Creato da casadecolmeia il 17/08/2010
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« Al di là del conosciutoFollia di mare »

La valse de ma vie

Post n°5 pubblicato il 07 Settembre 2010 da casadecolmeia
 

Au premier temp de la valse
Un maglione rosso, la barba trasandata, un cappellino nero da portuale, l'immancabile sigaretta in bocca. Me l'aspettavo così...uscì invece con un perfetto abito grigio da borghese. L'Olympia era gremita. Attaccò subito "Le soleil qui se lèves et caresse le toits...c'est Paris..eccola la Parigi più vera, ecco soprattutto lui, Jacques Brel.
In fondo all'ultima galleria, al posto dei poveracci, un ragazzino venuto da lontano impazziva di gioia. Laggiù sul palco c'era il suo idolo, e cominciava  il concerto con "Les prenoms de Paris", bellissima canzone che il ragazzino sapeva a memoria...poi Les bourgeois e via via tutte le sue più note. Poi una pausa per riprendere fiato. Applausi interminabili, il viso del ragazzino in fiamme.                                                    
Tornò sul palcoscenico con una camicia grigia e un foulard al collo...è il tempo delle canzoni più note. Ecco, ormai celeberrima, La valse a mille temps...e alla fine la valse-valzer- diventò vache-vacca tra gli  applausi dell'immenso teatro pieno di fumo. Seguirono Les biches e altre canzoni, finchè qualche nota di piano introdusse disperatamente Ne me quitte pas. La cantò con tale emozione che il pubblico si dimenticò di applaudire...ci furono attimi  di assoluto silenzio..poi il fragore degli applausi e poi ancora una magica fisarmonica accompagnò La chanson des vieux  amants, altra straordinaria poesia di struggente malinconica bellezza. 
Terminò con una canzone che ancora non conoscevo: tre semplici accordi di chitarra  e la sua voce roca e poetica che attacca  "Quand on n'a que l'amour"...quando non si possiede altro che l'amore, e fu amore duraturo per quella canzone che ancora oggi mi emoziona come allora.
Finì tardi, tardissimo...il ragazzino aveva il biglietto del treno Parigi-Digione-Bellegarde-La Clusaz terza classe in tasca. L'aveva preteso la cugina complice, sapendo bene che quel matto di cuginetto italiano che adorava sarebbe  stato capace di spendere i soldi del ritorno per andarsi a vedere qualcos'altro di Parigi. Vari chilometri a piedi per arrivare in stazione, salire sul primo treno per Digione e molte ore di sonno assicurato sui sedili di legno della terza classe. Poi il Digione-Bellegarde e il trenino, lentissimo, che saliva tra i colli:  Bellegarde-La Clusaz e poi una vecchia corriera. Quasi 12 ore di viaggio in totale.                                                      
Era la prima "fuga" a Parigi di un ragazzino per andare ad ascoltare un poeta chansonnier. Conoscevo già Parigi, c'ero già stato almeno quattro volte, viaggi che i miei straordinari genitori, che saranno sicuramente in paradiso solo per avermi sopportato, mi avevano permesso nonostante l'età poco più che infantile. Ma di questa "prima fuga" nessuno lo sa, salvo la cuginetta complice che aveva anche contribuito economicamente all'acquisto del biglietto.  
    brel2

