Creato da candidacreatura il 07/11/2008

Significar per verba

Rifletto dunque scrivo...

 

Il lavoro rende liberi: spunti per la riflessione

Ho riflettuto a lungo prima di accingermi a pubblicare le foto sullo sterminio degli ebrei. Ho temuto (e temo) che nel circo variopinto del web e di un portale destinato allo svago, qual è quello di Libero, le mie immagini possano  colpire per la loro crudezza o comunque creare disagio. L'esposizione del “Male”, (anche se solo per immagini) che costituisce l'infinitesima parte di quello perpetrato solo 64 anni fa nel cuore dell'Europa civilizzata, si giustifica in relazione alla necessità di offrire uno spunto di riflessione ed è un chiaro invito a non dimenticare. Ciò è ancor più necessario perché come scrisse Brecht, "la matrice che ha partorito questo mostro è ancora feconda" e assume ora l'aspetto dell'intolleranza, ora quello del razzismo e del nazionalismo, ora quello della negazione dei diritti fondamentali.



La linea della vita: il filo spinato


ARBEIT MACHT FREI
"La prima caratteristica di quasi tutti i lavori svolti nei lager era il sovraffaticamento sistematico degli individui, che venivano esposti senza possibilità di rigenerazione a uno sfruttamento che esauriva in breve tempo tutte le loro risorse fisiche. Sotto questo carico insostenibile anche l’uomo più robusto si trasformava in poche settimane in un relitto umano. E sottoposti com’erano a questa pressione spietata i detenuti venivano messi in perenne contraddizione con se stessi”.

“Lo sfinimento fisico derivava da svariati fattori: il catastrofico stato di denutrizione, le lunghe e logoranti marce per raggiungere il posto di lavoro, turni della durata di 10 – 12 ore e il continuo incitamento da parte dei sorveglianti.”

“Sotto gli effetti di uno stress fisico continuo, l’uomo perde la capacità fondamentale di distaccarsi dal proprio corpo e si arrende allo strapotere del bisogno fisico. Il punto di arrivo è l’individuo inerme e sfinito che si trascina come al rallentatore, che continua a muovere gli arti solo a costo di grandi sofferenze e che si consegna impotente all’ultimo atto di violenza del potere.”

“ I reclusi venivano usati anche come animali da tiro. A Dachau gli addetti alla costruzione di strade dovevano trascinare con dei tiranti un rullo compressore a vapore, mentre a Sachsenburg, e poi anche a Buchenwald, Sachsenhausen e Auschwitz, si usava attaccare a un carro stracarico dai quindici ai venti uomini, per lo più ebrei, ordinando loro di cantare e incitandoli al galoppo a suon di frustate… Così perfino la cooperazione sul lavoro veniva trasformata in strumento di vessazione e di umiliazione.”


Ma il destino di milioni di inermi
si era già compiuto



Il “Muselmann”

"La loro vita è breve, ma il numero è sterminato; sono loro, i Muselmanner, i sommersi, il nerbo del campo; loro la massa anonima, continuamente rinnovata e sempre identica, dei non – uomini che marciano e faticano in silenzio, spenta in loro la scintilla divina, già troppo vuoti per soffrire veramente. Si esita a chiamarli vivi: si esita a chiamar morte la loro morte, davanti a cui essi non temono perché sono troppo stanchi per comprenderla.”



Il lavoro non li rese "liberi"

Violenza gratuita e pratiche di crudeltà
“Uno dei metodi più antichi per bandire un individuo dall’orizzonte sociale è murarlo vivo. Nella compagnia di punizione di Sachsenhausen bastò, a tal fine, il deposito delle scope accanto al lavatoio, uno spazio minuscolo, di un metro quadro di superficie, senza finestre, quasi a completa tenuta stagna. In quel “bugigattolo”, come lo chiamavano i detenuti, il comandante della compagnia di disciplina faceva entrare sino a otto prigionieri che si avvinghiavano e si arrampicavano l’uno sull’altro, fino a che la porta veniva chiusa e il buco della serratura veniva otturato con della carta. Quel groviglio di uomini era talmente fitto, che chi moriva soffocato non cadeva neppure per terra. La procedura non richiedeva alcuno sforzo supplementare, e una volta chiusa ermeticamente la porta gli esecutori potevano andare a sbrigare altre faccende di servizio. Non si percepivano reazioni, non si sentivano grida, non c’era alcuna forma di resistenza né spargimento di sangue. Si moriva dietro una porta chiusa, come sarebbe avvenuto più tardi nelle camere a gas delle fabbriche dello sterminio.”



