Catcher in the rye
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THE LONG GOODBYE
“Love leaves nothin’ but shadows and vapor
we go on, as in our sad nature”
Una cosa non riusciva a capire: perchè a distanza di un anno e mezzo da quando si erano lasciati la foto di lei era ancora incorniciata ed in bella mostra sul suo cassettone ?
Quella cornice di plastica gialla ora l’urtava e la foto di quella volta in campagna non la guardava mai, levava lo sguardo giusto un attimo prima di incrociarla, era diventata una vera e propria croce e nonostante tutto era ancora li’.
In fondo la loro relazione era andata avanti tra pochi alti e tanti bassi: quando si erano messi insieme per sei mesi non avevano potuto fare l’amore per “sospetto vaginismo” e meno male che era solo sospetto; negli ultimi tempi invece l’attrazione sessuale era scemata a tal punto sino a diventare una sorta di obbligo a timbrare il cartellino solo durante il fine settimana e pensare che lui odiava i fine settimana. Insomma una relazione destinata a morire, se non altro di noia, con lei che gli propinava serate con i suoi amici (c’era questa coppia, Chiara ed Andrea, lui aveva trenta e passa anni, fervente cattolico, aspettava il giorno del matrimonio per fare sesso per la prima volta e lei che era più giovane di otto anni, sembrava una frigida convinta) e lui che faceva dei musi e poi giù a litigare; oppure il massimo era fermarsi a cena dai genitori di lei con il padre che, con la sua bronchite cronica, gli tossiva nel piatto, fumava e gli parlava dell’Inter di Herrera.
E la prospettiva di tutto questo qual era ? Una convivenza in un mini appartamento a Milano, un cane da portare fuori a fare i bisogni a turno, una testa cosi’ con le traversie delle sorelle di cui una divorziata, logorroica e con una bambina di cinque anni e l’altra che aveva fatto finta di laurearsi in filosofia alla Statale e che si barcamenava tra un lavoretto e l’altro. Per poi non parlare dell’altra grande tragedia familiare: la mamma succube di quel mostro del marito che la tormentava. A proposito di questo era poi venuto a sapere che lei aveva convinto la madre a chiedere il divorzio e che il padre rimasto solo si era ammazzato con una pistola rimediata chissà dove. Avrebbe voluto chiederle come si sentiva ora che il padre si era suicidato e la madre era andata fuori di testa, se era sempre cosi’ sicura di sè, convinta di quello che diceva e che faceva. Si ricordava ancora di quelle telefonate, qualche tempo dopo che lo aveva lasciato, per chiedergli se tutto andava bene, per ribadirgli la fermezza della sua decisione e per dirgli di come con il nuovo compagno andasse tutto per il meglio e lui che non aspettava altro di sentire la sua voce. Poi un giorno le telefonate erano finite nello stesso modo in cui erano iniziate: senza una ragione.
Ci era voluto del tempo, troppo tempo, per chiudere. Un lungo addio. Alzo’ lo sguardo sino a fermarsi alla foto incorniciata, si soffermo' ad analizzarla fino nei particolari, non gli fece alcun effetto, come guardare la foto di un perfetto sconosciuto.
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Inviato da: cassetta2
il 05/03/2024 alle 21:12
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il 25/03/2009 alle 06:25
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