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Il Sindacato e la macchina del tempo
Cercando sul web qualcosa di interessante che mi aiutasse a chiudere un 2015 che per me è stato abbastanza complicato, mi sono imbattuto, nel portale del CEPR (Centre for Economic Policy Research) in un interessantissimo articolo intitolato “La sfida della produttività per l'Italia”, che vi invito a leggere al link http://www.voxeu.org/article/italys-productivity-challenge#_ftn8. Poco dopo mi è arrivata la rassegna stampa con le dichiarazioni di Barbagallo circa la conferenza stampa di Renzi, e sono tornato coi piedi per terra.
Tuttavia, al netto dell'exploit sui rapporti internazionali che Barbagallo raccomanda a Renzi, mi è sembrato possa essere interessante mettere a confronto gli interventi sull'economia indicati dagli studiosi del CEPR e quelli sponsorizzati da Barbagallo. E questo non per vis polemica o derisoria, ma perché Barbagallo riassume nelle sue parole quella che è stata nel 2015 la linea del Sindacato in materia di politica economica. Mi pare utile confrontare due prospettive così diverse, perché consente di mettere a fuoco il gap di analisi e di strategia di cui oggi soffrono le Organizzazioni Confederali.
L'articolo del CEPR parte dal constatare che il PIL pro capite italiano, che era del 5% superiore a quello medio della Eurozona nel 1996 ora è di 9 punti inferiore alla media e l'indice della Produttività Totale dei Fattori scende da 1.25 a 0.95: l'Italia è l'unica grande economia industriale nella quale questo indice sia costantemente in calo da oltre 15 anni.
L'articolo elenca i seguenti fattori di produttività in sofferenza:
L'articolo ipotizza che il gap con le migliori perfomances dell'UE potrebbe essere progressivamente ridotto se si faranno riforme serie, tra cui le più urgenti:
Fin qui il CEPR. E il Sindacato? La formula evocata da Barbagallo è: innanzitutto rinnovo dei contratti pubblici e rivalutazione di tutte le pensioni, per spingere la domanda interna. Poi flessibilità del pensionamento anche per favorire, tramite la staffetta generazionale, l'occupazione giovanile. La prima impressione che si ricava (e probabilmente, ahimè, non è errata) è che al Sindacato interessino ormai soprattutto i dipendenti pubblici e i pensionati. I giovani sono oggetto di litanie sul precariato, di rammarico per il perduto art.18, di zero interesse per il mondo delle partite IVA; e l'unica misura concreta che viene prospettata è la “staffetta generazionale”: un'invenzione inutile, incapace di produrre un posto di lavoro se non quello che, in circostanze favorevoli, può essere il turn over tra padre e figlio. Come del resto chiunque può constatare osservando gli esiti della sperimentazione condotta in Lombardia nel 2015, che ha prodotto poche decine di assunzioni. La verità è che la staffetta generazionale è semplicemente una copertura per la rivendicazione vera, che è rendere flessibile (ma senza penalizzazioni!) l'età di pensionamento, scardinando la riforma Fornero e rimettendo in discussione, pur con tutta la buona volontà, la sostenibilità della spesa pensionistica (vedere il report OCSE Pension at a Glance 2015) e soprattutto per evitare di affrontare il problema vero della previdenza: le rendite pensionistiche ridottissime rispetto alle attuali che avranno le giovani generazioni, determinate dal sistema di calcolo contributivo (del resto inevitabile se si vuole tenere in piedi il sistema) e dalla discontinuità delle carriere professionali; problema che l'OCSE raccomanda di affrontare tramite il sistema dei pension credits e le politiche di conciliazione vita-lavoro. Ma di ciò nel discorso sindacale non si trova traccia, se non come citazione retorica: quel che importa è ancora evidentemente abbassare, di riffa o di raffa, l'età pensionabile. Nostalgia canaglia!
Il discorso sui Contratti Pubblici è legittimo dal punto di vista della normale pressi sindacale, ma deve fare i conti con i vincoli che ha la spesa pubblica in una fase di emergenza, nella quale mi pare che appaiano altre priorità rispetto a un comparto che, se da anni non rinnova i contratti però godeva di condizioni di partenza migliori di quelle dei dipendenti privati ( -1% la perdita salariale nel periodo 2010-2014 ma + 40% nel decennio precedente: rapporto ARAN sulle retribuzioni dicembre 2015) e che in questi anni di crisi non ha visto il suo reddito tagliato da licenziamenti e Cassa Integrazione. Se poi si vuole buttarla in macroeconomia (mettiamo soldi in tasca alla gente per far ripartire la domanda) allora perché prendersela con gli 80€ in busta paga, coi 500€ agli insegnanti e ai diciottenni? Probabilmente perché non è stata rispettata la liturgia della concertazione. Ma non è un argomento economicamente rilevante, se la questione è i soldi in tasca per far ripartire la domanda!
Si potrebbe accennare, anche se non la cita Barbagallo, all'indeterminazione del Sindacato circa la questione fiscale: si chiede la riduzione della tassazione (solo per dipendenti e pensionati, s'intende…) ma guai ad aumentare le aliquote IVA. I soldi per fare tutto ciò, naturalmente, devono venire esclusivamente dalla lotta all'evasione fiscale, che però, per quanto attivamente condotta, può dare risultati spendibili in tempi non compatibili con una riforma fiscale di cui il Paese ha bisogno adesso.
Infine, il capitale umano. La sceneggiata sulla riforma del lavoro è tradizionale, e comunque ormai passata; ed eventuali ulteriori interventi potranno essere condotti, come dimostra l'esperienza, a prescindere dall'accordo o meno del sindacato. Diverso è il discorso per la scuola: il Sindacato Confederale ed Autonomo ha plasticamente dimostrato con la Buona Scuola di essere interessato soltanto ad assunzioni, trasferimenti, progressioni di anzianità e rigidità salariali, e fortemente contrario a qualunque elemento di giudizio meritocratico, di autonomia nella selezione degli insegnanti, di retribuzione di merito, di valutazione oggettiva delle scuole e del livello di preparazione degli allievi. Tutto ciò sotto il manto della libertà di insegnamento (leggi: l'insegnante non può essere valutato) e della difesa della Scuola Pubblica (leggi: dateci i soldi a prescindere dai risultati).
Ecco qui: la distanza tra le indicazioni del CEPR e quelle del Sindacato è siderale. O ce ne rendiamo conto, e capiamo che è ora di mettersi a studiare e a riflettere sull'esigenza di cambiare, o possiamo sperare che venga inventata la macchina del tempo che ci riporti agli anni '70, l'Eden del Sindacato
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Inviato da: cassetta2
il 13/11/2020 alle 12:01
Inviato da: cassetta2
il 06/03/2020 alle 11:48
Inviato da: Roberto Di Maulo
il 23/01/2019 alle 23:13
Inviato da: RavvedutiIn2
il 19/11/2017 alle 17:32
Inviato da: ammortisseur
il 06/06/2017 alle 12:27