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« IL DIARIO di GEMMA GALGA...Dalla Newsletter di Radio Maria »

IL DIARIO DI GEMMA GALGANI: ultima parte

Post n°127 pubblicato il 05 Giugno 2008 da catholicmind

Mercoledì, 29 agosto

Scrive una lettera a san Gabriele dell'Addolorata e la raccomanda al­l'angelo custode.

+ Ora poi oggi faccio una cosa: voglio scrivere a confra­tel Gabriele un biglietto; dopo lo consegno all'angelo custo­de, e ne aspetterò la risposta. E questa cosa si fa senza che

Gesù lo sappia; lui pure mi ha detto che a Gesù non si dirà nulla.

E l'ho fatto: ho scritto una lettera assai lunga, ho parlato di tutte le mie cose senza tralasciarne alcuna; poi ho avvisato l'angelo custode che era in punto, e se la voleva... L'ho po­sta stasera, mercoledì, sotto il guanciale, e stamani84, quando mi sono alzata, non ho pensato a guardarci, perché avevo di meglio in mente: andavo da Gesù.

 

Giovedì, 30 agosto

Presa la lettera, l'angelo le dice che sabato prossimo avrà la risposta. Dolore dei peccati e corona di spine. Per obbedire, «manda via» Gesù.

Subito tornata, ho guardato e, curiosa!, la lettera non ci era più. Dico curiosa, perché lo sento dire da altri che è una cosa strana; a me non mi sembra però. L'angelo custode poi mi ha dimandato se ci occorresse risposta. Io ho riso. « E al­tro », gli ho detto, « se ci occorre! ». « Ebbene », ha soggiun­to, «fino a sabato non puoi averla». Pazienza dunque fino a sabato.

Intanto eccomi al giovedì sera. O Dio! Tutti i miei pec­cati mi si presentano davanti. Che enormità! Sì, sappiatelo tutti: la mia vita fino ad ora è stata una continua serie di pec­cati. Sempre la vedo la gran quantità di essi, e la malizia ri­conosco con cui li ho commessi, ma specialmente nell'avvi­cinarsi del giovedì sera: in una maniera sì spaventosa mi compariscono davanti, che divento vergognosa a me stessa e insoffribile a me medesima.

Allora, massime in quella sera, proponimenti, pentimen­ti, sono di continuo; ma tutte cose che poi non mantengo e torno al solito. Un po' di forza, un po' di coraggio mi viene quando sento che Gesù in quell'ora mi mette la corona del­le spine e mi fa soffrire fino alla sera del venerdì; perché ciò

offerisco per le anime peccatrici, in modo particolare per la mia.

Così avvenne ieri sera giovedì; mi sembrò che Gesù fa­cesse, come era solito in quella sera: mi posò le spine sul mio capo, cagione di tante pene al mio caro Gesù, e me la lasciò per più ore. Mi fece un po' soffrire, ma che dico soffrire, go­dere. È un godere quel soffrire. Quanto era afflitto! E la ca­gione: per tanti peccati che si commettono, e per tante ani­me ingrate, che lui tanto benefica, e poi riceve tutto al contrario. Di questa ingratitudine quanto mi sento colpevo­le io stessa! Al certo Gesù avrà detto di me.

Finita l'ora dell'obbedienza, il mio angelo custode mi av­visò; che fare? Gesù si tratteneva ancora, ma ben vedeva l'imbarazzo in cui mi trovava. Mi ricordò l'obbedienza, e per obbedire dovevo mandar via Gesù, perché l'ora era trascor­sa. « Via », mi disse Gesù, « dammi un segno fin da ora che sempre obbedirai». Allora esclamai: «Gesù, va' pure, ch'ora più non ti voglio». E Gesù sorridendo mi benedì, insieme a tutti i membri del Sacro Collegio, e raccomandandomi al­l'angelo custode, mi lasciò sì contenta da non potermi espri­mere.

Son solita in quella notte di non poter dormire, perché sto unita con Gesù, in unione più stretta del solito, e poi an­che perché mi sembra che mi dolga un po' il capo; vegliai in­sieme al mio caro angelo.

 

Venerdì, 31 agosto

Soffre assai per il dolore al capo, ma gode di patire con Gesù.

Corsi alla mattina a fare la santa comunione, ma non po­tei parlare nulla, stetti sempre in silenzio: il dolor del capo me lo impediva. Dio mio, quanto manco in questa cosa! Ge­sù per me non risparmiò nulla, ed io invece per non patire non faccio, se mi riesce, il più piccolo movimento. Che ne dirii, mio Gesù, di questa svogliatezza e cattiva volontà? Tutta la mattina non feci che riposarmi. Venne il giorno, e nessuna fatica provai a volarmene con Gesù: mi levò le spine, mi di­mandò se avessi sofferto tanto. « O mio Gesù », esclamai, «il soffrire mi comincia ora, poiché tu ti allontani. Ieri e og­gi, ho sempre goduto tanto, perché mi sentivo vicina a te; ma da ora, fino che tu non ritornerai, sì davvero che sarà soffri­re continuo». Mi raccomandavo: «Vieni, mio Gesù, vieni più spesso: sarò buona, obbedirò sempre a tutti. Contenta­mi, Gesù». Soffrivo, mentre così parlavo, perché Gesù a po­co a poco mi veniva a mancare.

Infine dopo breve tempo, mi lasciò sola, e di nuovo nel solito abbandono. Verso sera andai a confessarmi, e il con­fessore, credendo che non mi sentissi bene, perché avevo un po' sofferto, mi comandò di andare a letto, subito che fossi andata in camera, e mi comandò pure di dormire, senza par­lare col mio angelo custode (perché alle volte si parla ore in­tere), e che dormissi.

