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Il Paese è Maduro per l'economia populista?

Post n°103 pubblicato il 15 Febbraio 2019 da claudionegro50
 

 

Capire come ha fatto il Venezuela a ridursi così (e molto prima l'Argentina) può aiutare a capire perchè l'Italia giallo-verde rischia di fare la stessa fine.

Alla base di tutto c'è una percezione "predatoria" delle relazioni economiche, che non è cosa rara o degenerata, ma soltanto primitiva. La Storia, delle piccole comunità come dei grandi imperi, si è basata da sempre, e fino a non molto tempo fa, sull'accumulo di ricchezza tramite la conquista violenta delle risorse altrui: risorse naturali, preziosi, territorio, forza lavoro, imposte, ecc. sono state le basi materiali della prosperità dell'Impero Romano e degli Imperi Coloniali Spagnolo e Britannico, e così via.

La creazione di valore aggiunto è stata confinata per millenni al commercio, che creava certamente ricchezza marginale ma non poteva competere con l'ordine di grandezze garantito dalla conquista predatoria e svolgeva una funzione sostanzialmente ancillare.

E' con la rivoluzione industriale che la ricchezza comincia a venire prodotta, e non più predata, in larga scala. E la conquista militare diventa caso mai ancillare alla produzione di ricchezza.

Ormai la ricchezza di un Paese dipende dalla capacità di creare valore aggiunto, e quindi dalla ricerca, la diffusione di nuove tecnologia, la conoscenza, la produttività. Se volete, possiamo discutere le numerose varianti a questa direttrice storica, ma non è qui il momento.


Però la accettazione consapevole di questo stato di cose deve contendere con una tradizione infinitamente più antica e radicata nella cultura popolare, appunto quella "predatoria". Arcaica capace però di declinarsi in termini moderni: basti pensare alla vulgata semplificata della lotta di classe, basata sull'idea di espropriare il patrimonio alla borghesia (non già i mezzi di produzione), o ai miti delle nazionalizzazioni finalizzate a sequestrare i profitti al capitale per trasferirli al popolo.

Effettivamente si tratta di un approccio di molto più immediata comprensione, oltrechè radicato nella tradizione tramandata da generazioni, soprattutto in popolazioni scarsamente coinvolte dall'industrializzazione o emarginate sul piano educativo (l'Italia è nell'invidiabile condizione di presentare entrambe le caratteristiche...)


Un primitivismo culturale, come notava Galli della Loggia sul Corsera, che riconduce la politica economica del populismo all'idea predatoria: prendiamo la ricchezza dai ricchi, dalle imprese, dallo Stato, e diamola al popolo! Il pericolo vero del populismo non è in una dottrina economica, ma in una mentalità primitiva, che dà per acquisita l'esistenza della ricchezza e si propone soltanto di redistribuirla. In Venezuela è stato così: l'Ente Petrolifero ha distribuito benzina gratis al popolo e utilizzato i profitti per spesa assistenziale, investimenti zero, tanto il petrolio c'è..! Le imprese della filiera sono state nazionalizzate, e gli utili redistribuiti in sussidi. Le aziende private sono state costrette all'imponibile di mano d'opera e a pagare salari individuati dalla politica e non dai bilanci. Allo stesso modo sono stati calmierati i prezzi delle merci (era già andata male al povero Diocleziano nel IV secolo) per tutelare la domanda a spese dell'offerta. Il diritto al reddito, al consumo, ai servizi è stato elevato a valore primo, imprescindibile e indipendente, garantito dal potere politico che risponde direttamente ai bisogni del popolo.


Questo è il nocciolo culturale del populismo: la creazione di ricchezza è ritenuta attività sostanzialmente antisociale (diffidare dell'impresa..!) che può essere riscattata solo quando questa ricchezza è distribuita tra gli aventi bisogno (che naturalmente sono tali perchè il sistema centrato sull'impresa li depaupera). In questa visione del mondo qualunque ribellismo è bene accetto: l'assalto alle elites riproduce ciò che nei secoli scorsi era la jaquerie, con la conquista e il rogo del castello, e oggi è rappresentato dalle esibizioni dei Gilets Gialli. E ovviamente in questo contesto hanno l'assoluta precedenza i bisogni minimi, i più direttamente sentiti dalla gente comune (e la cui soddisfazione crea peraltro ottimi crediti elettorali con spese limitate). E' così che si decide di mettere i soldi sui treni pendolari anziché sull'Alta Velocità, sulle tangenziali di paese anziché sulle grandi infrastrutture, sui sussidi anziché sugli investimenti, sulle Casse Integrazione anziché su Industria 4.0, e così' via, ponendo le opzioni in alternativa: i grandi investimenti sono indiziati di arricchire gli speculatori, mentre i piccoli (minimi) investimenti e meglio ancora la spesa corrente sono nell'interesse della gente comune... La stessa Verifica costi - benefici per la Torino Lione, al di là delle amenità metodologiche e contabili, indica chiaramente che alla crescita generata dal capitale fisso si preferisce convertire le risorse in liquidità destinabile a consumi o a piccoli interventi che vengano incontro alle richieste locali.

Una visione pauperistica, in cui l'investimento è accusato di sottrarre risorse al consumo del popolo, e va di conseguenza compresso, perchè la priorità è assicurare hic et nunc capacità di spesa ai poveri. Sulla reale natura di questi poveri varrà la pena soffermarsi in altra occasione. Ma l'orientamento è chiaro: le risorse esistenti devono finanziare il consumo.

Non stupisce quindi che di tanto in tanto il governo accarezzi l'ipotesi di requisire l'oro e le riserve valutarie di Bankitalia: al pensiero populista convertire il patrimonio in spesa corrente pare in linea con l'idea di saccheggiare la ricchezza per darla al popolo. Qualcuno gli ha detto che non si può, ma la tentazione è ben radicata e l'ignoranza delle regole la rafforza.


Siccome le regole costringono queste aspirazioni in lacci soffocanti , il populismo pensa magari non di cambiare le regole (troppo complicato...) ma di cambiare gli arbitri: in Venezuela hanno nominato militari (ovviamente senza nessun'altra competenza che quella di obbedire alle disposizioni del governo) nei posti più delicati dell'Amministrazione e dell'Economia. Tentazione forte anche per i populisti nostrani: non disponendo di militari si possono piazzare amici alle Autorità Indipendenti, a partire da Bankitalia e Consob.


Se ci fosse ancora qualche dubbio sull'appeal che esercita la ricetta venezuelana sui nostri sovranisti basti ricordare il patetico, solitario rifiuto dei leader 5S a prender posizione contro Maduro. Il segnale è chiaro: ha ragione lui! Così possiamo vedere più chiaramente cosa ci aspetta se non verranno cacciati via. Del resto sembrava impossibile che Paesi ricchi e in crescita come Argentina e Venezuela potessero ridursi alla miseria. Vogliamo provarci anche noi?

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
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