L'Angelo del Focolar

Adultescenti

Avere Trent’anni, ma non dimostrarli

«L’adolescenza sta diventando una dimensione esistenziale più che un’età della vita.

L’adultescente è dunque l’adolescente venticinquenne o trentenne che non è ancora entrato nella fase adulta. Vive ancora come un perenne adolescente, magari tra le mura di casa dei genitori. O, al massimo, due o tre pianerottoli vicino. Rigorosamente dipendenti dai genitori, anzi veri e propri mammoni (o bamboccioni che dir si voglia) che hanno ceduto la loro maggiore età alla sicurezza di una vita ancora tra mamma e papà.
In alcuni casi limite (cito da fonti testuali), si arriva anche a “forme varie di ritardo evolutivo, di anomalie comportamentali che sfociano in modi infantili di ragionare, incapacità nella gestione delle emozioni, interpretazioni errate o fortemente condizionate delle relazioni”.

Tutta colpa del benessere montante, niente politica, pochi valori, film e libri linguisticamente poveri, coperti da slangomanie edulcolorate, amore senza amore, tanta anoressia emotiva, lavoro monotamente privo di ambizioni.

L’adulescente è privo di iniziativa, di sogni e magari anche di speranze. Uno zombie, incapace di pensare o di ragionare in maniera compiuta. Emotivamente anoressico. Non si assume mai nessun tipo di responsabilità. Nei conflitti è sempre colpa degli altri. Litiga come un ragazzino.

Se è sposato sente il matrimonio come una gabbia. Quando si separa «è incoerente, cerca l’alleanza dei figli.

L'amore? Va e viene. Se viene. Storielle, senza troppi sconquassi.

La politica? Per carità. A meno che non si tratti di pace nel mondo e che a dare la linea non sia Bono Vox. Mentre i loro genitori hanno allenato fior di muscoli a forza di marciare contro quello e quell'altro!!

Si lavora (se si lavora) con poca ambizione.

Gli amici? Quelli sì, sono importanti. Soprattutto per le uscite in comitiva. Ma, per favore, i maschi con i maschi e le femmine con le femmine.

La famiglia? Benino. Con mamma e papà che non si scandalizzano se ci si chiude in camera con la ragazza e che, magari, allungano pure una canna.

Lo studio? Sì, ma poi? 

Ma. Molti ma.

Adesso è un momento terribile per essere giovani.

Lo Stato fa ben poco per far “crescere” questi “ragazzi”. Li fa crescere, sbloccando sì l'accesso al lavoro, ma solo quello precario e tenendo a bagnomaria i più fortunati in corsi di formazione ad oltranza, dai quali escono carichi di diplomi ma con scarse capacità di sapersi muovere nel lavoro, come nella vita.

I giovani di oggi, non hanno più le stesse ambizioni della generazione precedente la loro; l'idea della carriera come affermazione sociale sta declinando. Il lavoro viene visto come strumento che dà da vivere.

Rimane il mito del successo, che però si ritaglia sul modello televisivo.

La risposta giovanile a tutto ciò, suona come una sorta di adattamento.

E non solo in Italia.

Bisognerebbe però evitare di cercare sempre e solo capri espiatori nella società!!

Gli adultescenti di oggi hanno paura di prendere decisioni significative.

«Fino a che ci sarà l'utero materno dove rifugiarsi, non cambierà mai niente».
Tana per la madre di tutti i guai: la famiglia-cuscinetto. Che coccola i propri figli, spesso unici, come beni preziosi, salvo inculcargli una discreta ansia da prestazione al momento di spiccare il volo, nel cercare di prendere in mano la propria vita. E se li tiene stretti come "beni rifugio" per esorcizzare il vuoto in cui loro, i grandi, galleggiano dopo il crollo delle proprie ideologie.

I trentenni di oggi quindi, dovrebbero dimenticare i vizi a cui certi genitori li hanno sottoposti per anni, fin da piccoli; genitori che probabilmente non hanno ancora capito come fare i genitori, che fanno di tutto per assomigliar loro il più possibile.

L’unico effetto indotto non propriamente negativo che si può intravedere in questa involuzione, è che presto potrebbe ritornare in auge l’antica figura della famiglia patriarcale, dunque sotto uno stesso tetto (oggi di pochissimi metri quadri, per la verità) si ritroveranno a convivere tre generazioni insieme (nonni, genitori, figli).
Tutti un po’ più stretti, dunque, ma certamente più uniti e consci dell’importanza del rispetto e dei sacrifici altrui.
Dopotutto, le condizioni avverse rafforzano ciò che non separano.

Da sempre.

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