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VINCIAMO LA POVERTà INSIEME..

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I nuovi ospiti di Caulonia..saranno terroristi???

Post n°37 pubblicato il 23 Novembre 2009 da valentinodichiera

PROFUGHI,PANETTA CHIEDE LUMI.

IL CONSIGLIERE DI MINORANZA INTERVIENE SULL'ARRIVO DEI PALESTINESI..

Il consigliere d’opposizione

e capogruppo di Caulonia

Fertile, il musicista e produttore

discografico Domenico

Panetta, ha presentato il 20

novembre scorso una interrogazione

urgente al sindaco

per chiedere spiegazioni sull’arrivo

di alcuni profughi a

Caulonia. “In particolare ci riferiamo

all’arrivo a Caulonia e

a Riace di 170 palestinesi – ha

dichiarato Panetta - facenti

parte di un gruppo più numeroso

di profughi attualmente

confinati nel campo di Al Tanf

(al confine tra la Siria e l’Iraq)

che sarebbero “militanti del

fronte popolare per la liberazione

della Palestina”, organizzazione

inserita tra quelle

terroristiche dall’unione europea

e dagli Stati Uniti. Purtroppo,

per l’ennesima volta

dobbiamo stigmatizzare il

comportamento del sindaco

Ammendolia il quale, probabilmente,

- ha proseguito il

consigliere di minoranza –

considera il paese come una

delle sue residenze private,

nelle quali invita e ospita chi

meglio crede. Anche stavolta

né i cittadini di Caulonia né i

consiglieri comunali che li

rappresentano sono stati

messi al corrente dell’iniziativa.

L’unico a essere informato

sembra essere Maiolo, il

quale, tra l’altro, ha già lavorato

alle dipendenze del consorzio

Connecting People nel

precedente progetto di accoglienza

di numerosi richiedenti

asilo pur essendo stato,

prima, uno dei più ferventi

oppositori dell’attuale primo

cittadino cauloniese. Se la notizia

fosse confermata, se veramente

il comune di Caulonia fosse di nuovo investito

dell’arrivo di nuovi extracomunitari,

vorrebbe dire che il

sindaco per l’ennesima volta

ha offeso il consiglio comunale

e tratto i suoi concittadini

non come pari ma come sudditi

». A detta di Panetta sarebbe

«un comportamento di

protervia inqualificabile che,

comunque, non ci farà abbassare

la guardia e ci stimolerà

anzi a un controllo ancora più

pressante, a partire dalle modalità

con cui questo fantomatico

progetto andrà a essere

gestito. Vedremo quindi, –

ha riferito ancora Panetta – al

di là dei proclami sulla bontà

che muoverebbe il sindaco e i

suoi stretti collaboratori, come

verranno gestiti i soldi che

serviranno ad attuare il progetto,

chiedendo già da ora –

ha concluso - che vengano

adottati criteri di massima

trasparenza onde evitare episodi

di clientelismo».

GIUSEPPE CAVALLO

locride@calabriaora.it

 

 
 
 

VINCENZO NIUTTA,MINISTRO DEL GOVERNO CAVOUR

Post n°36 pubblicato il 10 Novembre 2009 da valentinodichiera



Egli nacque il 20 maggio 1802, quando questa cittadina portava ancora il nome di Castelvetere che lasciò nel 1863 per prendere quello attuale.
Quello del Niutta fu uno dei pochissimi casati della borghesia cauloniese che si distinse per signorilità e senso umano, qualità sconosciute al resto della stessa classe locale vissuta all'insegna della superbia, dell'arro­ganza e dello sfruttamento della povera gente. Ed il piccolo Niutta ereditò in pieno i pregi della sua famiglia migliorandoli.


