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BLACK LEMON

Post n°29 pubblicato il 01 Luglio 2005 da catcherintherye001
Foto di catcherintherye001

BLACK LEMON

 

Memories are thin, watery and fragile, like gas rising off the pavement on the hottest days. But there are times I can see clearly.

 

Martin David e Vince camminavano in fila indiana, a passo svelto e senza dire una parola costeggiando i binari della ferrovia. Un passaggio obbligato per raggiungere il loro rifugio in mezzo ai boschi, quella capanna che si erano costruiti in una settimana di lavoro e dove passavano buona parte delle giornate estive. Un posto segreto, il Grande Segreto che conoscevano solo loro, dove nessuno avrebbe potuto trovarli e che avevano chiamato Black Lemon, di modo che potevano anche parlarne di fronte ad altra gente tanto chi li avrebbe capiti.

Il sole di luglio si faceva sentire e Vince il più piccolo dei tre, era al sesto anno della Lexington Middle School, iniziava a sbuffare ed ansimare, per fortuna erano arrivati a The Rock, lo spuntone di roccia che a loro serviva come segno per poter tagliare nel bosco.

Il bosco ombreggiato e ventilato diede un po’ di tregua ai ragazzi che poterono rallentare il passo; ancora una decina di minuti e sarebbero arrivati a Black Lemon.

Quel posto glielo aveva fatto scoprire Perry, loro zio, poco più di un anno prima: aveva organizzato un pic-nic e  preannunciato che li avrebbe portati in un luogo magico, incantato ed in effetti così sembrava, pur non essendo lontano dalla civiltà era rimasto stranamente nascosto ed incontaminato.

Si ricordavano tutti e tre benissimo la meraviglia provata appena arrivati là, i giochi di ombre e luci creati dagli alberi ed il torrente che scorreva lento con le sue acque dorate.

Dissero a Perry che gli erano grati di aver voluto dividere con loro questa  scoperta e fu allora, solo allora che lui fece la sua tremenda ed inaspettata rivelazione ai tre ragazzi: quel tumore che aveva nella testa che stava crescendo a ritmi vertiginosi ed aveva raggiunto quasi la dimensione di un limone, un limone nero disse. I tre cugini rimasero lì a guardarsi negli occhi senza sapere bene cosa dire, ancora troppo giovani per trovare parole di circostanza, mentre lo zio continuava a mangiare fried chicken e scherzare come se nulla fosse.

Perry morì quattro mesi dopo, in una notte di fine settembre, con il cielo che veniva squartato da lampi e saette maestose ed i tuoni erano così fragorosi da far tremare le mura delle case. Fu quella la prima notte insonne della loro vita. Al funerale in chiesa erano seduti sulla stessa panca, ammutoliti, senza più lacrime ed al cimitero, vedendo la bara che veniva calata nella fossa e poi pian piano ricoperta di terra, si resero conto che non lo avrebbero visto più per davvero. Black Lemon nacque in quel modo, in perenne memoria dello zio Perry strappato malvagiamente dalla terra all’età di vent’anni come un fiore appena sbocciato.

Ritrovare esattamente quel luogo non era stato difficile, Martin aveva una memoria ed un senso dell’orientamento fenomenale e aveva guidato i due cugini sino là in una domenica di aprile. Seduti in riva al torrente strinsero il patto di non parlare mai ed in nessun caso di Black Lemon con qualcun altro al di fuori di loro tre, altrimenti sarebbero stati gli altri due a decidere della sorte del traditore.

Finalmente arrivati Martin e David tirarono fuori le canne da pesca mentre Vince si tolse le scarpe ed iniziò a lamentarsi perché i piedi gli erano gonfiati e gli facevano male. I due più grandi erano già nel torrente a pescare quando Vince entrò con i piedi nell’acqua e si mise a piagnucolare perché era fredda, il tempo stava cambiando. “Vince sei peggio di una ragazzina” fece Martin, “Sì, una ra-gaz-zina una ra-gaz-zina” disse David cantilendando per prenderlo in giro. I due scoppiarono a ridere. “Non chiamatemi così, non vi permettete” Vince era già rosso in viso per la rabbia.

“Altrimenti che fai eh ? Che fai ?” disse David, “Altrimenti dico tutto” sbottò Vince.

Sul viso di Martin calò un’espressione serissima, “Tutto cosa” chiese, “ Tutto di Balck Lemon” urlò Vince, “Non lo faresti mai” Martin era in piedi proprio di fronte a Vince e lo sovrastava di una quindicina di centimetri . “E tu che ne sai che non l’ho mai fatto eh ?” c’era un tono di sfida nella voce di Vince; “Non lo faresti per non offendere la memoria dello zio Perry” mormorò Martin, “Lo zio Perry è morto, da quasi un anno ormai, morto e sepolto ok ?”

Martin, fuori di sé, l’aveva preso per il bavero della polo e lo stava strattonando mentre David guardava la scena paralizzato, “A chi l’hai detto eh ? A chi ?”  “ A mia mamma e papà” fece Vince.

Il vento soffiava incessantemente, increspando le acque del torrente e le prime gocce di pioggia stavano cadendo da un cielo diventato pece. Martin prima lasciò andare Vince, il quale si accasciò piangendo su di una piccola roccia, poi gli sferrò un calcio sulla testa che lo fece sbattere violentemente sul masso. Il corpo di Vince era immobile riverso a pancia in sù e il suo sangue cominciava a sgorgare nel torrente, prontamente lavato dalla pioggia ormai battente. Martin si voltò e vide David tremare come una foglia, lo prese per mano ed insieme andarono a ripararsi sotto la capanna, già fradici. “Dirai che è scivolato da solo, è questo che dirai è vero ?”.

David, in preda ad una crisi di pianto, annuì senza nemmeno guardarlo negli occhi, aveva paura. “Adesso aspettiamo che smetta di piovere poi ce ne torniamo a casa” fece Martin.
 
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