«Se comprendere è impossibile,
conoscere è necessario »
(Primo Levi)


A  chi volesse approfondire l'argomento consiglio  "L'ordine del terrore" di Wolfgang Sofsky da cui ho tratto i passi presenti nel post.

 
 
 

Ricorda che questo è stato...

                                            

  Nessuno dimentichi...          L'ingresso di Auschwitz             Gli  innocenti 

                                     

Il lavoro rende liberi             Giornata della memoria                Il principio

I luoghi del male

Bergen Belsen  Auschwitz Birkenau Monowitz Chelmno Belzec  Sobibor Treblinka Bergen  Belsen  Auschwitz Birkenau Monowitz Chelmno Belzec  Sobibor Treblinka Bergen Belsen  Auschwitz Birkenau Monowitz Chelmno Belzec  Sobibor Treblinka Bergen Belsen Bergen Belsen  Auschwitz Birkenau Monowitz Chelmno Belzec  Sobibor Treblinka  Auschwitz Birkenau Monowitz MauthausenChelmno Belzec  Sobibor Treblinka Bergen Belsen  Auschwitz Birkenau Monowitz Chelmno Belzec  Sobibor Treblinka  Auschwitz Birkenau Monowitz MauthausenMauthausen TreblinkaBelsenBergen Belsen  Auschwitz Birkenau Monowitz Chelmno Belzec  Sobibor Treblinka  Auschwitz Birkenau Monowitz Belzec  Sobibor Treblinka Bergen Belsen  Auschwitz Birkenau Monowitz Chelmno Belzec  Sobibor Treblinka

...............................................La fine          

  Se questo è un uomo

 Voi che vivete sicuri

 Nelle vostre tiepide case,

 Voi che trovate tornando a sera

Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo

Che lavora nel fango

Che non conosce pace

Che lotta per mezzo pane

Che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,

Senza capelli e senza nome

Senza più forza di ricordare

 Vuoti gli occhi e freddo il grembo

Come una rana d’inverno.

 Meditate che questo è stato:

Vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

Stando in casa andando per via,

Coricandovi alzandovi;

Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

La malattia vi impedisca,

I vostri nati torcano il viso da voi.”

  (Primo Levi, Se questo è un uomo, Einaudi, Torino, 1976, p.1)

 Perchè nessuno dimentichi l'umanità offesa, l'infanzia negata, le promesse tradite, i diritti violati....

Perchè non accada mai più...

 

 

 
 
 

Altro che reality!

Post n°30 pubblicato il 24 Gennaio 2009 da candidacreatura
 
Foto di candidacreatura

Negli ultimi tempi alcuni programmi di discutibile gusto hanno invaso le Tv come la gramigna infesta i campi accuratamente coltivati. Mi riferisco ai reality che, tanto per chiarire, con la realtà non hanno nulla a che vedere. Il principe degli shows che inneggiano ad un presunto realismo è il Grande “bordello”.Ops! Chiedo scusa… il Grande Fratello. Ho usato questo termine per sottolineare la scarsa dignità, se non in alcuni casi l’oscenità, degli spettacoli messi in scena nella “casa”, ovvero  i litigi, le isterie di alcuni, i tentativi di approcci notturni di altri (senza i quali l’audience calerebbe clamorosamente), le discussioni  ai limiti del demenziale e poi i questionari per saggiare la “grande cultura” di cui ogni abitante della casa è  sicuramente provvisto. Mi sono chiesta molte volte cosa attira quei milioni di persone che se ne stanno lì, davanti al teleschermo a sbavare/perder tempo davanti al G.F. Per sciogliere il mistero non so se mi convenga interrogare l’oracolo, consultare gli astrologi o scrutare nella sfera di cristallo. Probabilmente  non c’è bisogno di arrivare a tanto. Faccio allora delle ipotesi che saranno sicuramente sbagliate. Qualcuno sarà forse  affascinato dalle  “protuberanze” abbondanti di qualche inquilina.. Altri coltiveranno la speranza un po’ morbosa che possa succedere, all’interno delle stanze più spiate della Tv, qualcosa di eroticamente eccitante o di comunque conturbante. Chissà…Il fatto certo è che siamo dinanzi al più eclatante ed evidente caso di trionfo della vacuità e della finzione. Altro che reality!. Non tutti sanno che dietro ai reality si cela un lavoro certosino ed accurato di costruzione della trama. C’è insomma un copione che i membri del G.F. devono recitare per creare, com’è ovvio, la situation interessante (si fa per dire!) il momento intrigante, ma non solo! Ciò che più mi fa inquietare non è tanto il G.F. in sé (perché io , in quanto essere pensante, dotato di libero arbitrio e del telecomando, impiegherei  un secondo per cambiare canale, evitando così di far inebetire ed allibire i miei  neuroni in quel momento quieti ma attivi) ma il suo successo. Sappiamo chi è che decreta il trionfo di un programma televisivo: il pubblico che, come risulterebbe dai dati sbandierati a destra e a manca, mostrerebbe  di gradire questo quotidiano e strabiliante circo delle oscenità.


