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Post n°18 pubblicato il 07 Gennaio 2009 da candidacreatura
 

Non domandare tu mai

quando si chiuderà la tua vita,

Leuconoe

Non tentare gli oroscopi d’oriente:

ma sii saggia..

…perché mentre si parla,

il tempo è già in fuga…

così cogli la giornata…

 

Ode a Leuconoe - Orazio

 

L’ invito oraziano è chiaro. Vivere alla giornata cogliendo l’attimo fugace,  quell’istante di felicità che i saggi di ogni tempo indicano come la più grande aspirazione umana.

Mi sono chiesta spesso se fosse legittima non tanto l’aspirazione ad essa ma la realizzazione di questo sogno destinato a bruciare ed esaurirsi nel breve, se non nel brevissimo periodo, nel magico frammento di luce da cui almeno una volta nella vita ciascuno di noi si è lasciato inondare. La risposta al quesito continua ad essermi ignota. Mi chiedo se sia giusto e/o moralmente accettabile che, per la nostra felicità ed in ossequio al più sano egoismo, si sacrifichino la lealtà, la coerenza, la fedeltà nei riguardi di un amico, di un coniuge, di un familiare. L’esempio forse renderà tutto più chiaro. Una bella coppia di coniugi, piacenti, giovani, buon lavoro, figli. Un viaggio di uno dei due (da solo), un occasione irripetibile, ghiotta; la complicità di una serata, una compagnia intrigante ed  affascinante, che pone Lui (o Lei) dinanzi all’interrogativo: “Farlo o non farlo?”, “Tradire o non tradire?” per il nostro istante di felicità (dico felicità non divertimento o pura carnalità) che potrebbe da solo riconfortarci di tutto il tedio di una vita tranquilla, banalissima e scontata, quella che il sommo Poeta definirebbe “sanza infamia e sanza lode”?

Le soluzioni potrebbero essere due:

·        Mettere a tacere la coscienza obbligandola ad un provvidenziale ed opportuno black out (fortunato chi s’intende di faccende “elettriche” così da poterla “spegnere” ed “accendere” a seconda della necessità). In questo caso ricorrono le espressioni: “Che male c’è?” o il più cinico: “Tanto tradendo non ci si consuma”, oppure il triste : “La vita può essere molto breve”, o il funesto :”Potrei morire domani”, od il confortante:”Tanto Lui/Lei non lo saprà mai e quindi ciò che non si sa non esiste e (soprattutto) non mi può nuocere”.

·        Rinunciare. Ma tale soluzione comporterebbe rovelli  e crampi allo stomaco da rimpianti postumi. Della serie: meglio un rimorso che un rimpianto.

 Diversa è la situazione se  l’istante di ineffabile felicità si moltiplica ovvero se la classica scappatella si trasforma in una relazione stabile. Allora il Lui (o la  Lei) veleggiano sicuri (si fa per dire!), come spinti da un vento benigno, alla deriva, lontano, verso un isola dai contorni incerti ma che ha tutto il fascino delle terre inesplorate. Quest’isola (il nuovo uomo/la nuova donna) diverrà in breve il nostro angolo di Paradiso. Un nuovo Eden. Una sorta di valvola di sicurezza che consente al/alla fedifrago/a di:

1.      essere più brillante con gli amici;

2.      più allegro, paziente,  servizievole con la moglie/con il marito;

3.      più giocherellone con i figli;

4.      più amorevole con la suocera;

5.      caritatevole con i colleghi/colleghe;

6.      lungimirante con i dipendenti;

7.      generoso con gli accattoni;

8.      disponibile con i vicini;

……l’elenco potrebbe  continuare all’infinito.

Come negare a ciascuno di noi il godimento (!!!) puro a cui allude l’invito oraziano, come impedire a me, a te,  ad un Lui, ad una  Lei, al professionista in carriera, alla casalinga più o meno disperata, al giovane medico, all’artista squattrinato, al docente impegnato, all’economista in crisi – considerati -  i -  tempi, alla parrucchiera di grido, all’imprenditrice fresca di master, al politico provetto e navigato che ne ha – viste – più – lui – che – Cristoforo - Colombo, al disoccupato in lista (di collocamento) l’esercizio di un sano diritto alla felicità?

Se i rigurgiti di coscienza  sono equivalenti a zero e la somma di tutti i nostri rimorsi non raggiunge il numero uno perché rinunciare alla nostra legittima e giusta razione  di gioia? Con l’augurio che il lido ovvero la nostra casa, la nostra famiglia, dalla  quale ci siamo così baldanzosamente e spensieratamente  allontanati e alla  quale però saremo costretti a ritornare,  non si trasformi presto in un inferno…

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Commenti al Post:
PasseggeroDelVento
PasseggeroDelVento il 08/01/09 alle 00:11 via WEB
Non so se la passione di una notte resista fino al sorgere del sole, ma credo sia qualcosa di diverso dalla felicità. la felicità è quasi un ideale a cui tendere come una sorta di Shangri la. La ricerca della felicità è un sentiero che si sceglie di percorrere, un modo di vivere da costruire giorno per giorno. ^__^Lo
 
Notturna_Creatura
Notturna_Creatura il 08/01/09 alle 00:22 via WEB
e alla fine alias-candida-passaggero salvò la faccia nel modo più vile che esiste. Questo.
 
laltrafacciadellalun
laltrafacciadellalun il 17/01/09 alle 08:32 via WEB
...e così, a un certo punto, abbiamo liberato anche l'amore: finalmente più nessuna repressione, anzi, per alcune coppie l'infedeltà è una specie di garanzia di modernità. E con questa smania di dare ascolto ai brividini del cuore si disfano allegramente le coppie e gli amori nascono come funghi in una strana euforia di cui il fallimento sembra la normale conclusione. Ma non c'è mai venuto in mente che proprio nella fedeltà si potrebbe trovare una risposta… diversa; no, non la fedeltà alle istituzioni e neanche alle regole del buon senso antico ma… la fedeltà a noi stessi…. Giorgio Gaber
 
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