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« SANTA GEMMA GALGANI IV parteIL DIARIO DI GEMMA GALGA... »

IL DIARIO di GEMMA GALGANI: V parte

Post n°126 pubblicato il 05 Giugno 2008 da catholicmind

Martedì, 21 agosto

Aspetta una visita di san Gabriele dell'Addolorata.

Forse m'ingannerò, ma oggi aspetto una visitina di C.G. [Confratel Gabriele], e se fosse vero, devo parlargli di molte cose. Gesù, lume, lume non a me, ma a P .G. [Padre Germa­no] e al confessore.

 

Mercoledì, 22 agosto

Rimproveri dell'angelo e visita di Gesù, che le parla della signora Giu­seppina Imperiali. Il suo angelo custode non l'abbandona mai; altri angeli le si fanno vedere.

Ieri l'angelo custode mi avvisò che nel corso della gior­nata doveva venire Gesù; mi gridò, mi chiamò superba, ma poi ci rimettemmo ben presto. Non ci pensai più alla visita di Gesù, perché non ci credevo; ma nel mettermi a fare le preghiere della sera mi sentii raccogliere con Gesù, che mi fece subito un dolce rimprovero, dicendomi: « Gemma, non mi vuoi più? ». « O Dio mio, Dio mio », gli risposi, « come non ti cerco? Ti desidero da per tutto, ti voglio, ti cerco sem­pre, bramo te solo».

Ma mi venne in mente subito di dimandargli: «Ma, Ge­sù, sei venuto stasera, e allora non verrai dimani sera». Mi promise di sì. Ma il confessore mi ha detto che ne sarà re­sponsabile la mia coscienza, se soffrissi e non mi sentissi be­ne; se mi sento bene, la stessa ora posso soffrire con Gesù; se no Gesù venga pure, ma senza farmi soffrire; mi trattenga con lui e lo compatisca, e faccia parte con lui a quella morta­le tristezza che patì nell'Orto degli olivi. In ogni modo ob­bedirò.

Mi parlò pure Gesù, senza che io ne parlassi, dell'anima santa della signora Giuseppina Imperiali. «O quanto mi è cara! », ripeteva Gesù. «Vedi», soggiungeva, «essa soffre tanto, non ha un minuto di tregua. Felice lei! ». Mi lasciò, co­me è solito, in una consolazione inesprimibile.

Per grazia di Gesù e per sua infinita misericordia l'ange­lo custode non un minuto secondo mi abbandona. Ieri ne vi­di più degli angeli: il mio mi assisté continuamente, e ne vidi un altro pure di un'altra persona, e qui non occorre certo che descriva i più minuti particolari: se l'obbedienza lo vo­lesse, sarei pronta, ma per ora... basta... A un caso me ne ri­corderò.

 

Giovedì, 23 agosto

Aridità e ripugnanze; la corona di spine; amorosa gara con Gesù. Oimè! La sera viene, e il solito raffreddamento, la solita ripugnanza mi assale; la stanchezza vorrebbe vincermi, ma con un po' di fatica non mai voglio tralasciare di fare il mio dovere.

Gesù stasera mi ha posata la sua corona sul mio capo cir­ca le dieci, dopo essermi un po' raccolta. Il mio patire, che non eguaglia per niente quello di Gesù, è stato forte: persino tutti i denti mi sentivano; a ogni movimento era un forte do­lore; credevo di non resistere, ma sì, va tutto bene invece. Ho offerto per i peccatori quelle poche pene, ma in partico­lare per la povera anima mia. Lo pregavo che tornasse pre­sto. Quando fu per lasciarmi, allora nacque una gara tra me e Gesù: chi di noi sarebbe andato a far visita prima (e sono andata io, vo' dire a far la santa comunione), e insieme ci di­cemmo e restammo combinati che io andrò da lui e lui ver­rà da me. Mi promise l'assistenza del mio santo angelo e mi lasciò.

 

Venerdì, 24 agosto

Gesù le toglie la corona di spine e le parla di padre Germano. Assisten­za e ammaestramenti dell'angelo: le insegna pure il modo di ottenere da Ge­sù una visita di san Gabriele dell'Addolorata.

