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STRISCE BIANCONERE

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« Lippi difende le sue scelteCannavaro crede in Ciro »

Ferrara trema

Post n°326 pubblicato il 30 Novembre 2009 da goblins76
 

Anche una partita di calcio offre almeno due prospettive da cui può essere vista: perciò Ferrara ha colto del match di Cagliari il lato in luce e scarica sull’arbitro, sul destino e su qualunque cosa non abbia attinenza con la Juve le colpe della seconda sconfitta per 2-0 in 4 giorni. Tutti gli altri invece ne hanno scorto la faccia in ombra e pensano che don Ciro abbia assistito a un’altra partita, probabilmente come gli sarebbe piaciuto che fosse.

E’ solo questione di intendersi. Gli occhi di uno contro il giudizio di migliaia. Di solito fa fede la maggioranza, tanto più quando la conforta il risultato. A una settimana dalla sfida con l’Inter e a nove giorni dalla prova della verità con il Bayern, la Juve non poteva stare peggio: ha subìto in Sardegna la terza battuta d’arresto del campionato. Il Palermo, il Napoli, adesso il Cagliari. A Ferrara, uomo del sud, le squadre meridionali costano il pesantissimo distacco dai nerazzurri e minano la tranquillità tuttavia la crisi di gioco non ha un fondamento geografico: le ragioni si scorgono nella mancanza di movimento e di ritmo, nell’opacità della manovra, nella confusione sui ruoli accresciuta da un tecnico alla ricerca dell’erede di Nedved, che butta sulla sinistra ora questo e ora quello. A Bordeaux mise Del Piero, ieri Marchisio, un giocatore completamente diverso.

Gli effetti sono stati simili e negativi. Marchisio, poveraccio, veniva dall’operazione di menisco eppure Ferrara lo ha impiegato nel ruolo in cui occorre più freschezza atletica perché bisogna difendere e attaccare in velocità. Anche Del Piero in Coppa era reduce da uno stop di tre mesi. A meno che don Ciro non sia della vecchissima scuola per cui lo zoppo lo si mette all’ala, la scelta lascia perplessi.

Non è soltanto questione di un uomo nel posto sbagliato. I giocatori fanno la loro parte. Sembrano sfiduciati e poco convinti. La carica di inizio stagione si è spenta. Non avevamo mai visto Cannavaro così statico da farsi saltare quando lo puntavano. Diego ha smarrito il senso del football che possedeva a quintalate nel Werder e nelle prime apparizioni juventine. Il centrocampo, con o senza Felipe Melo che era in tribuna, filtra poco e costruisce male.

Camoranesi è nervoso, Amauri pure. Le ragioni di Ferrara poggiano sul rigore non ottenuto al 25’ della ripresa per una spinta di Pisano su Amauri che hanno visto dalla Corsica. Sarebbe stata l’occasione per pareggiare. Ma il plateale tocco di mano di Caceres su Cossu era forse meno evidente? La realtà è che quando ci si imbatte in De Marco bisogna mettere in preventivo gli errori arbitrali, però non possono diventare l’alibi per giustificare una partita sballata per un’ora e rattoppata nell’ultima parte quando c’è stato l’arrembaggio e sono saltati gli schemi. Il Cagliari è stato più lucido nei tocchi, meglio organizzato, mai in soggezione se non nel finale perché in troppi stavano con il fiato corto. Colpisce che gli avversari della Juve in genere corrano di più e arrivino primi sul pallone. Bisognerà studiarci.

I sardi avevano una bella partenza. Buon palleggio, contrasti efficaci. Ripartivano bene (l’arbitro fermava Jeda lanciato a rete non concedendo il vantaggio) e il gol veniva da una prodezza del brasiliano Nenè, ex capocannoniere in Portogallo. Mai avuto fortuna, la Juve, con i giocatori del Cagliari con quel nome: negli Anni Sessanta ne spedì uno in Sardegna dopo averlo provato per un anno in cui non piacque a Sivori e diventò un fenomenale protagonista dello scudetto rossoblù, stroncando le speranze bianconere. Ieri il Nenè contemporaneo ha azzeccato una sassata nell’angolo sotto il quale stava Buffon: gran rete con qualche dubbio sul portiere. La Juve non arrivava mai a concludere: ogni schema si spegneva con un inutile traversone di Diego o, peggio, Molinaro. E, con l’obbligo di rimontare, nonostante l’ingresso di Del Piero e il cambio di modulo, la ripresa esaltava un paio di contropiede sardi più della pressione juventina. Mischioni in area, Marchetti parava il parabile. Solo dopo il raddoppio di Matri, fuggito con il permesso di Cannavaro nella prateria davanti a Buffon, la Juve aveva due grandi occasioni: Del Piero e Diego le sprecavano ma si era ormai agli sgoccioli. Sono queste le recriminazioni di Ferrara?

Erano dentro lo stesso cinema, il Sant’Elia di Cagliari, ma allenatore e giocatori della Juve devono aver visto film diversi, dalla recensione che ne hanno poi fatto. Sempre di pellicola horror si tratta, nel primo tempo una delle peggiori, ma fa la sua differenza.

