La questione è presto detta: può un viaggio di lavoro iniziato proprio nel giorno della festa dei lavoratori filare via liscio senza intoppi?
Questo è ciò che penso salendo sul volo Pisa-roma del mattino del primo maggio, nascosto dietro ai miei occhiali neri, giusto per proteggermi dalla ferita procuratami il giorno prima proprio al centro della cornea del mio (unico) occhio destro, al momento inservibile.
Il volo che da Roma mi porta a Dubai è puntuale, e l’aereo, per quanto affollato, mi regala qualche ora di relax, anche se appena scendo dall’aereo, accuso immediatamente lo schiaffo dei 34 gradi di dubai, benchè sia già notte.
Perlomeno evito la luce abbacinante del sole di qui.
Adesso si tratta di aspettare “solo” 6 ore prima del prossimo volo, perciò mi nascondo nel refrigerato angolo fumatori del rinomato bar Costa del Dubai airport, giusto per procedere con la medicazione dell’occhio, che insiste a non volersi riprendere dallo shock (maledetta scheggia metallica, proprio li’ dovevi finire, e proprio un giorno prima di partire!).
E poi…poi è già mattina del giorno dopo, perciò salto sul primo taxi (che trovo a tentoni,per la troppa luce del giorno arabo) e vado all’enorme terminal 2 del Dubai Airport. Pare incredibile, ma ogni volta che passo da questo terminal lo trovo totalmente diverso, e sempre più immenso.
Adesso c’è da reperire un posto sul charter per l’isola di Qeshm, dove devo per forza andare per chiedere un visto di ingresso per l’Iran, e fortunatamente posso sfruttare la complicità della segretaria della qeshm Airlines (che ormai mi conosce bene – passo spesso di qui!) per salire sul primo volo utile, in uno dei posti di riserva originariamente destinato ad un tale indiano, ma così è la vita.
Poi in fondo, non è che io abbia vinto un premio,visto che l’aereo risale alla metà del secolo scorso, e niente viene fatto per nasconderne l’età. Stiamo in 50 in una scatola di sardine con le ali, immersi nel sudore per i 40 gradi e passa e negli odori più nauseabondi.
Eviterò di descrivere le tecniche di volo e di atterraggio del pilota, perché le ho rimosse appena siamo scesi – finalmente –dall’aereo, probabilmente a causa del terrore che mi hanno infuso.
Ma il viaggio è ancora lungo, ed oggi è venerdi e sono in Iran (ergo= oggi qui è festa) perciò posso dimenticarmi di ricevere il visto di ingresso in giornata, nonostante le lunghe attese che mi fanno arrivare alla sera.
Fortuna che qui ho amici che possono ospitarmi, così ho modo di lavarmi e soprattutto di togliermi di dosso i vestiti zuppi di sudore, prima di tornare a coccolare il mio disastrato occhio e provare a infilare finalmente qualche ora di sonno.
Così se ne vola via il mio secondo giorno di viaggio, quando ormai sento il profumo dell’arrivo, una volta superata la lingua di golfo che mi separa dalla costa iraniana, egli ultimi centocinquanta km da sorbirmi in taxi.
Sono lo ammetto un po’ agitato.
Il caldo è incredibile ma non quanto l’umidità, per non parlare poi del l’odore di alghe in putrefazione che satura l’aria (bella cosa le maree a a queste latitudini), così la notte finisce con l’essere una veglia interrotta da brevi pause di uno strano sonno che più che riposarmi, mi sfianca.
Il terzo giorno inizia con le solite file negli uffici dell’immigrazione e solo alle 13 riesco ad avere il mio visto (che naturalmente adesso devo tornare a far firmare in tutti gli uffici da cui sono – dolorosamente e faticosamente – passato al mattino.
Alle 15 riesco a raggiungere l’imbarco e a salire sulla barchetta in vetroresina,insieme ad un donnone infagottato e carico di bagagli che evidentemente mi chiede di offrirgli il passaggio (in realtà poi gli offrirò anche un passaggio sul taxi fino a lengeh, mentre lei continuerà a ripetere litanie in uno strano farsi, senza curarsi minimamente del fatto che non riesca a capire alcunché dei suoi discorsi)
I cinque minuti di traversata sono perfino divertenti, anche se percorsi trincerato dietro al buio dei miei occhiali, e una buona mancia mi evita lo sbarco dei bagagli (miei e della donna) e la ricerca del taxi, che in due ore ci condurrà alla meta, a Bandar Lengeh.
Arrivo alle sei di sera, contento, e la prima cosa che riesco a fare è quella di perdere il cellulare acquistato due giorni prima a Dubai e soprattutto contenente la mia sim italiana (mille volte maledizione!).
La seconda è rendermi conto che la mia sim iraniana non è attiva (nonostante gli oltre cento euro di bolletta pagati appena ho toccato il suolo iraniano)
La terza è realizzare che anche al sito dell’impianto, il proprietario ha avuto la grande idea di farsi tagliare la linea telefonica che devo necessariamente usare per connettermi in internet.
Sono isolato, da tutto, e so che vi resterò per giorni (conosco i tempi di qui, purtroppo).
E sono appena arrivato, è la sera del “mio” 3 maggio, e i problemi veri dovrebbero iniziare adesso, ma questa è un’altra storia, come suol dire Lucarelli.
Faccio un lavoro difficile, lo dico spesso, anche se chi mi conosce non ci crede.
Inviato da: shield64
il 20/03/2011 alle 19:07
Inviato da: rosa_risi
il 16/03/2011 alle 14:00