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Prove di democrazia alla vicentina
Una giornata tra il popolo dei no base. Tra delusione per il governo Prodi e la speranza di poter vincere
La mattina con i militanti del presidio permanente al Dal Molin, poi la sfilata del pomeriggio. Che si chiude con un'invocazione: «Veronica, scrivi anche a Prodi»Guglielmo Ragozzino
Inviato a Vicenza«Basi sì ma co la lengua», è lo striscione che saluta il piccolo corteo proveniente dal presidio. Il presidio è il tendone sorto a fianco del Dal Molin, e che ha svolto il compito di centrale operativa in vista della manifestazione che ha circondato in un abbraccio Vicenza. Nel corteo vi era un'edizione soft dello stesso pensiero, adatta ai minori di anni 14: «Basi sì ma solo co la boca». E' una lingua (ehm), il venete, che perde nella traduzione. Ed è il caso anche di quest'altra frase, eternata in centinaia di istantanee, visto che campeggiava davanti alla questura, unico luogo del potere sfiorato tanto dal piccolo che dal grande corteo. «Quei che ne comanda / i xe sempre na bruta banda». Libera citazione dalla band raggamuffin veneziana Pitura Freska.
I poteri, i politici, Vicenza tradita. E' uno dei temi forti della manifestazione. A fianco l'altro: la pace per tutti coloro che la cercano, il rispetto del prossimo. Sono questi i temi che il presidio ha trasmesso al suo corteo e che il corteo ha raccolto. Partendo dall'aeroporto, si doveva raggiungere il Campo di Marte per prendere la testa della «sfilata» nel pomeriggio. Ce n'è poi un terzo tema che cresce, nel camminare. E' la democrazia, la partecipazione, che avvolge tutto. Si ascolta democrazia, si scambia democrazia, nel corteo.
All'arrivo, al presidio, c'è più animazione e si notano più striscioni di quelli presenti alla vigilia. Il primo dice: «Bush = Sauron / Prodi = Saruman / Hullweck = Gollum». La triade più malvista dai vicentini e dal movimento è paragonata ai personaggi del Signore degli anelli. Romano Prodi, se lo informeranno, dovrebbe riflettere molto su questa collocazione e decidere se la trova di suo gradimento, oppure cercare di sfilarsi. Il secondo degli striscioni autorizzati inneggiando alla «Libera contea di Vicenza», è tra il leghista e il signorile; il terzo è rapido: «Galan terrorista». Galan, presidente della giunta regionale, è in realtà defilato nella vicenda del Dal Molin. Tirarlo in ballo vuol dire: voi date dei terroristi a persone per bene; vi piacerebbe se cominciassimo anche noi? Segue uno striscione didascalico «Filoamericani = antiamericani». Significa: siamo noi contro la base che vogliamo davvero bene all'America; non voi che volete solo guadagnare con la speculazione edilizia e per questo dite sì. Un altro è dedicato a Prodi e al suo governo: «Finanziaria: - scuola, - cultura, - ricerca, + guerra per tutti». Un altro, quasi sulla curva è un invito: «non parcheggiare». E' la pedagogia del presidio. Infine ci sono i due, ormai classici, «Prodi servo degli Usa» e «Presidio No Dal Molin», che da oggi rivaleggia con il No Tav di tanti cortei.
Si parte dopo aver svuotato il «Risto», il tendone nel quale si è preparato tutto, di ogni suppellettile può servire al corteo: tavoli soprattutto. In testa le donne, con lo stesso striscione che arriverà a Vicenza, poi riprenderà la marcia per concludere, felicemente, tra molte ore, la manifestazione. E' la pace che manifesta contro la guerra: quindi avanti con donne, pignatte, carrozzine. Anche le donne che hanno costruito il movimento si travestono da mamme. Più indietro uno striscione che rappresenta un carro armato dalla cui torretta emergono in quattro: Prodi, Fassino, Rutelli, D'Alema: campeggia una scritta: «Solo gli imbecilli non cambiano mai idea». L'inventiva del movimento è lampeggiante: sembra quella degli indiani metropolitani, sommersi nel lontano '77. C'è perfino Tano D'Amico, in vena di ricordi, venuto apposta per fotografare le «mamme di Vicenza».
Il corteo, o la sfilata come alcuni dicono, si sta ingrossando; ormai saranno quasi mille persone, gli apripista del movimento. C'è un certo numero di americani a Vicenza, come è noto. E allora dai! con i cartelli bilingue: «I politici italiani sono pazzi. Nancy Pelosi aiutaci tu». E ms Pelosi che deve «help us», è la Bertinotti della camera dei rappresentanti degli Usa. E' democratica e molto ispirata nel limitare le pretese di Bush. Ma i nostri politici vanno a braccetto con l'ambasciatore Spogli e con George Bush in persona. Questo almeno il messaggio dei cartelli vicentini.
Vicenza ha costruito il rifiuto della base al Dal Molin e ha chiamato gli altri a manifestare insieme, perché ha trovato intollerabile l'intrusione di un corpo estraneo al proprio interno e cancellata ogni forma di democrazia nella procedura di decisione. Non è stata consultata, non c'è un voto al consiglio comunale, non c'è referendum, non si capisce neppure chi abbia deciso e quando, in vista di quale realizzazione. Non è stato reso noto il progetto, né i tempi dell'inizio lavori né la durata della servitù. Vicenza si è sentita tradita come città. E l'abbraccio di oggi ha sorpreso i vicentini, presenti o lontani dal corteo. Hanno capito di non essere isolati dal mondo, di non dover lottare da soli o sottostare da soli, piegando un'altra volta la testa. Hanno trovato migliaia di persone venute apposta per farsi carico anch'esse, insieme, degli stessi problemi: la pace, la terra e l'acqua, la democrazia.
Vicenza non ha potuto mostrare per tutto il giorno le sue glorie alle persone amiche giunte da fuori. L'ordine era di bloccare, come a Genova, per il G8, il centro della città palladiana. A ricordare l'ordine ducesco di Silvio Berlusconi c'era però un gran paio di mutande svettante da un enorme cartello. Niente Palladio, dunque. Ma Palladio, uno tra i maggiori architetti di tutti i tempi, è corso fuori, ha partecipato alla lotta.
«Più altezza di vita e meno base Usa. Firmato Andrea Palladio». Cosa potrebbe dire di meglio un architetto? «Vicenza città del Palladio» (ma Palladio è cancellato e sostituito dal nome di un altro elemento, «l'uranio»). «Vicenza città dell'Unesco: Basilica e Rotonda del Palladio distano 2 o 3 chilometri dalle basi americane Ederle e Fontega di Arcugnano». Ce n'è per tutti: per Renato Hullweck, il sindaco, cui si fa presente che «con la cipria non puoi coprire nemmeno la vergogna»; ma ce n'è soprattutto per il presidente del consiglio. «Prodi, hai qualche gatta vicentina da pelare»; oppure il classico, sempre verde: «Hullweck, Prodi, Berlusconi, tutti servi dei padroni». Fino all'ultima, disperata invocazione: «Veronica, scrivi anche a Prodi».
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