Ipocrisia

Post n°130 pubblicato il 30 Marzo 2009 da comando101

Ipocrisia, parola dal sapore spregevole usata con astio verso qualcuno. Il significato è simulare,

ossia apparire o essere ciò che non si è. Mi domando, già, il mio solito brutto vizio di pormi

domande scomode, quanta ipocrisia vi sia nel bdsm.

Leggo di profili fantastici, veri e propri biglietti di visita, in cui ognuno più o meno velatamente,

dichiara ciò che è, le proprie inclinazioni, il dominare o il desiderio di appartenere.

Nei forum poi, giustamente, si portano avanti le proprie opinioni, si litiga dimenticando che in

fondo ognuno è libero di pensarla come vuole e magari, chi ha l’arte dello scrivere, tende a mettere

alla berlina, permettetemi, anzi parafrasando un: Mi sia consentito dire, con una cattiveria quasi

infantile.

Dicevano i latini e lo scrivo in italiano, perché, sapete, sono così ignorante, a chi giova questo.

Mah, forse a raccogliere “punti”? Prestigio?  La mente umana è così complessa, affascinante

nelle sue pieghe ritorte che è sempre difficile da percorrere come un sentiero diritto.

Si fa ovviamente un discorso ipotetico e speculativo, lungi dal voler mirare l’uno o l’altra, o come si legge nei film, ogni riferimento a fatti e persone, è puramente casuale, qui si parla di un fenomeno

sociale che esula dai singoli.

Ipocrisia è dunque apparire ciò che non si è, versione edulcorata di falsità, ipocrita è colui o colei

che dichiara qualcosa di sé non corrispondente al vero o di quelli che dicono pubblicamente

qualcosa salvo rivelarsi differenti in un contesto più riservato. Dunque, una facciata per i molti, più pulita, più attraente per poi rivelare, in riservata sede, le proprie intenzioni, i propri… interessi.

Già, siamo spesso fatti così, ci piace apparire sempre migliori di ciò che siamo, crearci una

immagine riveduta e corretta di noi stessi, esente da meschinità, e certe volte, incredibile, arriviamo

persino a crederci.

Qualcuno ci si diverte persino, è un gioco, nel quale reggere questa immagine, diventa bravura al

punto di stare a ridere di chi ci crede. Questa è la vita, l’essere umano e la domanda a questo punto si ripete: Ma nel bdsm, quanta ipocrisia vi è?

 

 

 
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Slave

Post n°129 pubblicato il 08 Marzo 2009 da comando101

 

Si fa un gran parlare di slave, come sono, come dovrebbero essere, come… non sono.

Spesso sono loro stesse, le schiave, a dire ciò che vogliono, ciò che dichiarano di essere ma nasce

sempre più in me la convinzione che spesso molte di loro non abbiano le idee chiare.

E’ come se nel momento in cui decidano di dare concretezza ai loro desideri, alle loro pulsioni si

scontrino poi con le altre parti di se.

Quanto vi è della schiava in ognuna di loro? Quanto vi è della donna che desidera l’uomo in un

modo possessivo ed esclusivo al di fuori della sua natura di slave?

Quante accettano questo ruolo semplicemente perché, al di fuori di ogni bel parlare e sbandierare

desiderano semplicemente godere mentalmente e fisicamente ad essere sottomesse?


Credo che l’errore più grande sia generalizzare le cose o cercare di usare il raggruppare entro certi schemi. Facile a dire sono schiava, facile a dire sei la Mia schiava ma dietro questa parola quante

motivazioni, emozioni, desideri diversi si agitano in ogni donna. Ritengo che loro stesse in un certo

contesto si trovino a partire con un… piede e poi rendersi conto di aggiustare il tiro, di ritrovare in

se stesse una persona di cui non avevano coscienza di essere.


Tocchiamo un argomento un po’… difficile. L’Appartenere allo stesso Padrone.

Alcune lo accettano, convengono che in ogni caso Lui le faccia sentire uniche, non parlano di

gelosia ma anzi vanno da un ignorare l’altra o le altre a una forma di amicizia. Qualcuna in questo

è davvero sincera, altre fanno buon viso a cattivo gioco pur di non perdere il proprio Master ma,

se potesse, senza mettersi in cattiva luce, screditerebbe l’altra pur di vederla silurata.

Qualcuna professa le cose in chiaro dall’inizio, vuole essere l’Unica ed in questo, certe volte,

rasenta un rapporto vanilla al punto tale che ci si domanda, e se fosse semplicemente una vanilla

che prova piacere ad essere trattata in un certo modo? Quale è la differenza poi sostanziale fra le

due? Si aprono nuovi interrogativi.


Ma una donna che invece desidera semplicemente essere presa, guidata e trattata in un certo modo

quanto è realmente schiava o quanto ella “usi” il Padrone che la accetta e si cura di lei?

Una schiava che non si trova con il suo Master lo abbandona, gli chiede, semplicemente per forma,

di essere considerata libera ma la sostanza rimane, è lei che va via a questo punto chi è schiavo realmente? Continuo a pensare che rimane tutto una questione di incastri nel bdsm come nel vanilla

e che sottili sfumature come infinite tonalità di grigio avvicinino l’uno all’altro.

Si parlava della schiava ideale, dovrebbe essere come questa foto, una esplosione di colore e fuoco.

 
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AUGURI

Post n°128 pubblicato il 01 Gennaio 2009 da comando101

Li faccio qui, dal mio blog.

Auguri a chi cerca l’Amore,

Auguri a chi cerca di aprire delle porte,

Auguri a chi tra mille dubbi le ha varcate,

Auguri a chi piange e chi sorride,

Auguri a chi si sente solo e chi ha qualcuno,

Auguri per tutto ciò che volete.

