L'esperienza artistica è così incredibilmente prossima a quella sessuale,
alle sue pene e ai suoi piaceri, che i due fenomeni non sono in realtà
che forme diverse di una identica brama e beatitudine.
(Rainer Maria Rilke)
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Francesca Woodman: fragili geometrie interiori. Il genio e la solitudine di un'anima fragile...
. . “Ho dei parametri e la mia vita a questo punto è paragonabile ai sedimenti di una vecchia tazza da caffé e vorrei piuttosto morire giovane, preservando ciò che è stato fatto, anzichè cancellare confusamente tutte queste cose delicate”. Francesca Woodman . . . . Uno spirito inquieto, curioso, indagatore. Una poetessa della fotografia. Una Sylvia Plath delle immagini. Una breve, brevissima vita. Un gabbiano che con le sue ali maestose ha toccato punte altissime, d’ispirazione e d’intensità. Poi la caduta tragica verso una fine voluta, forse necessaria. . . . . . . .
. . Un immaginario abitato da animali impagliati, anguille, serpenti, conchiglie e uccellini. Costellato da dissolvenze, riflessi, contrasti ed illusioni. Un corpo nudo e giovane come veicolo per indagare l’interiorità. . . . . Una porta sulla quale dondolarsi. Una ciocca di capelli da sfiorare e tagliare come pagine di diario. Grandi fogli bianchi nei quali avvolgersi. Questo è il mondo che emerge dalle fotografie di una delle più discusse e influenti fotografe americane. . discusse
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Influenzata dal Surrealismo,da una certa vena gotica e dalla fotografia di moda le immagini realizzate da F. Woodman sono forti, intime, allegoriche, hanno la capacità di smarrire l’osservatore e di spaventarlo per la loro immediatezza, per la loro delicata violenza, per la loro poeticità. . . . . . . Nonostante l’età, F. Woodman mostra, con i suoi lavori, come l’apparecchio fotografico possa diventare un mezzo per esternare la propria interiorità, davanti al quale spogliarsi ed esibire le proprie paure, le proprie insicurezze, il dolore fisico e psichico. L’auto rappresentazione come analisi. . . . . . . . . Francesca è stata spesso il s-oggetto delle sue fotografie; il corpo è per lei un tramite con cui smascherare il proprio io, provarne l’esistenza e l’inconsistenza e al contempo anche la sua molteplicità, il suo essere possibilità (d’annullamento o d’esistenza). La metamorfosi e il dinamismo sono soggetti ricorrenti nelle sue fotografie. Così le braccia si trasformano in lunghi rami, la pelle in corteccia, un salto in una sinistra presenza. . . . . . . . . . . Quasi tutta la produzione dell’artista vive nel rapporto tra il proprio corpo, oggetto e soggetto degli scatti, e il proprio sguardo, nella dialettica cioè che s’instaura fra la Francesca Woodman artista e la Francesca Woodman modella di se stessa. Di sé non offre mai alcuna visione idealizzata, eroica, caricata di particolari significati; al contrario, la propria immagine è sempre inserita nell’universo delle cose, come fosse una di esse o, meglio ancora, parte di esse.
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F. Woodman celebra l’essere cosa-tra-le-cose e al contempo suprema musa di se stessa. Il corpo è ciò che prende uno spazio perché lo vuole. Niente di più lontano dalla discrezione, il corpo si butta e si invera, giace affamato entro zolle di terra o apparecchiato in mezzo a ordinarie stoviglie. . . . .
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Il corpo grida perché ferito, vergato, e ascolta trapassi di insolite conchiglie, aspetta che si aprano le porte ai sogni di bambina quando ci si pettinava insieme al mare. Il corpo si butta, si abbandona. La nudità non assume qui il rilievo dell’esposizione ma il termine ultimo dello spogliarsi di sé, un gesto eclatante e soffiato che mantiene la sua potenza teatrale e la sua crudele sincerità. . . . .
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Di questo slancio tuttavia le immagini della Woodman raccolgono solo l’esito estremo, quello del già compiuto, del non poter-più; di uno spazio malfermo eppure geometricamente ordinato che desidera. . . .
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"Io vorrei che le mie fotografie potessero ricondensare l’esperienza in piccole immagini complete, nelle quali tutto il mistero della paura o comunque ciò che rimane latente agli occhi dell’osservatore uscisse, come se derivasse dalla sua propria esperienza.” . Francesca Woodman
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