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Così avanza la desertificazione del Sud. Sos di Svimez

Post n°68 pubblicato il 07 Marzo 2015 da mcalise
 

Gli indicatori demografici relativi al Sud d’Italia sono preoccupanti. Ce li ricorda il Rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2014 che recita tra l’altro: "Il Sud sarà interessato nei prossimi anni da uno stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili, destinato a perdere 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni, arrivando così a pesare per il 27% sul totale nazionale a fronte dell'attuale 34,3%".

Inoltre l’articolo di Alessandro Rosina “L'implosione demografica del Sud” (Italianieuropei 1/2015) conferma in modo convincente ed argomentato che l’incidenza del numero delle persone anziane sul totale della popolazione italiana, e su quella meridionale in particolare, stia aumentando. L’autore ricorda come agli inizi degli anni novanta la fecondità risultava essere pari a 1,7 figli per donna nel Sud Italia mentre il Nord registrava fecondità inferiore a 1,2 figli. Negli anni successivi vi è stato un declino riproduttivo che ha interessato l’intero territorio nazionale. Tuttavia dal 1995, per la prima volta, gli indicatori della fecondità del Nord e del Sud iniziano a divergere. Nell’Italia settentrionale inizia un recupero, mentre nel Meridione l’andamento rimane negativo. Ciò fino al 2006 quando il nord sorpassa annullando il secolare vantaggio riproduttivo del Sud.

Una delle principali conseguenze della persistente bassa natalità e della mobilità delle nuove generazioni in uscita è quello che è stato definito, con un neologismo, il “degiovanimento”,

ossia la riduzione della quantità di giovani nella popolazione. Gli under 30 erano complessivamente oltre 10 milioni nel 1950, sono scesi attualmente a meno di 7 milioni e si prevede che diminuiranno ancora. Al contrario, la popolazione anziana è in forte aumento.

L’autore conclude “Nascono sempre meno figli, i migliori se ne vanno e quelli che restano si trovano sempre più svantaggiati. Va, inoltre, aggiunto il rischio di povertà infantile, sensibilmente maggiore nel Meridione rispetto al resto del paese.”

Insomma desertificazione più invecchiamento.

Credo, che la realtà sia peggiore di quanto dicano le statistiche; ad esempio molti giovani risultano ancora residenti al Sud pur vivendo altrove una condizione di lavoro precario o di studenti fuori sede.

Chi scrive, modesto commentatore, non ha la pretesa di indicare le soluzioni ma, certo, occorrono politiche attive per il lavoro, per i giovani, per la famiglia. Un cumulo di problemi che grava sull’Italia intera ma pesa maggiormente sul meridione per la sua atavica e nota arretratezza.

Le recenti iniziative governative non aiutano. Il job act, ottimisticamente, potrà sollecitare nuova occupazione dove già c’è. Il bonus di ottanta euro sicuramente è un sollievo per i beneficiari ma i maggior consumi avvantaggeranno produttori che, per la maggior parte, operano altrove.

Al Sud assistiamo, ed è il migliore dei casi, ad una politica locale legata ai campanili incapace di una visione che abbia un ampio respiro spazio-temporale. I tempi nuovi e i problemi vecchi richiederebbero una capacità di “sfida che è assente, occorrerebbe discontinuità.

Le ultime vicende relative alle primarie campane del PD sono un ulteriore conferma della pochezza della classe politica che ci siamo dati, ciò vale per tutti gli schieramenti.

Anche ciò che è fattibile, normativamente previsto ed incentivato, suscita egoistiche diffidenze. Penso al mancato interesse per la Fusione dei Comuni, che nel centro-nord trova ampi consensi. Registro un barlume di speranza: nel Salento sembra vi sia un interesse per l’opportunità offerta dalla Fusione. Stanno partendo con il piede giusto: dal basso; informando, coinvolgendo e sensibilizzando i cittadini.

E in Campania? Nel Cilento, dove vivo, sembra che l’atavica rassegnazione, il fatalismo, il familismo amorale denunciato già da Banfield trovi nuovo alimento e i giovani, mancando esempi positivi, o fuggono o vivono stancamente rassegnati al conformismo e al qualunquismo imperante.

Chi, testardamente, accantona il pessimismo dell’intelligenza a favore dell’ottimismo della volontà sappia che nel vuoto potrà udire solo l’eco della propria voce. Per ora.

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