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Post n°39 pubblicato il 05 Settembre 2007 da filosoFANTE
“Questa osservazione forse spiega perché, nei rapporti d‘amore (di coppia) sia più facile il capovolgimento del rapporto di riconoscimento in un rapporto di dominio (dall‘amore, cioè, si passa all‘odio reciproco). Nei rapporti d‘amore, infatti, si cerca l‘altro come il proprio fondamento/compimento [par/pour], e quando l‘altro si ritrae da questa funzione per noi vitale e radicale, allora molto difficilmente si è in grado di mantenere un atteggiamento oblativo. Da chi, in effetti, può andare la coscienza per cercare ciò che le è stato sottratto, e su cui aveva fatto massimo assegnamento? Questo la assilla soprattutto. E prima di ‘spostarsi’ su altre relazioni che la garantiscano nella propria assolutezza (la memoria o anche la riattivazione di una relazione genitoriale; una relazione di coppia alternativa; una relazione amicale; una relazione religiosa), deve elaborare un certo lutto; ed è forse la dolorosa condizione del lutto a favorire la tentazione di estorcere ciò che la coscienza ritiene le sia stato ingiustamente sottratto. […] Quando la coscienza riconoscente precipita nella forma della conoscenza violenta, perde veramente se stessa, perché abbandona la volontà di verità. Per lo più essa mantiene il rapporto alla volontà di verità come regola per l‘altro, anziché come regola per sé. Così resta irretita nel risentimento. Il risentimento, infatti, è l‘accoglimento della logica della violenza in nome di una volontà di verità che l‘altro - si dice - ha tradito. Ma è, appunto, perché si viene a difendere la volontà di verità mediante la logica della volontà del dominio, che si diventa noi stessi traditori della volontà di verità: così si nega dal alto della formalità (l‘atteggiamento è formalmente una volontà di dominio) ciò che si afferma dal lato del contenuto (ciò che sta a cuore, si dice, è il rispetto, ma da parte dell‘altro, della volontà di verità).” |
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