Ma ricordate sempre che siete voi gli artefici del vostro destino.

 
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Atavicità e Bdsm

Post n°127 pubblicato il 02 Dicembre 2008 da comando101

Nel bdsm uno dei cardini è il rapporto di un polo dominante, Padrone, Padrona, ed uno sottomesso, schiava,

 schiavo. Ruoli che vengono accettati e desiderati come proprio appagamento personale. Nello stesso si ravvisa,

 nei casi di SM, un piacere anche nel liberare e subire quella dose di violenza sita in ogni individuo. Volendo

 escludere i casi patologici in cui questa viene esercitata senza alcun controllo ma debitamente lasciata fluire

 come l'aprire un rubinetto si potrebbe ipotizzare che tutto ciò sia come una valvola di sfogo ad istinti ancestrali.

 Nel progredire della civilizzazione dell'individuo quelli che potevano essere istinti di sopravvivenza si sono

 trasformati ed incanalati verso nuove forme: Desiderio di potere, di ricchezza, di essere accettati socialmente, di

 notorietà. Questo va considerato valido in ogni strato sociale in cui avviene una lotta secondo canoni identificabili

 come il raggiungimento di un proprio benessere psico-fisico ad ogni livello.


Partendo da tali basi, in quello che si può definire una posizione di "ruoli", si può ipotizzare che il bdsm è nulla

 altro che il lasciar uscire, fluire, quegli istinti atavici che sono compressi in ogni individuo e trovano le loro varie vie

 di sfogo. Parimenti  può quindi essere considerato alla stessa stregua delle altre forme di estrinsecazione

 societaria ma se nelle prime vi è spesso il beneplacito tacito della società in questo ve ne è il dito accusatore.

 

Ogni individuo cerca sempre di dare una immagine riflessa di se edulcorata, spesso immersa in un buonismo che

  non corrisponde alla realtà dei fatti.

 In un rapporto bdsm  di primo acchito  appare una figura oppressiva, prevaricatrice contro l’altrui volontà che

 agisce in una forma di coercizione, in realtà, è un reciproco scambio di esigenze comportamentali che trovano un

 punto di incontro. Un appagamento di esigenze differenti che scoprono nel proprio corrispettivo una forma di

 incastro in cui vi è il piacere di esercitare una volontà dominante e quello di potersi lasciare sottomettere a questa.

 

 Nella sottomissione vi sono casi, invece, in cui tali forme fungono come valvola di sfogo a pressioni esterne,

 individui che nella vita  societaria sono costretti continuamente a prendere decisioni, sono pressati dai sensi di

 responsabilità, siano essi interni al loro ruolo famigliare che esterni nell’ambito del lavoro.

 In taluni scatta il bisogno di potersi “affidare”, “delegare”, almeno in un flusso temporale ristretto della loro vita,

 un qualcosa di se che gli dia un momentaneo senso di libertà almeno in un certo ambito.

 Alcuni lo ritrovano nel bdsm in cui relegano una parte di se creandosi una “stanza segreta” in cui dare sfogo

 alle proprie pulsioni. Avere la consapevolezza di tali meccanismi mentali, di cui questi sono semplicemente alcuni

 dei più diffusi, può essere propedeutico nel vivere tali situazioni con equilibrio, nella realtà pochi accettano questa

 presa di coscienza adducendo verso di se la cosa come facente parte delle proprie note caratteriali quasi, il tutto,

 sminuisse il senso di se stessi.  

 
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LA TENDA

Post n°126 pubblicato il 16 Novembre 2008 da comando101

 

Daniela era quella che si sarebbe potuta definire una bella ragazza, circa sul metro e settanta, cinquanta chili ben distribuiti con lunghe gambe sinuose ed una terza di misura dai capezzoli sporgenti, anzi, piuttosto prominenti. Età trenta anni, un buon lavoro che le dava una certa indipendenza economica e, single, meravigliosamente, tragicamente...single. Sembrava attirare inesorabilmente sempre tipi grezzi e la sua bellezza faceva rifuggire coloro che avrebbero potuto interessarla perché non si ritenevano all'altezza. Viveva sola in una casa arredata con gusto, alcune volte felice di questa sua indipendenza, altre un po' meno quando la assaliva il senso di solitudine.

Quel giorno rientrò di corsa dal lavoro, sarebbe dovuta uscire per commissioni e desiderava riposare prima, attraversò quasi di corsa l'abitazione lasciando al passaggio le chiavi e la borsa diretta in camera da letto per spogliarsi.


-Una bella doccia, ecco una bella doccia e poi sul letto a distendersi un po.


Pensava, mentre quasi frenetica sfilava ogni indumento facendolo volteggiare sino alla piccola poltroncina sita accanto la finestra.

Solo dopo essersi distesa, con la pelle ancora imperlata di qualche gocciolina d'acqua e completamente nuda, notò che la tenda era leggermente dischiusa. Il letto era posto con i piedi proprio in quella direzione e lei poteva osservare perfettamente il palazzo di fronte.

-Poco male.


Pensò.


-In fondo sono solo pochi centimetri, una fessura, chi vuoi che guardi con attenzione?


Così rimuginando tra se e se si girò supina, allargò le gambe e si addormentò abbracciando il cuscino.

Si svegliò di soprassalto con una strana sensazione, quel senso di sentirsi osservata, ................................

Caro visitatore, reputando personalmente come autore di racconti postati che possa esservi un contenuto erotico in questo, ed in ottemperanza alle direttive del sito di digiland che gentilmente ospita tutti ma desidera mantenere una certa etica, ti invito, se lo desideri, a continuare la lettura sul mio blog in splinder di cui troverai l'indirizzo sul profilo. 

 
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