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L'epidemia influenza ripropone il principale dilemma clinico che devono affrontare e risolvere quotidianamente i medici pratici sul territorio: quando è appropriata la prescrizione di un antibiotico? In teoria l'antibiotico va prescritto all'influenzato solo quando è portatore di una o più malattie croniche (specie diabete, asma, BPCO e scompenso cardiaco) a scopo preventivo verso le complicanze batteriche e non certo per "curare" l'influenza.Tuttavia in molti situazioni l'incertezza diagnostica, specie nei primi casi di influenza, e il rischio di sottovalutare una forma batterica inducono alcuni medici a prescrivere con facilità antibiotici, anche a persone giovani e in buona salute, per una sorta di medicina difensiva. Il guaio è che non esistono test diagnostici rapidi che permettono di distinguere l'infezione virale da quella batterica, che notoriamente richiede un trattamento mirato. Può anche capitare che in PS l'influenzato venga dimesso, magari dopo esami ematici ed RX torace, con la diagnosi di virosi respiratoria e una prescrizione di antibiotico. L'antibiotico prescritto impropriamente agli influenzati è un esempio di atteggiamento cautelativo che tenta di compensare un deficit di conoscenza circa la natura dell'infezione in atto. In genere il medico, in mancanza di informazioni dirimenti e di una diagnosi "certa", propende per un trattamento che lo mette al riparo dalla sotto-valutazione del problema e di un eventuale errore diagnostico.Questo atteggiamento riguarda sia la fase diagnostica che quella terapeutica, e rivela il grado di tolleranza/intolleranza dell'incertezza del decisore: incaso di dubbio diagnostico-terapeutico il medico, piuttosto che attendere l'evoluzione spontanea dei sintomi, come accade in genere nelle infezioni virali delle vie aeree, tende ad agire in due direzioni: la prescrizione di indagini diagnostiche e/o di una terapia. In questo atteggiamento prudenziale è spesso spalleggiato dal paziente, preoccupato per la propria salute e sensibilead forma di "rischio". Purtroppo la prima strategia, ovvero il ricorso al laboratorio per una diagnosi "certa", nel campo delle sindromi influenzali è di scarso aiuto, soprattutto perché le indagini diagnostiche hanno solo una finalità di esclusione. Nel senso che, ad esempio, potrebbero solo dimostrare che i sintomi a livello delle prime vie aeree non sono di origine batterica e quindi non necessitano di un trattamento antibatterico. Il guaio è che nel settore delle infezioni delle prime vie aereesi fa una gran confusione nel senso che vengono etichettate come "influenza" tutte le virosi minori, che interessano i mesi autunnali ed invernali ma che hanno poco a che fare con la vera e propria influenza. Questo è il punto: purtroppo non abbiamo strumenti diagnostici semplici e di uso corrente per distinguere l’eziologia di un’infezione delle vie aeree da “raffreddamento” (febbre elevata, mal digola, tosse, cefalea, dolori muscolari, raffreddore etc..). In genere l’associazione tra febbre elevata e tosse insistente spaventa non poco l’interessato e pone il sospetto che possa essere la spia di una forma batterica impegnativa, tipo broncopolmonite o polmonite, che nelle prime fasi del decorso può non dare segni clinici alla visita. La diagnosi di influenza è purtroppo di esclusione e come tale sempre un po' "incerta" e dubbiosa. Proprio per questo alcuni medici, forse inesperti o timorosi di “sbagliare”, pensano di tutelarsi prescrivendo comunque un antibiotico. Il guaio è che il rischio zero nonesiste! Per evitare di sovra-trattare impropriamente una virosi respiratoria o intestinale servirebbe invece la condivisione dell'incertezza tra medico eassistito. Purtroppo non esistono nemmeno cure specifiche per l'influenza, anche se in commercio si possono trovare due anti-virali attivi sul virus influenzale, che però non fanno altro che ridurre di una giornata il periodo febbrile e non sono una garanzia per quanto riguarda le complicazioni batteriche, le più temibili. Una battuta circola a proposito delle cure mediche per le infezione virale delle prime vie aeree: senza cure il raffreddore guarisce in una settimana ma con le cure in 7 giorni. Quindi non resta che l'antibiotico per prevenire le complicanze batteriche ed ovviamente tutte le altre misure per compensare eventuali scompensi dovuti all'infezione virale (BPCO, asma, diabete etc..), compresa l'ospedalizzazione nei casi più gravi. Il problema sono le attese, spesso irrealistiche, della gente che sopravvaluta sia le potenzialità diagnostica della medicina sia l'efficacia delle terapie mediche "ufficiali" contro i virus respiratori, sia comuni che influenzali.
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MI PRESENTO....
Sono un medico di Medcina Generale che esercita la professione dal 1981 in un paese alle porte di Brescia in medicina di gruppo. Da anni svolgo anche l'attività di animatore di formazione nei ranghi della SIMG (Societa' Italiana di Medicina Generale), di ricercatore in Medicina Generale (audit, governo clinico, formazione sul campo, ricerche epidemiologiche ed osservazionali) tutor del tirocinio valutativo per l'esame di stato e docente alla scuola di formazione in Medicina Generale di Brescia.
Ho collaborato con le principali riviste Italiane della MG, come Occhio Clinico, Medicinae Doctor e rivista SIMG. Dall'inizio del secolo modero e partecipo alle discussioni pubbliche su Mailing Lista locali (rete UNIRE di Brescia), nazionali e sui gruppi professionali di FaceBook. I miei interessi spaziano dalla metodologia clinica alla psicologia cognitiva, alle medical humanities in generale, con paticolare riferimento alla diagnosi e all'errore in MG.
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