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E’ un pomeriggio qualsiasi di noia. Le ore scorrono lente mentre inseguo link su link. La lezione di letteratura incombe. Così vado alla paziente ricerca di spunti innovativi per domani. Argomento: il romanzo storico. Walter Scott. Emile Zola e Germinal, Lev Tolstoj e Guerra e pace. E poi il romanzo dei romanzi: I Promessi Sposi. Mi solletica il pensiero di approfondire, cercare per i miei giovani “virgulti” materiali sempre interessanti, poco banali, che possano avvincere, stimolare, incentivare, perché la lectio sia il meno possibile un barboso sciorinar di contenuti. Mentre mi aggiro fra siti di varia umanità, frammisti come un orrido minestrone a materiali più o meno letterari, mi capita una “perla”, una citazione che mi accingo immediatamente a leggere.
“E’ strano quanto poco la gente sappia,
in generale, del cielo. E’ la parte della creazione
in cui la natura più si è
prodigata per la letizia dell’Essere,
ed è proprio quella a cui prestiamo minore attenzione.
In ogni momento di ogni giorno delle nostre vite
La natura presenta scenario su scenario, dipinto su dipinto,
splendore su splendore,
e operando secondo principi così raffinati e
incrollabili di perfetta bellezza,
che certissimamente tutto ciò vien fatto per noi.
Ma il cielo è di tutti.
A volte tenero, a volte capriccioso, a volte tremendo,
mai lo stesso per due momenti di seguito,
quasi umano nelle sue passioni,
quasi spirituale nella sua tenerezza,
quasi divino nella sua in finitudine”.
John Ruskin
Modern Painters
Il cielo. Rarissimamente ci soffermiamo a meditare su questo colorito sfondo dei giorni della nostra vita. Ci basterebbe sollevare più spesso i nostri occhi verso la magnitudine dello spazio celeste per accorgerci della bellezza stupefacente del tetto inconsistente che ci sovrasta e nei riguardi del quale è facile sentirsi piccoli, mediocri, l’infinitesima parte dello spazio infinito, di quella natura che non smette un istante di destare la nostra meraviglia mettendo in scena spettacoli degni di un re. Brani di vita risalgono dal serbatoio della memoria. Una spiaggia di ciottoli, incantata, sparuti villeggianti, il mare di porpora che giace, fermo nella sua piatta, oleosa, tenue, azzurrità, gli occhi perduti nella purezza cristallina dell’infinito. Una gioia sottile invade il mio animo, è un istante di pura felicità. Il cuore mi riporta ad altri spettacoli di altrettanta mirabolante bellezza. La fine di agosto, germi di rimpianti si annidano tra le pieghe dell’anima per le vacanze ormai al termine.In mattinata il mare stupisce i bagnanti mettendo in scena uno show da paura: onde alte che si abbattono sulla spiaggia grigia, fragore (inusuale per le mie orecchie) della risacca, benefico aerosol per i miei polmoni ingrigiti dalle malefiche esalazioni della città, al tramonto il pelago diventa minaccioso. Il sole, schermato da una gabbia di nuvole, cala nei marosi lasciando sfuggire dalle trame poco fitte dei nembi raggi che, come lame, bucano il cielo, esterrefatto per tanta bellezza, ricamando sui loro contorni fili di porpora e d’oro. Pare la quinta per il giudizio universale.
Quale conforto per lo spirito invece il cielo di primavera! Intristiti dal grigiore d’inverno i nostri occhi si librano finalmente nello spazio che gonfie nuvole di latte racchiudono ma non delimitano. Il cielo è di un azzurro che commuove, quello che mai pittore esperto riuscì a dipingere su tela . Il paesaggio muta ma l’essenza della celeste quotidiana presenza sulle nostre teste non cambia. Dalle medie alture, nei pressi di un valico che attraverso sfrecciando in auto, il sole, sul far della sera colora il cielo di carta da zucchero che presto sfuma nel rosso fuoco del tramonto che incede romanticamente. E’ il vespero classico, quello da cartolina, che gioca con i colori disponendoli a caso, accentuando i contrasti, il nero dei monti contro l’oro, l’azzurro intenso contro il rosso. Bianchi filacci di nuvole disegnano striature e infiniti arabeschi che legano cielo e terra in un amplesso arcano. La notte col suo nero mantello chiude il sipario. Applaudo per lo spettacolo e ringrazio soddisfatta.
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Ciò che si è
rende felici molto di più di
ciò che si ha.
Arthur Schopenhauer
L'arte di essere felici
"Bisogna avere un amore, un grande amore nella vita, perchè costituisca un alibi alle ansie immotivate che ci opprimono".
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