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Dimmi cosa leggi e...

Post n°211 pubblicato il 09 Ottobre 2007 da clodclod
 

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perché un libro la prendesse, avrebbe dovuto essere  libro speciale. capace di superare ostinazione di lei contro qualsiasi lettura.

di ridare alla mente  dono di parola, quella che si intromette nel dialogorditrama di una storianarrata o entre le lignes di una poesia. capace  spezzare silenzi di afasia del cervellocuore.

ma era proprio  libro speciale  specialissimo quello che lei aspettava, ancorasalvezza, come riaperture di porte magiche nel mistero di storie scritte?

ma no, ma no…

non mai stato così, per lei. che aveva amato anchelibri non certo speciali, e poi speciali per chi? per  critica,  amici intellettuali, e che ?

speciali forse sì, ma solo per lei. e a volte scelti per premesse banalità: per  ‘speciale’ copertina con colori di fascino, o per argomento vagamente ‘speciale’ che scuoteva  ricordo di luoghi e di storia. o speciale per brevi cenni di quartadicoprtn, e senza saperniente di autore e tuttoresto. perlei era stato un po’ speciale anche  primo romanzone  liala ,letto per curiosità, da grande. oppure che era speciale lo scopriva durante o alla fine. come certi libri  letti per dovere. Oppure la risucchiavano segni  riconoscimento di certe caseditrici su libri sciorinati in ampispazivetrine, sì, sì, o  la mania di un autore et suo personaggio et sua scrittura particolare.

ultimamente  condicio sine qua non per cui libro potess candidarsi era… diciamolo.. .era  suo spessore. meno pagine, più garanzie. Meschinità, dirà qualcuno,  sopravvivenza, diceva lei. finché da  un centimetro uno di spessore era passata al niente virgola zero.

eppure a volte, davanti ad una vetrolibreria, le veniva di fermarsi a guardare; o  le capitava qualche curiosità davanti a indicazioni biblio e a recensioni. o chiedeva, cosa stai leggendo. ma libri comprati e /o prestati da secoli , et mai restituiti a bibliotek e ad amici, giacevano sottocomodino o su tavolinosalotto. e pensare che – in contrasto con questa fine ingloriosa di sua lettura – un tempo agli inizi giurassicamente parlando leggeva anche bimattoni russi da quattro centimetri e  loro lunghe storie meditabonde. o romanzi filosofic-depressivi e da suicidio. senza battere ciglio. O storie taglia XXXLL di antichi feuilletons trovati nell’usato, o di fantapolitìk fitte fitte su quintalate di cartapagine. persino aveva scovato giallo da cinque cmetri di un autore svedese che dicevano somigliava a simenon, ma con nomi di luoghi e personaggi illeggibli,  e – secondo lei -  non solo loro.   

causa prima , però, cioè vera  pregiudiziale da ostacolo a lettura,  più importante di spessore libresco, non era terrore o repulsione  numero pagine : eranemico invisible alle spalle, che strattonava o afferrava e tirava indietro quando occhi di lei anche solo obliquamente sbirciavano un titolo o che.

e nemico in orecchio soffiava sue parole veleno. come, come tu puoi leggere in fila una dietro l’altra  parole di una storia scritta non sai da chi o perché? che ti importa di quello che di vero  verosimile  surreale o fantastico altri hanno da dire? Che ti  importa storia di altri se ne hai già abbastanza di tua et suo peso pesante  ?

hai forse bisogno  aggiungere a tuo scomposto buio di mente il buio interiore di altri da cui altri, e non  tu, appunto, fanno uscire voglie paure bisogni sogni colori e sfumature?  tutto in caratteridistampa e con il loro bravoeditore? hai  tuo buio a cui pensare. e anche se non ci vuoi pensare – in tentativo salvarti dal peggio mentale – parte di tua mente e di  riflessivo didentro già èaffittata ormai a inquilino, che è sempre lì, e lo senti e anche se non lo senti , inconsciamente percepisci suoi passi  rumori  e malanni che combina.

a che ti serve curiosità verso storie , fole, o arzigogoli di genteromanzi  che ognuna ha suo pianeta, e suo pianeta non è il tuo.

non ti serve. e non ti importa, non tideve e non può importare niente. anche se pianeti, a volte, sembrano avere stesso inquilino come il tuo. se c’è inquilino come il tuo, credimi, e quello che scrive libro ne ha parlato, credimi, dentro sua mente non aveva tuo stesso buio scomposto. aveva di certo sicuro più nonchalance di te per raccontarsi, o anche senz’altro + scafato e con presunta verità da dare e strada verso saggezza. balle. strade sue = non sentierini su montagne, tante montagne, che dopo una ce n’è un’altra.

lei ascoltava anche nonvolendo. questa voce nell’orecchio entrava , scendeva giù da orecchio a gola e da qui a dentro anima o che. e frenava. frenava braccia mani e volontà. così esempio librino La valigia di mio padre, su mensola vicino mani e a questo computer, nn parlava con lei né con altri. anche salvo montalbano non le diceva niente.

ma era lui che non diceva niente, o era lei che non lo sentiva? come quando quel matto schifoso del suocordless non squillava se non con uno squillouno e poi segreteria non avvisava di messaggi o chiamate.

Anche in qst caso, senz’altro, era suo apparato uditivo – collegato con linee telecom-cuore – a non captare niente. nemmenoil suo commissario preferito. nemmeno ultima sua storia dentro la copertina nera e in un librino così bello e  piccino.

abisso abisso abisso. lei capiva  che non era così che doveva andare. l’inquilino non poteva sfrattarlo. no. quando arriva il buio scomposto, te lo tieni e aspetti, aspetti. aspetti  il nulla in fin dei conti. e intanto , vale pena che buio vince prima,  se cedi armi?

lei una mattina dopo colazione fece unica lettura di cui rimasta capace, oltre a quella dei tarocchi.  lesse post suoi amici bloggers, che – alcuni – parlavano di libro. e le venne idea si scrivere suoi pensieri così come raccontato io.

il buio era sempre scomposto, ma scrivere nero su bianco = già altra cosa, per quel momento.

ma… ma … ma… Ma scrivere non è facile quando hai mille cose da fare, e c’è qualcuno alla porta, e sei ancora in camicia, e vorresti andare avanti con queste parole

anche telefono ci si mette.

prontoo!

pronto? montalbano soonoo!

 
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