttamente, ecco le esternalizzazioni che intervengono a dare una mano per aggirare le norme. Individuato il "ramo" d'azienda dai costi eccessivi, la società rintraccia dei partners a cui cedere in blocco il settore produttivo, i lavoratori e, generalmente, una commessa di notevole entità. Tutto nel rispetto delle norme, in apparenza. In apparenza, appunto, come sottolineato dal coordinamento dipendenti Telecom. Perché le norme che regolano la cessione dei rami d'azienda pongono come condizione essenziale per effettuare tali operazioni "l'esistenza di una attività reale e autonoma, che deve garantire la sopravvivenza dell'azienda sostituita"

 

 

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Comunicato Sciopero Rsu Wind

Post n°66 pubblicato il 23 Febbraio 2007 da maskulo

Comunicato

Sciopero WIND 26 febbraio


Lunedì 26 febbraio i Lavoratori WIND scioperano e manifestano a Sesto S.G. contro l’esternalizzazione del Call Center. Dopo l’alta adesione allo sciopero del 5 febbraio e nonostante l’interessamento dei Ministeri del Lavoro, dello Sviluppo Economico e delle Comunicazioni, l’Azienda continua a perseguire il progetto di cessione di parte del suo core business. Questo nonostante i risultati dichiarati siano positivi: crescita dei ricavi, primo utile registrato dalla Società per circa 56 M€, una significativa crescita del margine operativo lordo (di circa 200M€), piani di stock options offerte alle prime linee dirigenziali, la recente acquisizione, da parte della Proprietà, dell’operatore greco TIM Hellas. Un’Azienda in crisi? Tutt’altro. Wind, Azienda dotata di tutte le licenze TLC, e costruita con enormi capitali (oltre 15 miliardi di €) in gran parte di provenienza pubblica, cioè della collettività, è diventata oggetto di una delle tante operazioni a cui abbiamo assistito in Italia in questi anni di finanziarizzazione dell’economia (il caso Telecom fa scuola). La nuova proprietà, di cui Enel non fa più parte, ha acquisito l’Azienda, in prevalenza, con capitale di debito, che grava sul bilancio di Wind (in sostanza ha comprato l’Azienda in gran parte con i soldi stessi dell’Azienda). Pertanto Wind, che avrebbe necessitato di una forte iniezione di capitali, perché già molto indebitata, si è invece ritrovata un ulteriore pesante fardello da sopportare.

Il nuovo management, a fronte di un enorme debito da ripagare, dichiara una capacità di investimento che appare limitata e compatibile solo con un modello organizzativo e di posizionamento sul mercato di tipo “low cost”. Tale posizionamento rischia d’essere deleterio per i Lavoratori, ma anche per clienti quali la Pubblica Amministrazione, le Forze dell’Ordine, le Forze Armate. La strategia dell’Azienda non pare orientata nella direzione dello sviluppo, bensì in quella della perenne riduzione dei costi, anche e soprattutto, attraverso la riduzione del Personale prima con il ricorso massiccio alle dimissioni incentivate ed oggi con l’esternalizzazione di 1 dei 5 call center. Una scelta in antitesi con il percorso che le Aziende più avvedute stanno compiendo, reinternalizzando attività e processi, per poter garantire più elevati livelli di qualità del servizio. Una scelta in controtendenza anche rispetto alle nuove disposizioni legislative (la “Circolare Damiano”, l’AVVISO COMUNE sottoscritto da CGIL CISL UIL e CONFINDUSTRIA) volte alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro nel variegato quanto precario mondo dei call center. Nello stesso momento in cui la politica cerca di limitare la precarietà, Wind decide di mettere in discussione la sicurezza dei suoi Lavoratori, cedendoli a terzi.


L’esternalizzazione
recentemente dichiarata non ha, del resto, un fondamento industriale bensì finanziario e si pretende che a farne le spese siano i Lavoratori. I costi fissi vengono trasformati in variabili peggiorando verosimilmente la qualità del servizio, con il presumibile fine di porre le premesse per un numero consistente di licenziamenti postdatati. Cosa significa infatti cedere attività e risorse senza un quadro preciso degli assetti industriali? Significa che la quantità di lavoratori da espellere deriva da un calcolo economico di riequilibrio dei conti a breve e non da un progetto industriale a medio termine. WIND merita di più da un Management che in 18 mesi non ha saputo o voluto produrre un piano industriale degno di questo nome. WIND è una Risorsa Nazionale in un settore strategico quale è quello delle Telecomunicazioni. WIND è e deve rimanere un’impresa industriale, per il bene dei suoi Lavoratori e del Paese. Per questo i Lavoratori di WIND si sono mobilitati; per contrastare sul nascere ogni tentativo di spezzatino dell’Azienda, per riaffermare la dignità del proprio lavoro.

Ringraziando il Governo e le Istituzioni per l’interessamento finora dimostrato, ci mobilitiamo e scioperiamo per richiamare l’Azienda alla Responsabilità Sociale d’Impresa. Chiediamo che Wind ritiri o almeno sospenda la cessione di ramo d’Azienda, che abbandoni l’approccio unilaterale finora mostrato ed accolga l’invito ad un confronto vero che entri nel merito delle strategie industriali e non si limiti invece ad una trattativa sulle ricadute sociali di una cessione di ramo d’Azienda che, responsabilmente, continuiamo a respingere.

Apprezziamo infine e facciamo nostra la sollecitazione avanzata in questi giorni dal Ministro delle Infrastrutture affinché si apra subito un dibattito parlamentare sull’assetto societario del Gruppo Wind.

Milano, 22 febbraio 2006

 
 
 
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