Ferrara dice che «la sconfitta è immeritata» e poi cita un rigore non dato su Amauri («Non c’è neppure bisogno di rivederlo»). Per altri «questo è un momento di crisi» (Cannavaro), e se anche rigore fosse, ed era, «abbiamo giocato male, corriamo male e quello che proviamo in allenamento in partita non ci riesce» (Marchisio). La gente sembra pensarla come la squadra, senza risparmiarle per questo la contestazione: ieri una cinquantina di tifosi hanno accolta la truppa a Caselle con toni non proprio concilianti.

Parola a Ciro, allora: «Sono arrabbiato perché questa è una sconfitta che non meritavamo, come invece non avevo detto dopo quelle di Palermo o di Bordeaux. Qui - spiega il tecnico - abbiamo fatto di tutto per pareggiarla, e in alcune occasioni non siamo stati bravi davanti alla porta, in altre sono stati bravi i loro difensori e il loro portiere. In un’altra occasione, né i miei giocatori né quelli del Cagliari hanno responsabilità». Appena uscito dal prato, era stato anche più diretto, sullo spintone ad Amauri, in area: «L’episodio non è dubbio, ma fin troppo chiaro e questi a casa mia sono rigori. Sono 19 partite, in circa sette mesi, che non ci danno un rigore, magari ce ne daranno uno, pure un po’ dubbio, la prossima volta. Ma oggi andiamo a casa con una sconfitta immeritata».

Significa che una sterzatina alla partita l’arbitro l’ha data. In linea di massima, però, assolve la squadra da qualsiasi accusa, come invece non aveva fatto altre volte: «Ai ragazzi non mi sento di rimproverare più di tanto». Neppure nel resoconto più ottimista, però, possono sparire i difetti: «Abbiamo creato poco davanti e abbiamo avuto difficoltà, perché i giocatori deputati alla fase offensiva non riuscivano a trovare profondità. Non riuscivamo a chiudere con gli esterni».

Ricorda fotogrammi diversi, invece, Fabio Cannavaro che ha coraggio e cicatrici per presentarsi in conferenza stampa nonostante la giornataccia, sua e della squadra: «Non siamo riusciti a fare quanto la società e i tifosi si aspettavano - attacca - e questa sconfitta brucia». Polemiche azzerate sull’arbitro: «Ci sono stati degli episodi, ma li lascio guardare agli altri». A preoccuparlo è altro: «Ci manca la traquillità per fare certe cose e dovremmo imporre di più la nostra manovra. E poi non riusciamo a trovare la continuità di gioco e di risultati».

Pensierosi parevano pure gli antichi samurai, come disse Lapo ai tempi della B, Buffon e Del Piero, che a lungo hanno parlottato a bordo del pullman. «Non dobbiamo abbassare la testa - la linea di Cannavaro - andiamo avanti e cerchiamo di superare questo momento di crisi». Per farlo, non si dovrà uscire con le ossa rotte dagli incroci con Inter, sabato sera, e Bayern Monaco, il martedì successivo, vitale per la Champions. «Lì ci giochiamo tutto - avverte Marchisio, al rientro da titolare dopo l’operazione al menisco - sono già le due partite più importanti della stagione. Abbiamo un problema di testa e non siamo tranquilli».

Toccherà a Ciro ridarla, altrimenti s’affaccerebbero ipotesi di sfiducia, pur complicata, visto il piano per il rimpatrio di Marcello Lippi, come direttore tecnico. Sfogliando la lista degli allenatori disponibili, cosa che il club bianconero non ha ancora fatto, l’unico con curriculum e capacità disponibile sarebbe Roberto Mancini. Uno che potrebbe pure accettare la sfida, ma che il popolo bianconero bolla ancora come Nemico, ai tempi della casata interista. Davvero un altro film, per adesso.

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Eri poco più di un ragazzo quando ti buttarono dentro al tuo primo campo di calcio di serie A.

In quel momento, quando il Trap ti disse:"Dai, scaldati che tocca a te", tu non sapevi che pensare, un groppo in gola, le gambe che tremavano, ma ti facesti coraggio.

Alzarsi dalla panchina e iniziare il riscaldamento, una corsa verso l'ignoto.

Pensasti a tuo padre, a tua madre, al fratello che ti aveva sempre sostenuto, ai tuoi amici più cari ai quali sarebbe venuto un'infarto nel vederti entrare in campo, ma  dopo c'era solo l'ignoto.

Non sapevi a cosa seresti andato in contro dentro quel campo da calcio, eppure il terreno di gioco l'avevi calpestato migliaia di volte, in quel momento ti sembrava fosse la prima volta che ti capitava di giocare...

Pensare a cosa fare, a come doverlo fare, pianificando tutto nei minimi dettagli, e  poi l'arbitro fischiò…toccava a te.

Baggio ti sorrise e  strizzò l'occhio, Moeller ti guardò impassibile, Ravanelli ti battè il 5..:"e adesso?.....cosa ne sarà di me", ti chiedesti?...Dribbling di Julio Cesar, palla a Marocchi che dà subito a Baggio,il quale lancia la palla in profondità, sui tuoi piedi..Goal..si Goal...non sapevi cosa fosse...gioia, emozione...cuore gonfio di sentimenti che passano veloci confusi nella mente e nell'animo che sembra poter volare

 

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