Au deuxième temp de la valse
Ma Parigi era anche Hemingway, Festa Mobile. Quel libro mi aprì la mente su vari significati del vivere, mi fece vedere le strade e i vicoli e i bistrots e i caffè e le brasseries con altri occhi...imparai a frequentare i bouquinistes per il puro piacere di accarezzare libri antichi che le mie tasche sempre vuote non potevano che sognare, imparai a sedermi ai tavolini di piccoli   caffè davanti alle Tuileries bevendo una "grenadine" fresca e rossa, e scrivendo le mie sensazioni su pezzi di carta scimmiottando Hem, e osservare la carezza del sole sui tetti che scivola via lentamente nella festa del tramonto.  Hem aveva avuto la sua Parigi ed io volevo la mia. E ora capisco che tutto ciò era cultura. Mi immedesimavo nella vita parisienne, ma quella povera degli operai col basco e la salopette blu e la camicia a quadri. Poi, più grande cominciai a bere vino e a fumare Gauloise perchè allora ritenevo che a Parigi si "devono" fumare le micidiali Gauloise! Di giorno frequentavo assiduamente musei e librerie, la sera i bistrot del quartiere latino. Con tre franchi ci passavi la serata e c'era sempre musica dal vivo, era facile conoscere gente, parlare ed ascoltare una lingua che era ormai mia. E  anche questo era cultura. Imparavo a star solo con me stesso, a  lasciar scorrere il presente lontano dalle gabbie che l'Italia di allora imponeva...no, a Parigi non c'erano gabbie! Respiravo cultura e non solo. Incameravo senza accorgermene la capacità di "vivere il mondo", di sbrigarmi in tutte le situazioni, di usare il buon senso e l'attenzione sempre vigile dove serviva, di lasciarmi andare ad emozioni via via  crescenti.                                                              
Osservare i passanti con la flute sottobraccio, sbirciare ragazzine di città, le per me "famose" parisiennes, col cuore in tumulto, senza mai aver visto il sesso di una donna, leggere le Figaro sul tavolino del caffè, leggere i classici francesi in lingua originale prestati dalla biblioteca, parlare...o meglio cercare di parlare la loro lingua senza accenti italiani, andare nei loro cinema e scoprire, con immensa gioia, la Brigitte Bardot dei miei sogni che, con la sua vocina di un sexy conturbante, eccitava i miei sensi ancora assopiti. E anche questo, credo, era cultura.
La mia prima volta non poteva che essere a Parigi. La conobbi su un campo di tennis di periferia, era bionda, bella, lunghe gambe sode che il gonnellino bianco evidenziava. Le chiesi, beneducato, se mi faceva il favore di scambiare quattro palle con me. Ci scambiammo ben altro nello spogliatoio deserto e, nonostante tutto sia stato  troppo rapido, capii quanto importante e irrinunciabile era per me la donna.
Mi fissò un rendez-vous per il giorno dopo...non venne, uscì dalla mia vita rapidamente, come rapidamente ci era entrata.

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Au troisième temp de la valse   
Passarono gli anni, ma Parigi era sempre la mia città. Appena potevo ci tornavo, magari per un breve fine settimana. E fu in uno di questi brevi soggiorni - era il 1973, lo ricordo bene - che trovai da un bouquiniste sul Lungosenna un LP usato: il titolo era "Jacques Brel en Public, Theatre de l'Olympia, Octobre 1961". Lo comprai immediatamente: era la registrazione originale, live, del concerto, applausi compresi.

E fu emozionante rendersi conto che tra quegli applausi c'era anche il mio. Lo conservo come una reliquia, lì, nel posto d'onore tra i mie innumerevoli dischi di vinile. Ormai strausato, pieno di graffi e di polvere del tempo, che mi ostino periodicamente a ripulire con delicatezza, è parte integrante della mia vita, perchè ci si affeziona alle persone, agli animali, alla casa, ma ci si affeziona anche alle cose, simboli del vivere quotidiano.
 

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Une valse à mille temps
Ed eccomi di nuovo a Parigi. Oggi è facile arrivarci, poco più di un'ora di volo, il métro, due passi con la sacca sulla spalla. Ecco la piccola pensione, identica...no, una novità c'è: nuovi proprietari, gente asettica e con la puzza sotto il naso; arredamento modernissimo un po' cafoneggiante. Manca il calore, la simpatia della vecchia proprietaria, mancheranno le strepitose colazioni mattutine che Madame mi posava sul letto, spesso intrattenendomi con i pettegolezzi parisiennes mentre il profumo dei croissants saturava la camera.
In un clima non certo settembrino percorro le piccole vie a me care che salgono verso Montmartre, ricche di sapori e di vita, per gustarmi il panorama. Scendo poi verso i lunghi boulevards e, quasi inconsciamente, i miei passi mi portano nel Bd des Capucine...eccolo lì l'Olympia, ormai restaurato e assurto a monumento nazionale. Ho però l'impressione che l'ingresso sia stato spostato rispetto a quella sera...boh, forse mi sbaglio...del resto son passati... 49 anni!
Per un attimo, un millesimo di secondo, perdo l'equilibrio. Ma mi rendo subito conto che non ho nulla da rimpiangere, che sono un uomo fortunato a cui la vita ha dato più di quello che ha tolto, ho amato e sono stato amato con intensità e passione. Parigi è stata un nido che a poco a poco mi ha fatto crescere, poi mi ha aperto il mondo, infine mi ha spalancato il mare.

