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STRISCE BIANCONERE

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Bordeaux fatal

Post n°324 pubblicato il 26 Novembre 2009 da goblins76
 

Come 24 anni fa la Juve lascia Bordeaux con una sconfitta per 2-0 ma se quella fu una battaglia epica contro una grande avversaria e valse la finale di Coppa dei Campioni, la batosta di ieri mette solo tristezza per una squadra che non riesce a trovarsi. La finale di Champions, se dobbiamo credere alla squadra battuta dai gol di Fernando e di Chamakh, entrambi di testa e nell’area piccola, è più di una chimera: gli juventini sfollano con l’etichetta di una squadra piccina, maldestra, alla ricerca di un modulo e di un gioco, persino antipatica per alcuni interventi da calciatori frustrati, da Camoranesi a Caceres. Il pubblico di Bordeaux non ha apprezzato.

Da salvare c’è solo il fatto che il risultato non pregiudica la permanenza in Coppa: comunque basterà il pareggio contro il Bayern a Torino, impresa praticabile purché i bianconeri non giochino così. In un ipotetico museo degli orrori inseriamo il primo tempo bordolese della Juve che ci sta abituando a questo tipo di spettacoli anche quando ne cava un risultato positivo. L’immagine di Ferrara che sta seduto in panchina per 35’, quasi l’avessero anestetizzato, ma infine schizza a bordo campo allargando le braccia all’ennesimo lancio concettualmente inutile e tecnicamente sbagliato indica come l’esibizione dei bianconeri avesse toccato l’insopportabilità persino per il loro allenatore.

Non ce l’aspettavamo. C’erano le condizioni perché la Juve se la giocasse a briglia sciolta: qualificazione assicurata in caso di vittoria, «chances» intatte anche con una sconfitta, cos’altro si può volere? Invece ha prevalso il Bordeaux che è nel momento peggiore delle ultime due stagioni, battuto in 4 delle ultime sei partite di campionato. Chissà cosa sarebbe successo ad affrontarlo al «top». Buffon al 3’ salvava la porta da una palla avvelenata in area e al 38’ dava ragione a Laurent Blanc, l’allenatore francese che l’aveva indicato come il più pericoloso: il modo con cui ipnotizzava Chamack, ormai solo davanti a lui, attendendone il tiro per neutralizzarlo in tuffo era strepitoso.

Più che i pericoli corsi, indisponeva l’inedia del gioco. C’era Del Piero dal primo minuto: un azzardo viste le sue condizioni dopo tre mesi di assenza e la mezz’ora con l’Udinese. Il peggio era vederlo al posto di Giovinco, all’ala sinistra, in un posto che odia e che ha sempre rifiutato quando poteva battere i pugni sul tavolo. Adesso pure Alex si è fatto più accondiscendente ma il ruolo non gli piace e fatica a interpretarlo. Si sentiva fuori posto, non gli riusciva il numero in attacco e stentava a difendere su Chalmè che alimentava l’azione sulla destra dei francesi, dove Gouffran metteva già in crisi Grosso. Con Camoranesi in una di quelle serate da schiaffi, in cui rischia l’ammonizione a ogni intervento, con Diego mai pervenuto (altro che duetti con i piedi buoni di Del Piero), con Amauri mai servito e Sissoko impreciso in un lancio su due la Juve non esisteva: la testa del solito Chiellini, al 21’, su punizione di Diego era la sola arma che l’avvicinava al gol.

Ferrara finalmente cambiava l’assetto. All’inizio della ripresa metteva Del Piero vicino ad Amauri, Diego stava alle loro spalle e c’era un’ideina di attacco anche se le buone intenzioni venivano punite dalla rete di Fernando: il brasiliano spizzicava di testa un calcio di punizione, tra difensori sorpresi (e con loro Amauri) e Buffon incerto se uscire. Probabilmente il modulo a due punte tornerà ad essere il futuro della Juve con Alex in campo: peccato averci provato quando ormai il capitano aveva finito la benzina. L’ultima sua giocata era la migliore del match: al 20’, metteva la palla a un metro dalla porta vuota ma Diego non arrivava a toccarla e Amauri perdeva l’attimo. Poi entrava l’esordiente Immobile, condizione che la Juve conosce anche troppo bene e che Caceres rappresentava a meraviglia guardando Chamakh saltare indisturbato per il raddoppio in pieno recupero.

 
 
 
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PRIMO GOAL

Eri poco più di un ragazzo quando ti buttarono dentro al tuo primo campo di calcio di serie A.

In quel momento, quando il Trap ti disse:"Dai, scaldati che tocca a te", tu non sapevi che pensare, un groppo in gola, le gambe che tremavano, ma ti facesti coraggio.

Alzarsi dalla panchina e iniziare il riscaldamento, una corsa verso l'ignoto.

Pensasti a tuo padre, a tua madre, al fratello che ti aveva sempre sostenuto, ai tuoi amici più cari ai quali sarebbe venuto un'infarto nel vederti entrare in campo, ma  dopo c'era solo l'ignoto.

Non sapevi a cosa seresti andato in contro dentro quel campo da calcio, eppure il terreno di gioco l'avevi calpestato migliaia di volte, in quel momento ti sembrava fosse la prima volta che ti capitava di giocare...

Pensare a cosa fare, a come doverlo fare, pianificando tutto nei minimi dettagli, e  poi l'arbitro fischiò…toccava a te.

Baggio ti sorrise e  strizzò l'occhio, Moeller ti guardò impassibile, Ravanelli ti battè il 5..:"e adesso?.....cosa ne sarà di me", ti chiedesti?...Dribbling di Julio Cesar, palla a Marocchi che dà subito a Baggio,il quale lancia la palla in profondità, sui tuoi piedi..Goal..si Goal...non sapevi cosa fosse...gioia, emozione...cuore gonfio di sentimenti che passano veloci confusi nella mente e nell'animo che sembra poter volare

 

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