Creato da eliapirone1 il 18/07/2010

COCCI DI VETRO

di Elia Pirone

 

 

« Il custodeLa vita delle foglie »

Il fiume

Post n°2 pubblicato il 18 Luglio 2010 da eliapirone1
 

Il camminare per una grande strada, specialmente se affollata può suscitare le più varie emozioni nei mille volti delle mille anime dell’umanità. Dopo aver chiuso la porta della sua abitazione, il volto di Steve era stato percorso da un impercettibile quanto involontario sorriso. Una sorta di meccanica contrazione dovuta – forse – ai più inconsci anfratti dell’anima. Era uscito con l’idea di effettuare certe sue compere, ma non era sicuramente quello il motivo dell’incontrollato sorriso, che, nondimeno, in un attimo altrettanto poco chiaro, era già sparito lasciando spazio a un non so quale senso di disagio. O per meglio dire, una strana sospensione nel limbo dell’imbarazzo. Sì, c’era da percorrere un vicoletto piuttosto oscuro e neanche tanto ben frequentato (sebbene ora fosse deserto), ma Steve era ormai abituato ad attraversarlo. Calcava quell’asfalto trasandato da circa dieci anni, da quando, cioè, si era trasferito nella sua attuale abitazione. Bisognava percorrerlo per arrivare a una piazzetta un poco più grande, che fungeva da agorà di quartiere. Un luogo, anche quello, non eccessivamente spazioso e meno che mai gradevole e vitale. Il massimo a cui i rari passanti che capitavano da quelli parti potevano ambire era il cigolio dei vecchi e arrugginiti stendini assaltati da una brezza neanche tanto minacciosa. Ma, in ogni caso, qualunque fosse la spiegazione (se poi c’era), le labbra di Steve avevano cessato di sorridere, in modo altrettanto meccanico. S’incamminò con passo nervoso per l’ombroso vicoletto. Pur non essendoci nulla di significativamente importante, lo sguardo di Steve spaziò per tutto il campo visivo. Chiunque avrebbe potuto scommettere sulla sua conoscenza completa delle zone, tuttavia lo sguardo di Steve vagava sospettoso. Non c’era nulla di buono in quello che stava succedendo e Steve pareva percepirlo, sebbene non se ne accorgesse e non potesse esprimere a parole ciò che stava vivendo. Per tentare di superare il momento, decise di affrettare il passo, attribuendo alla sua andatura un non so che di elettrico, quasi fosse un automa dotato di anima. Giunse in breve alla fine di quello che inconsciamente gli era apparso come un eterno e pestilenziale tunnel, giusto in tempo per rendersi conto che si era appena immerso nella piazzetta di quartiere, oltre la quale si trovava la grande strada con annessi negozi, tra i quali quelli che avrebbero fatto al caso di Steve. Fuori da quel soffocante vicolo, Steve respirò finalmente una boccata d’aria fresca. Ma si rivelò quasi immediatamente un perfido bacio di Giuda: a un primo senso di distensione e rinascita, seguì repentina una pugnalata di incertezza, di esasperazione. E dire che Steve conosceva bene il rumore degli stendini gracchianti, percossi da una brezza arrendevole. Anche se, a dire il vero, agli occhi dell’uomo sempre più nervoso, queste erano per certo le ultime cose alle quali dare importanza. Era arrivato al centro della piazzetta e, all’improvviso, l’orchestra dei rumori vitali tacque, e Steve si ritrovò solo. Come per un prodigio di sconosciuta origine, l’uomo non aveva più percezione di sé. Un fuoco bianco avvolgeva ora i suoi pensieri e il suo corpo fremeva come in preda alle febbre. E chi lo avesse osservato da una distanza ravvicinata lo avrebbe detto un sofferente sul punto di cadere. Verso la fine della piazzetta nessuno avrebbe potuto affermare in buona fede che Steve sarebbe sopravvissuto il tempo di altri tre passi, fino a quando, percorso lo spiazzo aperto, sbucò nell’arteria principale della città. E fu tutto quello che l’uomo poté ricordare prima che qualcuno – o qualcosa – gli gettasse sul volto una secchiata d’acqua glaciale, soffocando il rogo della mente.

Ora era tutto diverso. Ora i suoi passi si facevano sempre più sicuri, più rapidi, meno turbati. Si trattava di un vero e proprio miracolo. Nell’asfalto assolato, insieme ad altre centinaia di persone che – a ben guardare – non erano poi tanto diverse da lui, Steve sentiva, per la prima volta dopo essere uscito di casa, che il mondo aveva ricominciato a girare. E lui con esso. Una dolce lava tra le più desiderabili si estendeva davanti a lui, dietro di lui, di fianco a lui. Un impetuoso e rassicurante fiume umano cominciava inesorabilmente a lambire Steve che, dal canto suo, sembrava gradire particolarmente le blandizie dell’umanità impegnata, laboriosa e vivace. Si era dimenticato persino delle compere in programma, ma non era importante. Per niente. Lo scorrere del fiume lo avrebbe guidato, lo avrebbe tratto d’impaccio. In fondo, adesso anche Steve era il fiume. E se può capitare che una goccia si perda nel tragitto, è quasi impossibile che un intero corso d’acqua non arrivi, presto o tardi, al mare.

 

 
 
 
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