Cammino fino a tardi, ormai è buio e il freddo tiene i parigini in casa. La città si riempie di luci e di traffico, ma, salvo qualche turista, non si incontrano pedoni. Stasera voglio musica, voglio colori, voglio sapori, voglio gente. Un piccolo locale da cui esce musica, un vociare di gente allegra e rumorosa. Entro: è un locale ungherese pieno di vecchie acqueforti e di atmosfera. Molta gente di ogni razza, una gran confusione, una babele di lingue. Una cameriera dal seno abbondante e che mostra con generosità mi porta un superbo piatto di pollo alla parika contornato da peperoni vedri gialli e rossi, che gusto con voluttà mentre due musicisti non certo giovani, accordeon e violino, si danno molto da fare per rallegrare la serata.
E mi dico che anche questa è Parigi, cosmopolita e multietnica, accogliente e razzista, superba e bonaria, elegante e stracciona, culturale e scostante. Ma se la conosci te ne innamori... e ti accorgi che ognuno, se vuole, può trovare a Parigi ciò che cerca.

Perchè aveva ragione Hem: si finisce sempre col tornarci a Parigi. E ognuno di noi, credo, possiede una "sua parigi" in cui rifugiarsi e dove, soprattutto, ritrovare se stesso.
 
Parigi, Settembre 2010

 
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Commenti al Post:
StregaM0rgause
StregaM0rgause il 07/09/10 alle 23:24 via WEB
E io mi innamoro della tua scrittura , amico mio; finalmente sei tornato, ho vagato come anima in pena in questo web così vuoto , ripetitivo, soporifero. Questo pezzo è una meraviglia: Jaques Brel e"ne me quitte pas"...che cosa pagherei per averlo potuto ascoltare anche io...la tua parigi è diversa dalla mia, perchè legata a diverse esperienze. Però ora che ti ho letto sì, sono sicura che mi capisci quando parlo di santiago. Grazie per questo "diario di viaggio e di vita" che mi sono gustata parola per parola. Bisoux, enri.
(Rispondi)
CoMizia
CoMizia il 10/09/10 alle 13:51 via WEB
Ha ragione Strega:come scrivi ed avvinci tu...pochi sanno farlo!Mi hai condotto per mano nella Parigi di 50 anni fa(particolarmente apprezzato il racconto dello spettacolo live di Jacques Brel) e,ritornandoci,me l'hai fatta scoprire di nuovo nella sua ricchezza cosmopolita e multietnica!Emozionante viaggio che mi ha ricordato i miei(hai ragione ,non bastano mai per conoscerla veramente,come tutte le grandi città del resto!);ho ancora il fiatone per le corse che facevo(dovevo prendere ila metrò) per tornare in tempo in albergo dopo aver passato mattinate intere al Louvre o alla Galleria d'Orsai!Complimenti per il bel tuffo nell'Oltre che ho fatto con te a Parigi,ma che si può fare in qualunque luogo che susciti in noi forti emozioni.Un saluto,Lety^__^
(Rispondi)
casadecolmeia
casadecolmeia il 10/09/10 alle 20:35 via WEB
ognuno ha nel cuore una sua parigi...e se queste mie emozioni ed esperienze Vi han fatto sorridere, o creato, anche per un solo istante, una piccola emozione ne sono molto lieto. Non amo molto parlare di me, ma certe esperienze sono universali, spero, e condividerle con chi sa partecipare è gioia pura. Un grazie sincero..
(Rispondi)
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