Più tardi poi tornò Gesù a rítogliermi la corona, ma ven­ne assai presto dicendomi che avevo fatto assai, e perché io non volevo, ché non erano ancora le ore compite, mi rispose che sono sempre piccola e faccio assai così.

Soffrii continuamente per parecchie ore; mi accarezzò tanto Gesù. A un certo punto del nostro ragionamento, gli chiesi lume per il confessore; allora mi venne fatta una spia all'angelo custode. Mi aveva detto alla mattina avanti che padre Germano ha assai lume sopra di me, e mi vuole bene. Riferii senza pensare la cosa a Gesù, e Gesù non sapeva nul­la che l'angelo custode me l'avesse detto; si fece un po' se­rio e mi disse che non vorrebbe che l'angelo custode mi fa­cesse le spie.

Ma mentre così parlava, anziché confondermi, come mi accade quando Gesù si fa serio e severo, fui presa, al contra­rio, da più confidenza verso di lui, e gli dimandai: « Gesù, non potresti... »; mi chetai, credendo di farmi capire senza parlare, e Gesù capì subito e soggiunse: «Non ti affliggere, figlia mia: padre Germano presto ci occorrerà. Hai capito? », mi dimandò. « Sì », risposi. E per ultimo mi ripeté queste pa­role: «Non temere, ché presto ci occorrerà». Mi fece cenno con la mano che si allontanava, e mi sparì.

Più tardi ancora poi andai in chiesa per avere al solito la benedizione, ma mi pareva di essere stanca; infatti ero dav­vero, ma non è, come ho detto più volte, stanchezza propria, è svogliatezza e poca voglia di pregare; l'angelo custode mi disse in un orecchio che pregassi pure anche stando a sede­re. Sulle prime non potevo cedere, ma insísté due volte, e al­lora obbedii e stetti sempre a sedere. Certo che ne ebbi pia­cere, perché non potevo starci in ginocchio.

Ieri sera pure mi fece capire che, quando Gesù si lamen­ta con me perché non faccio la meditazione, non vuol dire del giovedì e venerdì, intende parlare degli altri giorni: ed è vero infatti, perché in quei due giorni mai la dimentico. Gli promisi di essere più esatta nel farla, e mi comandò di anda­re a letto, dicendomi che ero stanca e badassi bene di dor­mire. Mi raccomandai che stasse con me, ma non me lo pro­mise: è vero, non ci è mai stato.

«Ora poi», gli dissi, «corri da Gesù e pregalo tanto, per­ché dimani sera devo tornare a confessarmi e bisogna che lo veda »; e lui subito pronto: « E se venisse confratel Gabrie­le?». «Sarebbe lo stesso», risposi; «ma o Gesù o lui, confra­tel Gabriele, bisogna che in ogni modo li veda; pregalo che me la conceda questa grazia: mi è necessario». «Puoi dirlo a me?», mi disse. «Tu pure», risposi, «va' da Gesù e fatti dire ogni cosa, e poi torna a dirmele». Mi fece cenno di sì.

Mi aveva parlato pochi momenti fa di confratel Gabriele e, come sempre al sentirlo anche solo ricordare mi sento tut­ta rallegrare, non potei fare a meno di esclamare: «Confratel Gabriele, quanto è che l'aspetto, quanto lo desidererei! ». «E appunto per questo, perché hai questo desiderio sì forte, Gesù non vuole contentarti». Allora ridendo m'insegnò che, quando veniva Gesù, non mi facessi conoscere di aver la smania di vedere confratel Gabriele, ché allora mi contente­rebbe facilmente.

Intesi che scherzava, poiché so che a Gesù non si può na­sconder nulla.

« Sii índifferente », mi ripeté, « e vedrai che Gesù te lo manda più spesso ». « E non mi riesce esserlo », gli dissi. «T'insegno io; devi dirgli così a Gesù: Se viene, bene; se no, è lo stesso», e nel dire così rideva forte forte.

Allora lo ripetei pure anch'io; ma lui capii che si diverti­va. Mi comandò di andare a letto, dicendomi che per quella notte dovevo esser sola, perché, se ci fosse stato lui, non avrei mai dormito, e se ne andò.

