[Giorgio Albertini - Fiori ]
Nasce a Milano nel 1930. Nel 1961 incomincia ad esporre nell'ambito di una pittura che, se pure di tipo informale, ha riferimenti naturalistici. Nei primi anni settanta inizia il discorso su un tipo di figurazione che nasce con il tramite della fotografia. Si hanno quindi i cicli delle "Immagini ritrovate". Segue poi il ciclo del "London Inclusive Tour" con i suoi seducenti soldatini ed i suoi splendidi cavalli che escono dai pieghevoli dell'agenzia turistica. Quindi il ciclo del "Vecchio West" ma non con le doverose implicazioni storiche, bensì con la banalità del catalogo degli articoli western degli empori cittadini. Seguono le operazioni su "Venezia" e sui "Fiori". Negli anni ottanta lavora sulla "Natura morta" altalenante tra l'immagine tratta dalla composizione pubblicitaria della carta patinata e la memoria del brano pittorico del secolo d'oro della "Stilleven". L'ultima ricerca è sulla "Montagna" colta in un preciso "punctum temporis" pervenendo ad una pittura che dissacra se stessa, nell'attimo stesso in cui simula di mostrarsi leggibile e piacevole.
LA "CAMERA" DIPINTA
Il mondo, la società, l'individuo subiscono una tale accelerazione che non si intravede nemmeno il punto di caduta. Un'invenzione sconvolge l'universo della visione e della percezione del reale. L'approssimazione non è più consentita e, nel contempo, libertà assoluta all'approssimazione. Non è una contraddizione. Il pittore Paul Delaroche fu il primo a comprendere che cosa sarebbe avvenuto: "...In tale procedimento il pittore troverà un mezzo rapido per eseguire un complesso di studi che non riuscirebbe mai ad ottenere se non con molto tempo, difficoltà ed in modo decisamente meno perfetto, per quanto abbia talento... L'incomparabile scoperta del signor Daguerre è un immenso servigio reso alle arti". La fotografia, la ricchezza dei minuziosi dettagli e la sua precisione, è il "modello". Immobile e docile, non muta espressione, non soffre l'ingiuria del tempo, tormentando l'artista con l'inquietudine del tratto imperfetto. E per contro, approssimative ed astratte possono finalmente essere le immagini della pittura. La fotografia assolve il compito di tramandare eventi e dottrine. Il movimento . Si scopre che le fasi sono una sequenza senza interruzioni e lo si raffigura per come non lo si vede. "Un cavallo in corsa non ha quattro gambe. Ne ha venti ed i loro movimenti sono triangolari". L'artista continua a copiare e pretende di copiare così bene da aver superato la precisione della fotografia nel riprodurre la realtà esterna. Iperrealista, si crede, come se nella trasposizione convenzionale della pittura si potessero aggiungere degli indici di super-visualizzazione". "Allora la Camera non è dipinta, è essa che dipinge".
(...) Autentico artista è colui che vive il suo tempo, ne percepisce le pulsioni e, in metafore, trasmette a noi le esperienze della sua analisi.(...) Albertini ci regala qualcosa in più che gli artisti non autentici non sono mai stati capaci di dare: la gioia di guardare coinvolgendo le nostre capacità emozionali e smuovendo i nostri meccanismi della riflessione intellettuale.
Giuliana Scimé
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il 11/11/2016 alle 17:44
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il 23/10/2016 alle 14:31
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il 01/12/2010 alle 01:02