Frequentò con profitto le scuole elementari di Castelvetere e poi quelle medie di Catanzaro. Concluse queste, passò all'università di Napoli dove, sentendo il fascino della professione del nonno materno, Ilariantonio Deblasio, un giureconsulto che raggiunse la presidenza della corte napo­letana (fu anche deputato in quella larva di Costituzione concessa da Francesco I di Borbone nel 1821), volendo seguire le orme di cotanto nonno, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, laureandosi ad appena ventidue anni.
lI brillante corso degli studi universitari lo segnalò come uno tra i più promettenti di legge del suo tempo, cosa che gli fece ottenere subito la nomina ad uditore giudiziario. Fu l'inizio di una rapida ascesa che lo portò a giudice di tribunale civile, quindi a giudice criminale e via via a presidente di tribunale civile, procuratore regio, giudice di corte civile, consi­gliere della corte suprema, presidente della gran corte fino all'apice dell'ordinamento giudiziario: la presidenza della Corte Suprema del Regno.
La sua folgorante carriera fu consentita e favorita da qualità professionali e cultura non comuni. Le sue sentenze facevano da testi di giurisprudenza ed era notissimo all'estero, soprattutto in Francia da dove veniva spesso consultato allorché quella magistratura aveva da risolvere casi difficili e complicati.
Vincenzo Niutta, dunque, ripercosse per intero la strada del nonno, andando oltre. Ciò che lo distinse da cotanto antenato fu il liberalismo deciso e convinto contro l'integralismo borbonico dell'avo, e non era poco. E di questo suo convincimento diede prova quando, nel 1848, la lotta contro l'assolutismo si fece sentire in tutta la Penisola, non avendo alcuna esitazione ad esprimere la sua condanna alla tirannia, cosa che gli costò la destituzione dalla magistratura, me che non divenne mai operativa perché i giudici che furono chiamati a darne corso, si rifiutarono di farlo, minacciando dimissioni in massa, per cui il provvedimento dovette essere revocato.
Basta questo per avere il quadro del suo carattere, del suo valore, del suo prestigio, della stima di cui godeva.



lI Landolfi, che fu il suo biografo, ebbe a scrivere che «mai ingegno fu più rapido del suo, sapere più vasto, cuore più nobile», e i fatti, il costume di vita, l'esercizio onesto e corretto delle sue funzioni di giudice, lo provano. Infatti, a fare di Niutta il Presidente della Suprema Corte del Regno di Napoli, fu un episodio eclatante e che evidenziò, se ce ne fosse stato bisogno, la serietà e la dirittura morale dell'alto magistrato.


Una lite tra un esponente dell'aristocrazia borbonica, il principe d'Ischitella, cugino del re, e un povero uomo, trascinato da un tribunale all'altro e sempre condannato, finita tra le mani di Niutta, ebbe un giudizio sgradito il principe. Convinto delle buone ragioni del povero diavolo, il magistrato cauloniese diede il torto al cugino del re.
lI principe d'Ischitella che era prepotente, svillaneggiò il magistrato che si era permesso di emettere una sentenza a lui contraria. All'insulto del titolato borbonico, Niutta presentò le dimissioni al Re dicendo: «Sono vecchio e ministro del diritto e non posso riparare l'of­fesa con la forza: mi dimetto». Ferdinando Il, pur non nutrendo simpatia per l'alto magistrato, per via delle sue idee liberali, non potendo non avere ri­spetto e ammirazione per la sua inte­grità morale, respinse le dimissioni nominandolo alla più alta carica della magistratura dello Stato, chiudendo per alcuni giorni il cugino nella fortezza di S. Elmo.
Che Vincenzo Niutta fosse stato un massone, come qualcuno sostiene, è molto improbabile, per non dire impossibile, e non per i principi che stanno a base della Libera Muratoria.
Anzi, si può dire che questi si trovavano in parallelo con la sua indole e con la sua formazione etica, per cui, la sua eventuale appartenenza a questa istituzione, non avrebbe minimamente sminuito la sua prestigiosa personalità.
Per non avere molte riserve su questa sua appartenenza alla Massoneria, bisognerebbe avere prove documentali che nessuno ha portato fuori, riserve che nascono anche o soprattutto dal fatto che i Borboni furono nemici della Massoneria.
Carlo VII di Borbone, futuro Car­lo III di Spagna, nel 1751, la mise al bando. Vi fu poi una certa tolleranza con Ferdinando IV, auspice la moglie Maria Carolina, ma con lo scoppio della rivoluzione francese che portò sul patibolo Luigi XVI e la moglie, Maria Antonietta, sorella di Maria Carolina, questa non solo tramutò la sua simpatia in odio, si prodigò anche a spingere il marito ad avversarla. Quando poi, Ferdinando IV, cacciato dai napoleonidi, ritornò sul trono di Napoli (1815), questa volta come Ferdinando I, non più IV, non poteva che osteggiarla maggiormente così come fece, considerato che a ramifi­carla e potenziarla, era stato Murat che aveva assunto la massima carica sia dell'Ordine che del Rito massonico.
Il periodo di Vincenzo Niutta, quindi, coincise con un periodo in cui la presenza massonica nel Regno delle due Sicilie era pressoché inesi­stente, o quantomeno poco allettante e che proprio un alto magistrato andasse a affiliarsi pare poco possibile.L'annessione del Regno delle due Sicilie al resto d'Italia, conseguente alla spedizione dei Mille, fu consacrata da un plebiscito e fu proprio Vincenzo Niutta, confermato nella carica, a proclamarlo e a presentarlo a Vittorio Emanuele Il, che lo nominò senatore del Regno d'Italia, unitamente ad Alessandro Manzoni, Massimo d'Azeglio e Gino Capponi.