È vero, perché quando ci è lui, non dormo: m'insegna tante cose che si fanno in paradiso, e passa presto presto la notte. Ma stanotte non è stato così: mi ha lasciata sola e ho dormito: più volte però mi sono svegliata, e allora mi diceva subito: « Dormi, se no scappo davvero ».

Ho sentito tuonare forte forte e avevo paura, e allora è venuto e si è fatto vedere; mi ha benedetta di nuovo e mi ri­sono addormentata.

 

Sabato, 25 agosto

Il demonio, sotto le apparenze dell'angelo custode, la tenta e la percuo­te,- l'angelo vero poi le dà avvisi e sostegno. Visione di Maria Santissima.

Nella comunione stamattina nessuna consolazione, ogni cosa con freddezza. Sia fatta la santissima volontà del mio Dio. Oggi che avverrà? Gesù non viene, e neppure me lo sento vicino. Vado per riposarmi, mi vedo venir davanti l'an­gelo custode, che riconobbi per il mio; ma fui presa da un po' di paura e da turbamento anche nell'interno.

Tante volte mi assale la paura, quando vedo comparire qualcuno; ma a poco a poco mi passa e termina in consolazione. Ieri invece il turbamento cresceva e perfino, se mi toccava, scuotevo: cosa che mai mi accade, quando vera­mente è il mio caro angelo. Stavo insomma incerta su questo, quando mi domandò: « Quando vai a confessarti? ». «Stase­ra», risposi. « E perché? Che ci vai a fare tanto spesso? Non sai che è un imbroglione il tuo confessore? ». E mi rinvenni di che cosa si trattava, e mi segnai più volte; allora colpi da farmi scuotere. Il mio angelo non mi parla mai in simile guisa.

Durai per più tempo combattendo in quel modo, e pro­misi che a suo dispetto sarei andata a confessarmi; e ci andai infatti. Chiamavo Gesù, la mia Mamma, ma che! Nessuno. Dopo del tempo si fece vedere un po' l'angelo custode vero, obbligandomi a confessarmi di ogni cosa, e mi parlò di due cose da dirgli [al confessore].

Il turbamento e la paura del nemico presto sparì, e ritor­nai in calma, fino che non fu il tempo di andare a confessar­mi: non volevo andarci a nessun patto. Con forza" vi andai, ma pochissimo potei parlare. Ma pure ogni cosa voglio dire, scriverò'.

La mia carissima Mamma ieri sera non mancò, ma fu co­sì breve la sua visita; ma mi consolò tanto. La pregai più che potei per me, affinché mi conducesse in paradiso; per al­tro ancora pregai caldamente. Come mi sorrideva quando ri­petutamente la chiamavo mamma! Si avvicinò, mi fece una carezza e mi lasciò in compagnia dell'angelo custode, che si è mantenuto affabile e allegro fino alla mattina.

 

Domenica, 26 agosto

Forti rimproveri e volto severo dell'angelo.

Alla mattina mi ha lasciata [l'angelo custode], dopo che sono uscita di camera. Ho fatto la santissima comunione senza saper nulla di Gesù; nel corso della mattinata mi senti­vo una voglia sì forte di piangere, che bisognava che mi na­scondessi agli sguardi degli altri per non farmene avvedere: mi sentivo inquieta di coscienza e non sapevo a che appi­gliarmi. Dio mio, che mi accingo a descrivere! Ma sarà bene, perché, se a qualche persona capitasse nelle mani questo mio libro, riconoscerà in me se non altro che una disobbedíente e una cattiva.

Ieri, in tempo che mangiavo, alzo gli occhi e vedo l'an­gelo custode che mi guardò con un viso così severo da spa­ventare; non parlava. Più tardi, quando andai un momento a letto, Dio mio! Mi comandò di guardarlo in faccia; lo guar­dai, abbassai quasi subito poi lo sguardo, ma lui insisteva e disse: «Non hai vergogna di commettere mancanze in pre­senza mia; dopo commesse poi la senti la vergogna!». Insi­steva che lo guardassi; per più di mezz'ora circa mi fece sta­re in presenza sua sempre a guardarlo in faccia: mi lanciava certi sguardi sì severi...

