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Mediterraneo. Per il Mezzogiorno c’è una ragione di più

Post n°90 pubblicato il 08 Dicembre 2015 da mcalise
 

Si apre, il 10 c.m., la Conferenza “Med – Mediterranean Dialogues” con l’obiettivo dichiarato di fissare una agenda positiva che ponga le premesse per mettere ordine nell’area. Quattro sono i temi principali: prosperità condivisa, sicurezza condivisa, migrazioni, media cultura & società.

È utile qui ricordare la complessità dei problemi da affrontare, le opportunità e, infine , il ruolo dell’Italia.

La Conferenza dovrà discutere problemi vecchi e nuovi. Prima di tutto il terrorismo che tenta di imporsi come stato e l’emigrazione che da emergenza si è trasformata in problema di lungo periodo.

A mio avviso occorre anche riflettere sul ruolo della Turchia, un partner importante ma problematico per vari motivi: penso a Cipro e ai rapporti con la Grecia, al mancato rispetto dei diritti civili, alla negazione del genocidio armeno, al problema curdo e infine, all’”incidente” avuto con la Russia di Putin.

Inoltre l’attualità non deve far dimenticare che è fondamentale risolvere la questione palestinese.

Tuttavia non devono passare in secondo piano le nuove e positive opportunità che si stanno presentando: il raddoppio del Canale di Suez rilancia la centralità del Mediterraneo che si rafforzerà ulteriormente con la nuova “via della seta”. Un progetto ambizioso con cui la Cina, con invidiabile lungimiranza, intende realizzare due corridoi, uno terrestre ed uno marittimo, che la colleghi all’area euro-mediterranea. Infine fa ben sperare la vivacità economica del continente africano che, secondo il Fondo Monetario Internazionale, avrà tassi di crescita del 5,1 nel 2016 e del 5,3 tra 2017 e 2020.

C’è una storia recente da cui trarre insegnamento: è l’esperienza deludente del “processo di Barcellona” (1995). Esso aveva l’obiettivo condivisibile e ambizioso, forse troppo, di armonizzare, la dimensione politica (sicurezza e stabilità), con quella economica (accordi e zone di libero scambio) e sociale (cultura, conoscenza, sviluppo dei diritti civili e politici) fra i paesi UE e i paesi terzi del Mediterraneo.

Per quest’ultimo. tornando ad oggi, sembra che vi sia un rinnovato interesse. Il Governo italiano intende riportarlo ai primi posti della sua agenda, vi è la volontà di avere un ruolo importante nella soluzione delle varie crisi, dando priorità a quella della dirimpettaia Libia che sarà oggetto di una conferenza internazionale specifica che si terrà a Roma il prossimo 13 dicembre.

I rapporti con i paesi della sponda sud del mediterraneo sono buoni; in essi sono impegnate varie aziende italiane con Eni ed Enel in prima fila. È evidente che tutto ciò deve avvenire in un quadro di sicurezza e collaborazione e, a tal fine, la cultura è fondamentale; quindi sono da incrementare tutti gli scambi e tutte le attività ad essa legate.

I settori potenzialmente interessati sono diversi: industria, commercio, cultura, ambiente, salute. Penso, per fare solo alcuni esempi: allo sviluppo della portualità, del trasporto intermodale; all’alimentazione e a tutto ciò che comporta (agricoltura, allevamento, pesca, industria alimentare, ricerca); alla ricchezza di siti archeologici dell’area che richiedono interventi specialistici e multidisciplinari e possono divenire, dove già non lo sono, forti attrattori turistici a beneficio delle popolazioni locali; al ruolo delle Università; potrei continuare.

A proposito del nostro ruolo, Fernand Braudel nel suo saggio “Mediterraneo”, agli inizi degli anni ottanta, scriveva: “Qui [nel Mediterraneo] l'Italia trova il senso del proprio destino: è l'asse mediano del mare, e si è sempre sdoppiata, molto più di quanto non si dica di solito, tra un'Italia volta a Ponente e un'altra che guarda a Levante. Non vi ha forse attinto per molto tempo le proprie ricchezze? Naturale è quindi per lei la possibilità, e naturale il sogno, di dominare il mare in tutta la sua estensione.”

L’Italia, per storia, cultura e posizione geografica, può e deve avere un ruolo importante. E sarebbe illusorio e sbagliato non giocarlo nella e con l’Unione Europea dove il nostro Paese deve assolvere a una funzione di stimolo e di (ri)equilibrio fra l’Europa continentale e quella mediterranea. Ciò non deve escludere quei rapporti bilaterali che rientrino nell’orizzonte strategico di Italia-Europa-Mediterraneo. In questo contesto il ruolo del meridione, nel “sistema Italia” e senza alcuna sterile contrapposizione nord-sud, potrà essere fondamentale. Oggi c’è una ragione di più perché il Mezzogiorno costituisca il punto di partenza per il rilancio dell’intero Paese. È una responsabilità nazionale ma, alla classe dirigente meridionale, tocca avere un ruolo attivo e propositivo, deve essere consapevole che occorre abbandonare vecchie logiche miopi. Solo guardando ad un orizzonte europeo e mediterraneo sarà possibile assicurare concretamente, all’intero Paese, un avvenire di benessere.

 

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