L’articolo tratto dalla rivista online www.persinsala.it  lo riporta  chiaramente:


 


“Il Grande Fratello 9 vince la prima battaglia di ascolti del lunedì sera. Il reality di Canale 5 ha fatto registrare un buon successo: oltre 5 milioni di telespettatori e il 26.50% di share. Battuti, ma con onore sia la fiction Il bene e il male (Rai Uno) con quasi 5 milioni di telespettatori e il 17.36% di share e su X Factor (Rai Due) oltre 3 milioni di telespettatori e il 14.37%”.


 


 Ci dobbiamo preoccupare quindi?. Direi di si. Se il cattivo gusto impera in Tv la colpa è anche nostra. Ciò che mi causa infine un attacco acuto di gastrite è che il suddetto G.F., quando torna  ad imperversare ogni anno nella Tv, ammorbandola col suo corteo olezzante di inanità, diventa il cuore pulsante non solo di Canale 5, che ha il pessimo onore di mandarlo in onda, ma anche di sua sorella Italia 1. E che si giunga a parlarne quotidianamente in qualche Tg, per incrementarne ulteriormente gli ascolti, mettendo in onda le immagini più piccanti o più strazianti (i pianti del “confessionale”) riservando alla notizia lo stesso spazio e la stessa dignità delle altre news di cronaca  e politica è sintomatico dei cattivi tempi televisivi che stiamo vivendo.


Ma vogliamo  parlare  anche della già “andata” (fortunatamente) Talpa, dell’Isola, della Pupa…? No..per carità.. lasciamo perdere. Un Dio pietoso ci liberi da queste calamità. Ne trarrà giovamento il nostro cervello e…il nostro stomaco.

 
 
 

Lezioni di piano - The sacrifice - Michael Nyman

Post n°29 pubblicato il 20 Gennaio 2009 da candidacreatura
 
Foto di candidacreatura

                               


Dolcezza struggente di una melodia che tocca l'anima, che rianima i ricordi. La musica dice più di mille parole...


 
 
 

Colpa della TV

Foto di candidacreatura

 