Non feci che piangere. Mi raccomandavo al mio Dio, al­la Mamma nostra, affinché mi togliesse di lì, ché non potevo più a lungo resistere. Di quando in quando mi ripeteva: «Mí vergogno di te ». Pregavo pure che altri non lo vedessero co­sì in quello stato, perché neppure più una persona si sareb­be a me avvicinata; non so se altri lo videro.

Soffrii una giornata intera e, sempre quando alzavo gli occhi, mi guardava sempre severo; non potei raccogliermi un minuto. Alla sera pure feci le mie preghiere, e sempre sta­va a guardarmi nella stessa maniera; mi lasciò andare a letto, mi benedì però; ma non mi abbandonò: è stato per più ore con me, senza parlare e sempre severo.

Io mai non ho avuto coraggio di rivolgergli una parola, solo dicevo: «Dio mio, che vergogna se altri vedessero il mio angelo così arrabbiato! »

In nessun modo ieri sera non mi riusciva prender sonno; sono stata svegliata fino alle due passate: lo so, perché ho sentito sonar l'orologio. Stavo ferma nel letto, la mente ri­volta a Dio, ma senza pregare. Infine, dopo sonate le tre, ho veduto l'angelo custode avvicinarsi, posarmi una mano sulla fronte, e mi ha dette queste parole: «Dormi, cattiva! ». Non l'ho più veduto.

 

Lunedì, 27 agosto

Nella santa comunione Gesù le spiega il motivo per cui l'angelo le si mostra così severo.

Stamani ho fatto la santa comunione: non avevo corag­gio di farla. Gesù mi è parso che mi abbia data un po' di co­noscenza della cagione per la quale l'angelo custode è così: l'ultima confessione fatta male. Purtroppo è stato vero.

 

Martedì, 28 agosto

Dopo la confessione l'angelo torna a esserle sorridente e amabile, e la assicura del perdono di Gesù.

L'angelo custode si è mantenuto così severo fino a sta­mani, che non ho palesato ogni cosa al confessore. Subito uscita di confessionario, mi ha guardato ridendo, con un'a­ria di compiacenza: sono ritornata da morte a vita. Più tardi poi mi ha parlato da se stesso (io non avevo coraggio d'in­terrogarlo): mi ha domandato come stavo, perché non mi sentivo bene la notte innanzi. Gli ho risposto che solo lui poteva guarirmi; si è avvicinato, mi accarezzava tanto tanto e mi diceva che fossi buona.

Ripetutamente gli dimandavo se mi volesse bene come prima, e se mi amasse egualmente; mi rispondeva in questo modo: « Oggi non mi vergogno di te, ieri sì ». Gli demandavo più volte perdono, e faceva cenno di essere [stato perdona­to] ogni trascorso. Infine l'ho mandato da Gesù per tre cose:

1) Se fosse ora contento di me?

2) Se mi avesse perdonato ogni cosa?

3) E che mi levasse una certa vergogna da dosso per far l'obbedienza al confessore...

È andato subito via, ed è tornato assai tardi: mi ha detto che Gesù è assai contento; che mi ha perdonato, ma per l'ul­tima volta; in quanto alla vergogna disse che Gesù gli aveva risposto queste precise parole: «Digli che obbedisca perfet­tamente ».

Più tardi poi andai a letto, ma sentii poco dopo un po' di rimorso. Pensavo, è vero, al soggetto della meditazione della Passione, ma nel letto. Mi ha demandato a che cosa pensassi il mio angelo. «Alla Passione», ho risposto. «Che dirà di me Gesù che faccio questa vita sì comoda, prego po­co, e nel letto; insomma tutto il tempo della preghiera lo passo nel letto? ». Questo purtroppo è ogni cosa vero. Mi ri­spose che ne pensavo io di questa cosa. « È svogliatezza», soggiunsi. Ma gli promisi che, da quella sera in poi, mai più avrei pregato nel letto; altro che il giorno a me destinato per obbedienza. Da ieri sera e per tutta la notte mai si è allonta­nato da me, ma con un patto però: di stare zitta e dormire. L'ho fatto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
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