22 marzo 1861La prima amministrazione del Regno d'Italiaa Torino, Vincenzo Niutta è il primo in piedi a sinistra

Nel primo governo dell'unità d'Italia, Cavour voleva Niutta ministro di grazia e giustizia, ma questi preferì la carica di ministro senza portafoglio, l'unica del genere in quel governo, che lasciò alla morte di Cavour, per assumere la presidenza della Corte di Cassazione di Napoli, città in cui mori il l° settembre 1867.
Le leggi fondamentali dello stato italiano e in particolare del codice civile e di procedura civile, ebbero il contributo della sua dottrina.
Lasciò una ventina di manoscritti, in prevalenza di natura giuridica, rimasti tutti inediti. Peccato.


«Non parlava bene - dice il suo biografo -,per cui al senato, un uomo di tanto valore non si è veduto quasi mai aprir bocca. Di modestia eccessiva, smilzo, pallido, poco avvenente, di fisionomia poco espressiva; e vedendolo nessuno avrebbe detto: questo è il grande Niutta.».
Vincenzo Niutta, dunque, fu un grande. Un grande della cultura giuridica, un grande della rettitudine, un grande della coerenza. Un esempio da imitare; una figura che fa onore alla giustizia, alla cultura, a Caulonia, alla Calabria tutta, all'Italia.
 
 
 

Un monumento ai nostri contadini..

Post n°35 pubblicato il 01 Novembre 2009 da valentinodichiera
Foto di valentinodichiera

Un nostro contadino con il pastrano “sciancato”, le scarpe

rotte, gli abiti dismessi.

Il volto pieno di rughe e bruciato dal sole. Un contadino con

un vecchio cappello per metà elmetto, in ricordo dei milioni

di proletari morti nelle trincee della prima guerra mondiale

e sui fronti di battaglia della seconda.

Così, povero ma dignitoso, un po' Sanchio Pancia ed un po'

don Chisciotte, lo ha immaginato il nostro scultore Walter

Carnì.

Creatività ed intelligenza si notano nell'opera di questo giovane

artista di Caulonia che ha saputo cogliere un'idea e

creare un'opera d'arte.

Walter ha immaginato la vita quotidianamente eroica dei

nostri contadini, le loro sofferenze, le loro umiliazioni, le loro

rivolte, la loro rassegnazione, la saggezza, l'utopia, ha fuso

tutti questi elementi nella sua testa mentre le sue mani creavano

un monumento ai vinti del secolo scorso.

Un ricordo autentico d'una grande civiltà che il consumismo

ha triturato nelle sue ingorde ganascie.

L'amministrazione comunale di Caulonia ha voluto con

forza questa statua, l'ha concepita, l'ha commissionata ad un

suo giovane artista e ne è soddisfatta.

I regimi totalitari innalzavano statue ai dittatori e le stesse

democrazie occidentali hanno privilegiato statue per i vincitori.

Generali, eroi di guerra, statisti, uomini del potere.

Gli umili vivono accanto a noi e spariscono come pulviscolo

atmosferico che si diffonde nell'aria.

Per noi questa statua è una ulteriore icona che serve per

ricordare, una chiave che apre la mente e la fa riflettere su

ciò che siamo stati e ciò che siamo.

C'è chi ci vorrebbe senza radici, figli

d'una civiltà liquida, senza storia, senza

ricordi.

Noi abbiamo una storia dignitosa

da rivendicare. Noi ci sentiamo

eredi delle istanze ugualitarie del

Cristianesimo, eredi, in linea

stoica, dei grandi movimenti

contadini. Eredi della parte

migliore della civiltà contadina.

Dedichiamo questo lavoro ai

contadini, autentici eroi dei

campi, fanti sacrificati sui

campi di battaglia, emigrati,

briganti, cavalieri dell'utopia.

La statua sarà posizionata il

4 novembre, data che ricorda

la vittoria della grande

guerra ma anche l'eccidio di

migliaia di ragazzi del popolo,

innocenti.

Sotto una targa bronzea con queste

parole:

A Te contadino

Eroe dei campi

Fante sacrificato nelle

trincee

Emigrante

Brigante

Cavaliere dell'utopia.

ILARIO AMMENDOLIA

LA RIVIERA 01/11/2009

 
 
 
 
 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: valentinodichiera
Data di creazione: 04/05/2008
 

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