A volte capita anche a me di non aver voglia di metter giù nulla. Eppure ora sto scrivendo anche se non  so ancora dove il mio discorso andrà a parare. Ovvero dove mi condurranno le parole o, se volete, l’ispirazione del momento, di questo pomeriggio trascorso a rovistare nei recessi più tortuosi della memoria per trovare lo spunto..l’input, il momento magico che ti fa vergare pagine su pagine, digitalmente parlando, quasi sotto la spinta di un incontenibile e maniacale furor. E’ questo il bello del blog. Scrivere in tutta libertà, se si vuole magari limitarsi a raccontare, a volte  descrivere. Altre ancora riferire i pensieri dell’hic et nunc per soddisfare un  prorompente bisogno di comunicare. Sarebbe una bella noia avere una sorta di traccia da sviluppare. Avete presente i giornalisti della carta stampata?  (O gli studenti? Poverini!).Loro sono obbligati a fare il classico pezzo su una notizia, un tema particolare,  una recensione e quant’altro. Noi siamo liberi. Come l’aria. Se vogliamo possiamo criticare, “osservare”, sottolineare,  comporre “note in margine a…”, dichiararci, lamentarci (è il caso dei blog a sfondo sentimentale, quelli -  per intenderci - che grondano lacrime e sangue per un amore non corrisposto o finito. La sfiga aleggia come un cattivo fantasma nella rete). A proposito del “criticare” adesso mi vien su, come un provvidenziale, liberatorio rigurgito, un argomento che avrei voluto affrontare tempo fa e che mai invece ho poi sviscerato perché complesso,  ricco di mille implicazioni. Lo scriverne mi porrà nella condizione ideale per contravvenire a una delle regole  che io stessa ho precisato nel mio ultimo post: la brevità. Ma tant’è. Vuol dire che avrò pochi lettori ma tutti sicuramente volenterosi. E quelli che decideranno di lasciare un commento saranno sicuramente i migliori, quelli ai quali  qualsiasi blogger desidererebbe poter stringere amichevolmente la mano. Ringraziatemi pure per gli aggettivi benevoli (in realtà voglio blandirvi per avere la vostra anima)..ma fatelo per iscritto.(I commenti servono anche per quello!) Ve ne sarò grata! Accidenti! Ho perso di vista l’argomento che ambisce a venir fuori dall’area destra (?) del mio cervello. Dunque… le “sconcezze” (si fa per dire! in realtà è molto peggio!) della TV. Mi sono chiesta spesso se sia giusto che la Tv, sia pubblica che privata, in nome di un presunto diritto di cronaca debba  mandare in onda di tutto (e di più, come recita un azzeccato spot) : dalle crude immagini dell’esecuzione della  condanna capitale di Saddam, alla lapidazione delle adultere in Iran, dalla strage in Ossezia, ai morti ammazzati, in via di decomposizione, lasciati per le remote contrade   di una altrettanto remota campagna,  durante una qualsiasi guerra civile africana. Credo si debba porre un limite a questo vero e proprio scempio, a questa incontrollata esposizione del male. I messaggi visivi esercitano sullo spettatore un impatto i cui effetti possono essere terribili. Ricordo ancora con angoscia la lunga notte di Vermicino di ormai ventotto anni fa. Seguire in diretta la lunga crudele agonia del piccolo Alfredino fu  intollerabile, traumatico. E poi alle tragedie umane (soprattutto quando ad esserne vittima è un fanciullo che appena allora si affacciava alla vita) va concessa quella riservatezza che ritengo dovuta, per rispetto della sensibilità di chi quegli eventi li vive e anche di chi, più fortunatamente, vi assiste soltanto. Allora ero una preadolescente invaghita della TV, fanatica dell’informazione che i Tg propinavano in modo  molto compassato.


Nel prosieguo  della mia esistenza ho poi  avuto modo di  essere spettatrice di una lunga serie di eventi di cui  molto avveduti e troppo zelanti giornalisti si sono premurati  di mostrare, come in una orrida vetrina, le foto più efficaci per generare  raccapriccio: corpi straziati, violentati, smembrati.  


Impossibile dimenticare il corpo ormai senza vita di Aldo Moro rannicchiato nel portabagagli della Renault 4. Le parole di quell’evento, di quei tragici istanti,  sono irrimediabilmente perdute, l’immagine di quella morte miserevole è ancora nei miei occhi come fosse ieri, quasi fotogramma bloccato di una vecchia cinepresa inceppata. Un rischio si cela dietro questa pratica di uso comune: la tv finirà con l’ educarci alla tolleranza del male. Faremo l’abitudine al sangue , alla morte , alla guerra, al dolore altrui perché il sangue versato non è il nostro, la guerra è lontana  e non ci riguarda, il dolore è degli altri, e sono “gli altri” a morire di fame  e non noi…Sfrenato individualismo, cinismo esasperato, o cos’altro?Di chi sarà  allora la colpa se diventeremo un inutile involucro di pelle, muscoli e tendini senza la sana disposizione ad emozionarci ed a commuoverci? La risposta è semplice. Della TV. Forse.

 
 
 

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"Molti si chiedono cosa c'è nella testa dei Poeti:

scintille d'oro che illuminano i pensieri dell'anima".

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Arthur Schopenhauer

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"Bisogna avere un amore, un grande amore nella vita, perchè costituisca un alibi alle ansie immotivate che ci opprimono".

 
 

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