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A volte capita anche a me di non aver voglia di metter giù nulla. Eppure ora sto scrivendo anche se non so ancora dove il mio discorso andrà a parare. Ovvero dove mi condurranno le parole o, se volete, l’ispirazione del momento, di questo pomeriggio trascorso a rovistare nei recessi più tortuosi della memoria per trovare lo spunto..l’input, il momento magico che ti fa vergare pagine su pagine, digitalmente parlando, quasi sotto la spinta di un incontenibile e maniacale furor. E’ questo il bello del blog. Scrivere in tutta libertà, se si vuole magari limitarsi a raccontare, a volte descrivere. Altre ancora riferire i pensieri dell’hic et nunc per soddisfare un prorompente bisogno di comunicare. Sarebbe una bella noia avere una sorta di traccia da sviluppare. Avete presente i giornalisti della carta stampata? (O gli studenti? Poverini!).Loro sono obbligati a fare il classico pezzo su una notizia, un tema particolare, una recensione e quant’altro. Noi siamo liberi. Come l’aria. Se vogliamo possiamo criticare, “osservare”, sottolineare, comporre “note in margine a…”, dichiararci, lamentarci (è il caso dei blog a sfondo sentimentale, quelli - per intenderci - che grondano lacrime e sangue per un amore non corrisposto o finito. La sfiga aleggia come un cattivo fantasma nella rete). A proposito del “criticare” adesso mi vien su, come un provvidenziale, liberatorio rigurgito, un argomento che avrei voluto affrontare tempo fa e che mai invece ho poi sviscerato perché complesso, ricco di mille implicazioni. Lo scriverne mi porrà nella condizione ideale per contravvenire a una delle regole che io stessa ho precisato nel mio ultimo post: la brevità. Ma tant’è. Vuol dire che avrò pochi lettori ma tutti sicuramente volenterosi. E quelli che decideranno di lasciare un commento saranno sicuramente i migliori, quelli ai quali qualsiasi blogger desidererebbe poter stringere amichevolmente la mano. Ringraziatemi pure per gli aggettivi benevoli (in realtà voglio blandirvi per avere la vostra anima)..ma fatelo per iscritto.(I commenti servono anche per quello!) Ve ne sarò grata! Accidenti! Ho perso di vista l’argomento che ambisce a venir fuori dall’area destra (?) del mio cervello. Dunque… le “sconcezze” (si fa per dire! in realtà è molto peggio!) della TV. Mi sono chiesta spesso se sia giusto che la Tv, sia pubblica che privata, in nome di un presunto diritto di cronaca debba mandare in onda di tutto (e di più, come recita un azzeccato spot) : dalle crude immagini dell’esecuzione della condanna capitale di Saddam, alla lapidazione delle adultere in Iran, dalla strage in Ossezia, ai morti ammazzati, in via di decomposizione, lasciati per le remote contrade di una altrettanto remota campagna, durante una qualsiasi guerra civile africana. Credo si debba porre un limite a questo vero e proprio scempio, a questa incontrollata esposizione del male. I messaggi visivi esercitano sullo spettatore un impatto i cui effetti possono essere terribili. Ricordo ancora con angoscia la lunga notte di Vermicino di ormai ventotto anni fa. Seguire in diretta la lunga crudele agonia del piccolo Alfredino fu intollerabile, traumatico. E poi alle tragedie umane (soprattutto quando ad esserne vittima è un fanciullo che appena allora si affacciava alla vita) va concessa quella riservatezza che ritengo dovuta, per rispetto della sensibilità di chi quegli eventi li vive e anche di chi, più fortunatamente, vi assiste soltanto. Allora ero una preadolescente invaghita della TV, fanatica dell’informazione che i Tg propinavano in modo molto compassato.
Nel prosieguo della mia esistenza ho poi avuto modo di essere spettatrice di una lunga serie di eventi di cui molto avveduti e troppo zelanti giornalisti si sono premurati di mostrare, come in una orrida vetrina, le foto più efficaci per generare raccapriccio: corpi straziati, violentati, smembrati.
Impossibile dimenticare il corpo ormai senza vita di Aldo Moro rannicchiato nel portabagagli della Renault 4. Le parole di quell’evento, di quei tragici istanti, sono irrimediabilmente perdute, l’immagine di quella morte miserevole è ancora nei miei occhi come fosse ieri, quasi fotogramma bloccato di una vecchia cinepresa inceppata. Un rischio si cela dietro questa pratica di uso comune: la tv finirà con l’ educarci alla tolleranza del male. Faremo l’abitudine al sangue , alla morte , alla guerra, al dolore altrui perché il sangue versato non è il nostro, la guerra è lontana e non ci riguarda, il dolore è degli altri, e sono “gli altri” a morire di fame e non noi…Sfrenato individualismo, cinismo esasperato, o cos’altro?Di chi sarà allora la colpa se diventeremo un inutile involucro di pelle, muscoli e tendini senza la sana disposizione ad emozionarci ed a commuoverci? La risposta è semplice. Della TV. Forse.
Ciò che si è
rende felici molto di più di
ciò che si ha.
Arthur Schopenhauer
L'arte di essere felici
"Bisogna avere un amore, un grande amore nella vita, perchè costituisca un alibi alle ansie immotivate che ci opprimono".
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