Ci andai al letto, ma non potevo prender sonno, dalla cu­riosità che avevo: volevo dimandare all'angelo custode tante cose, e aspettavo che lui stesso me lo dicesse, ma che! ... Mi disse più volte che dormissi. Alla fine mi addormentai.

 

Sabato, 1 settembre

Apparizione di Maria Santissima Addolorata, alla quale la santa, con fi­liale confidenza e semplicità, manifesta quanto ami Gesù.

Stamattina per tempo poi da se stesso mi ha svegliata e mi ha detto che oggi avrò risposta. « In che modo? », ho di­mandato. « E lo vedrai », mi ha detto ridendo.

Per tutto oggi sono stata senza nessuna tentazione; verso sera me n'è sopraggiunta una all'improvviso, nella manie­ra più brutta. E qui non credo bene di narrare, perché troppo...

Chi mai si sarebbe immaginato che la mia cara Mamma venisse a vedermi? Neppure ci pensavo, perché la mia cattiva condotta credevo che non glielo permettesse; pure di me ebbe compassione, e in breve tempo mi sentii un raccogli­mento interno; all'interno successe come spesse volte, il ca­po se ne partì. Mi trovai (mi parve) con la Mamma Addolo­rata. Che felicità in quei momenti! Quanto è caro poter proferire il nome di mamma! Che dolcezza sentii nel cuore in quegli istanti! Lo spieghi chi può. Mi parve, dopo qualche momento di commozione, che mi prendesse in grembo e mi facesse posare il capo sulla sua spalla, che mi fece tenere per un po' di tempo. Il mio cuore in quel momento era appieno felice e contento: altro [non] aveva da desiderare.

«Non ami che me?», mi dimandava di quando in quan­do. «O no! », gli rispondevo. «Prima di te amo un'altra per­sona ». « E chi è? », fingendo di non saperlo mi dimandava. È una persona a me tanto cara, più di ogni altra cosa; l'amo tanto, che darei la vita anche in quest'istante; per lui non cu­ro più neppure il corpo ». « Ma dimmi chi è », impaziente mi dimandava. «Se tu fossi venuta ieri l'altro sera, l'avresti ve­duto starsene con me. Vedi, però lui viene così di rado da me, io invece da lui vado ogni giorno, e più volte ancora an­drei, se potessi. Ma sai, Mamma mia», ripigliavo, «perché fa così? Perché vuole stare a vedere se così lontano io fossi ca­pace di non amarlo più; ma invece quanto più è lontano, tan­to più mi sento trasporto maggiore con lui ». Mi ripeteva: « Dimmi chi è ». « No, non te lo dico », soggiungevo. « Tu ve­dessi, Mamma mia: ti somiglia te per bellezza, i tuoi capelli hanno il colore dei suoi». E la Mamma mia mi pareva che accarezzandomi mi dicesse: «Ma, figlia mia, di chi intendi parlare?». Esclamai forte: «Non mi capisci? Intendo parla­re di Gesù. Di Gesù», ripetei ancora più forte. Mi guardò sorridendo e mi strinse fortemente a sé: «Amalo pure, ama­lo tanto, ma ama lui solo ». « Non temere », gli dissi, « nessu­no al mondo potrà gustare gli affetti miei, solo Gesù».

Di nuovo mi strinse a sé, mi sembrò che mi baciasse nel­la fronte, e mi svegliai e mi trovai stesa per terra, col croci­fisso vicino.

Chi legge, di nuovo lo ripeto, non creda a queste cose, perché tutta mia fantasia; mi sottometto non di meno a descrivere ogni cosa, perché legata dall'obbedienza, altrimenti vorrei fare altro. Credo che di giorno in giorno la ripugnan­za che provo nello scrivere certe cose infine cessi, ma si fa sempre maggiore: è una pena tale da non poter resistere, e quasi da morirne.

 

Domenica, 2 settembre

Tenerezza, severità e rimproveri dell'angelo custode.

Stanotte ho dormito, col mio angelo custode accanto; nello svegliarmi l'ho veduto vicino a me; mi ha dimandato dove andassi. « Da Gesù », ho risposto.

Tutto il resto del giorno è corso benissimo. Dio mio, ma verso sera che è mai avvenuto! L'angelo custode si è fatto se­rio e severo; io non sapevo indovinarne la cagione, ma lui, ché nulla posso celargli, in tuono severo (nel momento che mi ero messa a recitare le solite preghiere) mi ha demandato che facessi. «Prego». «Chi aspetti?» (facendosi sempre più serio). lo non pensavo a nulla. «Confratel Gabriele» [rispo­si]. A sentir pronunziare quelle parole, ha cominciato a gri­darmi, dicendomi che invano aspettassi, come pure aspet­tassi invano la risposta, poiché...

E qui mi ricordò due peccati fatti nel corso del giorno. Dio mio, che severità! Pronunziò queste parole più volte: «Mi vergogno di te. Finirò col non farmi più vedere, e for­se... chi sa se neppure demani ».

E mi lasciò in quello stato. Mi fece pure piangere tanto. Ho voglia di chiedere perdono, ma, quando è così inquieta­to, non ci è caso che mi voglia perdonare.

 

Lunedì, 3 settembre

L'angelo le manifesta la sua benevolenza. Avvertimenti di vita spiri­tuale.

Non l'ho più riveduto stanotte, neppure stamattina; og­gi mi ha detto che adorassi Gesù, che si trovava solo, e poi è risparito. Stasera poi era assai meglio della sera innanzi; gli

ho chiesto più volte perdono, e pareva disposto a perdonar­mi. Stanotte è stato sempre con me: mi ripeteva che fossi buona e non disgusti più il nostro Gesù e, quando sono alla sua presenza, stia meglio e più buona.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
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Data di creazione: 01/07/2007
 

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